Domenica, 05 Novembre 2023 09:15

E venne l’ora dei Normanni. Tra errori storici e sfilate in costume

Scritto da Tonino Ceravolo*
Letto 3763 volte
Immagine tratta da alamy.it (Florilegius / Alamy Foto Stock) Immagine tratta da alamy.it (Florilegius / Alamy Foto Stock)

In Calabria è sempre tempo di palii, di rievocazioni storiche, di sfilate in costume. Ancor meglio se tutto questo si situa nel fatato Medioevo. Epoca di mitici re e di falconerie, di sacri Graal e di monaci-soldati. Adesso è l’ora dei Normanni. Dal Catanzarese al Vibonese è tutto un fiorire di iniziative, una tenzone (giusto per rimanere in tema) tra chi fa meglio e di più nel coltivare il culto di presunte memorie immaginificamente rivissute. All’evidenza, pur celebrando il passato, si vede che i calabresi devono aver dimenticato l’imprecazione del prete Stefano (1043) contro quei “maledetti normanni”, chissà perché definiti in quel tempo “maledetti” se oggi sindaci e assessori alla cultura si affrettano quel passato a colorarlo di rosa e quasi quasi a rimpiangerlo, vagheggiandolo come una favolosa età dell’oro irrimediabilmente (e purtroppo) perduta.

L’Unicorno, il Rinoceronte, la Pantera e la Volpe

E insieme con le iniziative fioriscono, loro promotrici a braccetto con sindaci e assessori, mille associazioni, dai nomi complicati e misteriosofici, tra Oriente e Occidente, sapienza arcaica e sfumature di esoterismo. E tutto quel che si programma è, nemmeno a dirlo, “storico”: storici i cortei, storiche le musiche e le danze, storici i costumi. Anzi, per dir meglio, non genericamente storico, bensì di una precisa epoca storica, medievale: medievali gli storici cortei, medievali le storiche musiche e danze, medievali gli storici costumi, medievali - come annunciano le locandine – gli spettacoli e medievale il campo giochi, in cui si danno adunata i medievali gruppi gareggianti dell’Unicorno, del Rinoceronte, della Pantera e della Volpe.  Medievali naturalmente anche i cibi, come lo stoccafisso che gli eredi dei Vichinghi notoriamente introdussero in queste contrade nell’XI secolo. Giusto per non farsi mancare nulla e per continuare a seguire la dieta nordica. Insomma, il “medioevo militante” (così il titolo di un mai troppo lodato libro di Tommaso di Carpegna Falconieri) avanza incessante e senza conoscere soste, talmente impetuoso che neppure si preoccupa di travolgere nel suo inarrestabile cammino quelli che, una volta, si sarebbero detti i “fatti”. Malattia senile di qualche positivista questi “fatti”, per non dire della “verità storica”, in anni in cui a predominare sono le “narrazioni”, le interpretazioni tutte egualmente possibili, le opinioni tutte legittime poiché tanto chi lo dice che le cose siano andate veramente in quel modo invece che in quell’altro. Se qualcosa è possibile può ben essere vera. Basta scrivere, dire, postare, ipotizzare una versione di un fatto qualsiasi, una versione preferibilmente di irriducibile minoranza, eccentrica, bizzarra, perché questa diventi più vera del vero, proprio in quanto ritenuta nascosta e negata dalla storia “ufficiale” e tanto peggio per i soliti circoli di micragnosi studiosi e scienziati.

Un Medioevo “creativo”

E di tali versioni abbondano i giornali, con particolare preferenza per quelli on line, dove non è raro che si possano leggere i fasti di questo Medioevo redivivo e riattualizzato, che, per motivare la propria reviviscenza nell’oggi, a quelle lontane epoche deve pur richiamarsi: “Roberto il Guiscardo e il fratello Ruggero conquistano l'intera regione, puntando poi le armi contro Bari, la Sicilia, Durazzo. Si concretizza l'unità dell'intero Sud Italia, realizzata dai Normanni con l'introduzione del sistema feudale e la rilatinizzazione delle strutture ecclesiastiche. Nasce in questo preciso contesto storico la Certosa di Santo Stefano del Bosco, oggi Serra San Bruno, su terra donata da Ruggero al frate Brunone di Colonia. Aiutati dai Normanni i confratelli bruniani aggregano vasti territori e creano grange (ovvero proprietà agricole al servizio della Certosa) a Montauro, Gasperina, Olivadi e in una località detta Runci o Arunci che il dialetto conserva ancora nell'attuale paese di San Vito sullo Ionio” (La C News 24, 1 agosto 2022). E peccato che in quel “preciso contesto storico” dei due fratelli Roberto e Ruggero la Certosa non nacque, bensì sorse un eremo - detto di Santa Maria della Torre – che era altra cosa e che fiorì in altro luogo e quanto alla nascita della Certosa il discorso sarebbe lungo, ma ci porterebbe ben oltre Roberto, ben oltre Ruggero I e ben oltre l’anno della sua morte (1101). E quanto ad appiccicare a Bruno l’appellativo di “frate”, l’errore sarebbe da matita rossa in un esame di storia medievale (se non fosse che la storia non ufficiale, più vera del vero, autorizza i suoi adepti a qualsiasi interpretazione alternativa), perché Bruno fu monaco ma non frate, definendosi frati i membri sì di ordini religiosi, ma di quelli mendicanti e non degli ordini monastici: frati sono i francescani, non i certosini. È chiedere troppo, allora, esortare alle storie (quelle che si ricavano dai documenti) invitando a leggere qualche paginetta proprio di quel Bruno per rendersene conto? E così si scoprirebbe che scrivendo dalla Calabria all’amico Rodolfo rimasto in Francia non mancava di ricordargli come avessero fatto voto e promesso “fugitiva saeculi relinquere et aeterna captare necnon monachicum habitum recipere”: cioè, dopo aver abbandonato il mondo, di indossare l’abito monastico, ovverosia quello dei monaci? Dal Medioevo “militante” al Medioevo creativo, a non tener conto delle fonti e della storia, il passo è breve e ci si inoltra speditamente nella notte in cui tutte le vacche sono nere, tutti gli eremi diventano certose e tutti i monaci si tramutano in frati.

