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Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
Un “poliedrico filosofo del diritto” è la definizione che usa Luisa Avitabile in un suo recente contributo per compendiare la personalità di studioso di Michele Barillari (Reggio Calabria, 1872 – Torre del Greco, 1965), originario di Serra San Bruno e figlio dell’architetto Bruno e della reggina Mariangela Borruto. Dopo la nascita a Reggio, ricorda il “Dizionario Biografico degli Italiani” della Treccani, Barillari “si trasferì a Messina ove, dopo aver pubblicato alcuni studi (La satira latina, Messina 1890, e Studi critici, Siena 1895), si laureò in giurisprudenza. Tornato nella città natale, vi esercitò l’avvocatura e collaborò ad alcuni giornali locali, Calabria e Ferruccio, che diresse fra il 1899 e il 1900. Si rivolse quindi alla filosofia del diritto con il saggio Dell’influenza della filosofia del diritto nella interpretazione della legge, Reggio Calabria 1903, conseguendo la libera docenza in questa materia a Napoli nel 1904 (confermata a Parma nel 1905). Nel 1905 gli fu affidato a Napoli il corso pareggiato di filosofia del diritto. Candidato nel 1905 nelle elezioni amministrative a Reggio di Calabria per la lista democratica e nel 1913 alle politiche nel collegio di Serra San Bruno per il Partito radicale, non fu eletto. Nel 1914 uscì ternato nel concorso bandito dall’università di Parma e l’anno successivo fu chiamato dall’università di Cagliari a insegnarvi filosofia del diritto; passò quindi alle università di Messina (1918), Catania (1924) Bari (1925), dove ebbe anche l’incarico di diritto costituzionale, fu preside della facoltà di giurisprudenza nel 1926 e rettore dal 1935 al 1937; da quest’anno ricoprì la cattedra di diritto costituzionale, insegnando per incarico filosofia del diritto. In questo periodo, oltre ad essere presidente della Società calabrese di storia patria, fu socio di varie accademie e commissario straordinario dell’Istituto superiore di scienze economiche e commerciali. Collocato a riposo nel 1942, insegnò all’Istituto superiore pareggiato di magistero di Salerno (si vedano le sue Lezioni di storia della filosofia, Salerno 1946). Nelle elezioni per l’Assemblea costituente si candidò per il Partito repubblicano italiano, ma non fu eletto. Nel 1958 ricevette la medaglia d’oro per i benemeriti della scuola, della cultura e dell’arte”.
1913: un settimanale serrese al seguito delle elezioni politiche
Un profilo tra filosofia e politica questo di Michele Barillari (foto in basso a sinistra), laddove la politica, come si vede dalle due mancate elezioni nel 1913 per il Parlamento del Regno d’Italia e nel 1946 per l’Assemblea Costituente, non gli arrise grandi fortune. E proprio le elezioni del 1913, di cui abbiamo già detto in un precedente articolo sul Vizzarro perché furono quelle in cui si concluse la storia del collegio elettorale di Serra San Bruno, ci consentono di avere una preziosa testimonianza di prima mano sull’attività politica di Barillari grazie al ritrovamento di un documento coevo. Diciamo del quinto numero di un settimanale intitolato L’Ancinale. Giornale del popolo pubblicato a Serra l’11 ottobre del 1913 e spedito a Reggio il 13 ottobre successivo al “Sig. Vincenzo Borruto – via Baracche n. 1”, che fornisce ampi resoconti sulla campagna elettorale che vide impegnato Michele Barillari contro Luigi di Francia in vista della tornata per il Parlamento del 26 ottobre e del 2 novembre. E, incidentamentale, può essere interessante osservare come questa pubblicazione dimostri la presenza agli inizi del Novecento di un’attività giornalistica a livello locale, se il giornale di cui è qui questione, composto in tutto da quattro fogli di grande formato e di cui era “gerente responsabile” Pietro Raffele, era ormai giunto al suo quinto numero del primo anno, si pubblicava ogni sabato (come annunciato nella testata) e aveva la sua redazione e amministrazione presso la Tipografia L. De Francesco & figlio di Serra San Bruno. Rientra tra le curiosità della copia rintracciata la circostanza che il quarto foglio, per un vistoso errore di stampa o per un’altra ragione ormai non precisamente individuabile, riporta il grande titolo a tutta pagina “Il grande discorso che il Marchese avv. Luigi di Francia ha letto dal balcone dell’aula Magna Consiliare di Serra S. Bruno”, apre e chiude le virgolette dentro le quali avrebbe dovuto essere collocato il “grande discorso”, riporta in calce un’entusiastica (o forse ironica) noticina di commento (“La … CANDIDA parola del futuro Onorevole Marchese fu salutata da un uragano di !!! applausi”), ma si presenta come uno spazio vuoto a eccezione delle due frasi ora richiamate perché il discorso di Di Francia non vi era stato inserito (per uno sfottò contro Di Francia e il suo dire vuoto e inconsistente come quella pagina bianca, sospetta, con qualche buona ragione, Sergio Pelaia).
