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Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
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“La cerimonia riuscì solenne ed austera, con largo concorso di popolo, di autorità, delle famiglie dei caduti, di sindaci del circondario, di combattenti e di mutilati, accorsi a rendere omaggio alla memoria dei commilitoni, nonché delle diverse rappresentanze dei fasci dei comuni del Mandamento”. Cominciava in questo modo una cronaca che il giornale “La Giovine Calabria” dedicava, l’8 novembre del 1925, all’inaugurazione del monumento ai caduti di Serra. Cronaca di un certo interesse, anche per il suo non semplice reperimento, poiché documenta – nei frangenti in cui oggi “il monumento”, come lo chiamano i serresi, rinasce grazie agli interventi di restauro - una pagina di storia locale che, per le sue caratteristiche, è da inquadrare nel contesto più ampio della storia nazionale, nella quale il tema della costruzione dei “luoghi della memoria” ha assunto da tempo un ruolo non marginale. E luoghi della memoria le piazze dedicate ai monumenti ai caduti lo erano in senso forte, insieme con la riscrittura dell’odonomastica cittadina, visto che per loro tramite e per il tramite dei nuovi nomi attribuiti alle vie alla fine del conflitto del 1915-1918 si predisponevano strategie di fissazione nell’immaginario collettivo degli eventi memorabili ritenuti meritevoli di pubblica celebrazione. Se ne aveva un altro segno visibile, nel medesimo spazio urbano, anche nel mutamento del nome che la piazza aveva assunto dopo la I guerra mondiale, modificando il precedente Piazza Margherita (in ricordo della prima regina d’Italia, consorte di Umberto I) in Piazza Azaria Tedeschi, l’ufficiale serrese morto eroicamente durante la Grande Guerra. Una doppia trasformazione, quindi, per effetto degli eventi bellici di pochi anni prima: una nuova denominazione fortemente identitaria per la comunità locale, che vedeva in questo modo immortalato il nome di uno dei suoi cittadini illustri e una nuova impaginazione urbanistica che faceva svettare al centro della piazza un “milite ignoto”, sub specie di “fante vittorioso”, replica e omologo, come ha documentato Il Vizzarro, di altri milites di altre piazze italiane.
La cerimonia di inaugurazione
“Fra gli intervenuti alla Cerimonia abbiamo notato: - prosegue la cronaca della Giovine Calabria che in questo passaggio riportiamo per intero perché si avverte il fascino dell’elenco alle prese con i tanti nomi e titoli dei partecipanti – il Prefetto della Provincia, Comm. Giovara; il Generale Di Breganze, comandante la Divisione Militare di Catanzaro; S. E. Mons. Malomo, Vescovo di Squillace; gli Onn. S. E. Larussa e Salerno; l’Avv. Pietropaolo, segretario provinciale politico; l’Avvocato Folino, segretario politico di Catanzaro; il Sottoprefetto di Monteleone, Cav. Di Noia; il Comm. Le Pera, presidente della deputazione provinciale; il Gr. Uff. Ingegnere Lepore, provveditore ai Lavori Pubblici nelle Calabrie; il Comm. Avv. Di Tocco, regio commissario di Catanzaro; il Console Col. Albano; il Col. Zadotti, capo di S.M.; il Generale Comm. Ferella; il Tenente Cerra dei Mutilati: ecc. Tutte queste autorità furono ricevute, al loro arrivo, dal sindaco, Cav. Uff. Principe, dal Prof. Agostino, dal Segretario Comunale Salerno, dal Comm. Avv. Tedeschi e dal Maggiore medico Tedeschi, dal Cav. Gigino Chimirri, dal Segretario del Fascio di Serra, Sig. Valente e da altri. Dal locale Circolo ricreativo vennero offerti caffè e liquori. Subito dopo si formò un lungo e numeroso corteo, ordinatissimo, al quale presero parte le Scuole Comunali, l’Asilo Chimirri, gli alunni della Scuola Industriale Ignazio Larussa, i reduci, i fasci, le famiglie dei caduti, le società operaie, attraverso il Corso ed al suono degli inni della Patria, suonati dalla banda militare concessa gentilmente dal Comandante la Divisione Militare di Catanzaro. Le autorità presero posto sull’apposito palco, sorto di fronte al monumento da inaugurare, ed il Vescovo, indossati i sacri paramenti ed assistito dal Clero locale, impartì la benedizione, ed a un segnale dato, calò il velario al suono dell’inno al Piave e della marcia reale, fra la intensa commozione di tutti”.