Michele Barillari contro preti e massoni
Tutt’altra l’immagine della prima pagina che, sotto il titolo a tre colonne “Michele Barillari nel mandamento di Arena”, racconta, con prosecuzione nella seconda pagina, la campagna elettorale di Barillari nei comuni di Acquaro, Limpidi e Dinami: “Mai candidato politico in Acquaro, fu atteso ed accolto con tanto entusiasmo, quanto ieri [il 4 ottobre, n.d.r.] ve ne fu per Michele Barillari. Il suo arrivo ad Acquaro, fissato per le ore 16, aveva fatto ritornare sollecitamente dalle campagne tutti i lavoratori, e, non ostante l’assenza di musiche raccoglitrici di persone, non ostante che il giorno della visita fosse giorno di lavoro, pure tutto il popolo di Acquaro, fin dalle prime ore del pomeriggio, si era riversato per le strade, pronto a partire per incontrare Michele Barillari ed a lui porgere il benvenuto”. Lo “smagliante discorso” tenuto in quell’occasione dal candidato, “Apostolo fervente della classe lavoratrice”, fu introdotto dal consigliere provinciale Pasquale Calcaterra e dall’operaio Pietro d’Agostino, ma di tale discorso ben poco veniamo a sapere dalle parole dell’anonimo cronista (che si limita a osservare come Barillari avesse prospettato “in maniera facile e piana i problemi di ordine economico-sociale e quelli di ordine locale, alla cui soluzione vorrebbe recare il contributo della sua operosità, se eletto deputato”), mentre di maggiore interesse appare quanto riportato della presentazione del D’Agostino, in forte opposizione alla “terapia” di Luigi di Francia: “Disse il Di Francia un medicinale di troppo costo, vecchio però in farmacia, inefficace per la guarigione degli ammalati, che per un miserevole ed indecente accordo tra farmacista (Governo) e medico (Prefetto, Sindaci, preti, massoni e simili strumenti) viene imposto all’ammalato (il popolo), al solo scopo di smaltimento per comodità del farmacista. Di Francia può aiutare il Governo, col suo mutismo, i clericali ed i massoni, perché tutti, data la sua poco correttezza politica possono sperare di guadagnarlo”. La domenica successiva, 5 ottobre 1913, Barillari si recò prima a Limpidi (anche qui “portato in trionfo”, a dire del cronista, dal “popolo delirante”) e poi a Dinami, accompagnato “dall’avv. Pasquale Calcaterra consigliere provinciale, dal vice-pretore Ganino, dall’avv. Corrado, dal prof. Agostino, dal sig. Barillari Rocco Raffe[le], dal sig. Giannelli e dal notaio sig. Francesco Ferrari”, in un paese “addobbato a festa con archi, dai quali pendevano drappi multicolori” e in una autentica “ressa di popolo”. Duro e senza sconti l’attacco che Barillari rivolse al suo concorrente Luigi di Francia, presentato come succube del Vaticano e del governo: “[…] Solo il popolo potrà opporre una diga formidabile contro la coalizione di famiglie potenti e contro tutti gli aiuti di varia natura, di cui può disporre il suo avversario. Pel quale possono senza reciproca vergogna, la croce ed il triangolo: la croce perché il Di Francia, come candidato pontificio, ha meritato l’aiuto dei cattolici; il triangolo, perché Di Francia, come candidato governativo, ha meritato l’aiuto della cricca massonica, che fa capo al senatore Cefaly, gran maestro onorario della massoneria”. Il cronista non manca di osservare, alla fine, riportandone i testi per esteso, come ad Acquaro fossero giunti da più parti diversi telegrammi di adesione alla campagna di Barillari, tra i quali quelli del presidente della Società Operaia di Davoli, dei Soci del Circolo Unione e del Comitato elettorale Romano di Serra San Bruno, di esponenti politici di Nardodipace.
Tra Fascio Operaio e signore in eleganti toilette: scene di campagna elettorale a Serra
Con la cerimonia della consegna della bandiera al locale Fascio Operaio sorto “per nobile iniziativa dell’avv. Bruno Mammone”, la campagna di Barillari proseguì il 6 ottobre a Serra San Bruno, nella quale esordì con il “commovente ricordo dei suoi avi, che non furono tra gli ultimi a dare impulso e a conferire onore all’arte serrese”: “Rifece, a larghi e magistrali tratti, la storia dell’ascensione del proletariato dipingendo, con frase scultoria, l’abbrutimento degli schiavi della epoca pagana, dei vassalli medievali e del servo dei nostri tempi. […] Illustrò, poi, il significato dei tre motti scolpiti sullo stemma della bandiera: «Dio, Patria, Lavoro» e, con lirismo sublime, in queste tre parole compendiò il concetto di cittadino con i doveri ed i diritti inerenti al medesimo. Esortò, infine, i lavoratori a non voler contaminare mai le loro coscienze buone ed oneste ed a mantenere intatto il decoro e la dignità dell’organizzazione”. Un bagno di folla, secondo le note del cronista, concluse la cerimonia, perché Barillari, dalla sede del Fascio operaio in cui era entrato, si trovò sospinto sul corso Umberto I, dove la folla “gl’improvvisò una di quelle dimostrazioni ch’è rimasta memorabile nella storia di Serra S. Bruno”: “Con gentile pensiero una squadra di elette signore e signorine, che avevano assistito alla festa in elegante toilettes primaverili, si fece intorno al prof. Barillari e si associò alla dimostrazione. E così il futuro deputato di Serra S. Bruno, circondato dall’elemento femminile, preceduto dalla musica e da un lungo corteo di bandiere, e seguito da una folla interminabile che plaudiva e delirava, fece una passeggiata trionfale attraverso il corso Umberto I di Serra S. Bruno, mentre dalle finestre e dai balconi venivano giù, al suo indirizzo, confetti, fiori e strisce di carta multicolori dove era scritto: «W. Il prof. Michele Barillari – W. Il candidato del popolo». Tutti, uomini, donne, vecchi e bambini, fregiati dell’immagine fotografica del Barillari, muniti di piccole bandiere, plaudivano, auguravano, benedicevano al figlio di una progenie che onorò l’arte serrese”. Appartiene alla storia di questa lunga giornata elettorale il banchetto che, a partire dalle 18.30, si tenne, in onore di Barillari, nella sala grande della sede del Circolo Unione, “addobbata a cura di quel geniale operaio che risponde al nome di Vincenzo De Francesco”, con il candidato seduto al centro della tavola da pranzo disposta a ferro di cavallo, “alle cui spalle, sul muro, campeggiava il suo ritratto, opera a pastello eseguito da un artista serrese, collocato in mezzo a rami di lauro e di quercia”. Ma nonostante tutto questo concorso di popolo e di folle osannanti, ripetutamente sottolineato dal settimanale L’Ancinale che ne aveva seguito la campagna elettorale lungo i paesi delle Serre, Barillari non era stato eletto.
*Storico, antropologo e scrittore, cura per il Vizzarro la rubrica Nuvole
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