Un “devoto e ardente propugnatore del Regime fascista”
Il personaggio di maggior spicco politico, tra quelli elencati, era certamente l’on. Larussa (Catanzaro, 1869 – 1935). Entrato per la prima volta alla Camera dei Deputati nella XXIV legislatura il 26 ottobre del 1913, come rappresentante del collegio elettorale di Tropea, rieletto anche nella XXVI legislatura nel collegio di Catanzaro, era stato riconfermato deputato nella legislatura successiva (data di elezione il 26 aprile 1924), nella quale aveva ricoperto l’incarico di Sottosegretario all’Economia Nazionale dal 3 luglio 1924 al 14 luglio 1925. Successivamente a tale incarico gli era stata riconosciuta, “ad honorem” come recita la sua scheda personale depositata agli atti del Senato del Regno, l’anzianità di iscrizione al Fascio di Catanzaro a decorrere dal primo gennaio 1925, come da sua richiesta di inserimento nell’Unione nazionale Fascista del Senato del luglio del 1929. Sposato con Gemma Fazzari, figlia del senatore Achille, dopo la laurea in Giurisprudenza aveva cominciato la propria carriera politica in ambito locale come consigliere e assessore al comune di Catanzaro e come membro della Giunta amministrativa della provincia di Catanzaro. Luigi Federzoni, presidente del Senato, del quale Larussa era entrato a far parte nel 1929, durante la seduta commemorativa del 10 dicembre 1935 ne ricordava la “solida preparazione e la vivace alacrità nelle lotte politiche e amministrative della sua Calabria”, richiamandone il profilo di “buon fascista in epoca nella quale la forza non era nel numero”, mentre nel telegramma di condoglianze indirizzato alla famiglia elogiava “l’ardore costante di fede”, da “devoto e ardente propugnatore del Regime fascista”.
Un “prospero avvenire” per i serresi con la (mai fatta) ferrovia
Proprio all’on. Larussa, introdotto dalle parole del vescovo Malomo – improntate “a concetti elevatissimi di italianità, invocando pace ai caduti, e la benedizione di Dio sul Re, sulla Patria e sul Duce Mussolini” - e del segretario del Fascio serrese, era toccato il ruolo di oratore principale il giorno dell’inaugurazione del monumento serrese ai caduti. E a merito di Larussa il cronista della Giovine Calabria, riprendendo il discorso di presentazione del segretario cittadino del fascio Valente, ricordava come Serra San Bruno gli dovesse “l’attuazione di un suo sogno lungamente vagheggiato, cioè l’istituzione di una Scuola Industriale, che dal suo nome illustre è stata intitolata con recente Decreto Reale”. Richiamati i legami con la figura di Achille Fazzari, che accomunavano i serresi e l’oratore, Larussa, altrettanto saldamente, legava nelle sue parole “l’eco delle solenni manifestazioni per il terzo anno della Marcia su Roma e del settimo della Vittoria: due date che ricorrono così vicine che si sono fuse in un’unica celebrazione. Dura ancora nell’animo mio la profonda impressione della parola eloquente di Benito Mussolini, che in cospetto dei nostri Principi di Savoia, dei Marescialli artefici della vittoria, e di tutto un popolo vibrante di entusiasmo, rievocava la gloria di Vittorio Veneto rendendosi il magnifico interprete del sentimento nazionale”. In questo modo, l’esito vittorioso della Grande Guerra veniva associato da Larussa alla celebrazione della prima “impresa” del fascismo e il duce era presentato come l’autentico interprete dei sentimenti che dalla guerra erano scaturiti. Ed esemplare delle qualità dimostrate dagli italiani che avevano combattuto in guerra gli sembrava la vicenda che aveva visto protagonista e vittima l’ufficiale serrese Azaria Tedeschi, “del quale […] si assommano le belle virtù caratteristiche del popolo calabrese della montagna: la tenacia congiunta allo spirito di sacrificio illuminato dal più vivo e fervido sentimento patriottico” e che aveva dimostrato “in molteplici circostanze ripetute prove di indiscusso prudente coraggio, di intelligente iniziativa, di encomiabile attività e zelo, di spiccato criterio tattico, di giusto discernimento e di valore”. Non seguiremo Larussa per l’intero suo discorso, per nulla originale tanto nella polemica verso la “politica demagogica” dei governi che avevano preceduto il regime fascista quanto nell’esaltazione dei successi del governo mussoliniano, ma ne segnaleremo almeno un brano della conclusione, laddove, dopo aver richiamato i meriti di Bruno Chimirri nella stesura della legge “pro-Calabria”, inneggiava al “prospero avvenire” che per la popolazione di Serra San Bruno si sarebbe ben presto aperto allacciandosi ai due mari grazie alla costruzione della ferrovia (che dopo 98 anni da questo discorso i serresi, com’è noto, ancora attendono). Poco spazio rimaneva al cronista per riportare gli ulteriori interventi del generale Ferella, del cavaliere Cerra “per i mutilati di guerra”, dell’onorevole Salerno e dell’avvocato Pietropaolo a chiusura della cerimonia. Ma avrebbe, ancora, ricordato il banchetto offerto dall’amministrazione comunale all’hotel Europa, i telegrammi di omaggio inviati “al Duce, a S.E. Bianchi, ed a S.E. Giurati”, le visite delle autorità alla “famosa Certosa”, all’asilo Caterina Chimirri e alla “già fiorente Scuola Industriale” voluta proprio da Larussa e “diretta sapientemente dal Prof. Scrivo”.
*Storico, antropologo e scrittore, cura per il Vizzarro la rubrica Nuvole
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