Se la Cattolica diventa normanna

Talmente breve il passo che, quando ci si pone sul cammino dei Normanni, noti scarpinatori e al massimo cavalieri (non essendo ancora stata inventata l’automobile), non fa un bell’effetto trovarsi in preda allo straniamento e rischiare di non capire più cosa sia bizantino, cosa normanno e cosa posteriore agli uni e agli altri. Perché se in quell’itinerario ci si imbatte nella Cattolica di Stilo qualche dubbio è quasi naturale che venga sulle proprie reminiscenze storiche, che tendono a collocarne l’origine un po’ prima dei Normanni, come ancor oggi si può vedere, pur nell’amore per la storia immaginifica, ammirando la sua architettura che la rende - lo scrive il FAI - il “monumento simbolo della Calabria bizantina” (non normanna, che sopraggiunge qualche anno dopo). E se poi si va a finire, camminando dietro ai Normanni, anche dentro le auguste stanze del Convento di Soriano lo straniamento aumenta e i dubbi raddoppiano, sui Normanni e sulla loro storia, perché, a questo punto, non si capisce quando essa sia finita e quando si sia concluso il loro regno, se agli sgoccioli del XII secolo, come pur narrano le cronache dell’epoca, oppure più tardi, verso quel XVI e XVII secolo in cui il Convento di Soriano, sulla scia della miracolosa apparizione del ben noto quadro achiropita, fu edificato. Insomma, un itinerario a cui non manca una sintesi disinvolta di epoche, storie, architetture e culture, ma perché chiamarlo Normanno?

*Storico, antropologo e scrittore, cura per il Vizzarro la rubrica Nuvole

Leggi anche:

Un paese nei programmi di Geografia. Serra nel “ritratto” ottocentesco di Carmelo Tucci

L’anniversario dimenticato. I 160 anni della “Serra di San Bruno”

Regolare, sorvegliare, punire. La “disciplina” nella confraternita dell’Addolorata a Serra

Il paese in cui si vorrebbe sostare. Serra sul "Treno del sud" di Corrado Alvaro

Storie serresi di Ferragosto. L’Assunta, il suo doppio e una tragica morte

A tavola con Sharo Gambino. Venerdì e domenica del mangiare calabrese

Nella dimora incantata di Ferdinandea. Il sarcofago di Ruggero e l'erba magica di Campanella

Un luogo serrese della memoria. L’inaugurazione del monumento ai caduti nel 1925

Una nuova “materia sacra”. Reliquie da contatto dal busto di San Bruno

Il viaggio di De Martino nel «piccolo Gange» di Serra San Bruno

I fotografi e la Certosa. Immagini da una storia

Il martirio della scuola in Calabria

Il collezionista della “Certosa perduta”

Riti di flagellazione a Pasqua. I vattienti in Calabria

La Certosa e il manoscritto scomparso

I fuochi di San Nicola a Spadola e la chioccia di Nicastro. In Calabria con Domenico Zappone

Un «benefattore» della Certosa? Achille Fazzari e la sparizione delle opere d’arte

Il patrono spodestato (e la festa degli abbaculi)

Lunario dello scrittore a trent’anni. Corrado Alvaro tra le memorie della Calabria

“Un presepe nel cuore”. Natale tra le pagine di un libro

Le battaglie elettorali di 150 anni fa nel collegio di Serra San Bruno

Il giorno dei tre protettori. San Biagio, San Bruno e l’Addolorata nell’anniversario dell’alluvione

Tra “dieta parca” e digiuno. Come mangiavano i primi certosini in Calabria

Il ritorno delle “vizzoche”. Le monache di casa dal Medioevo ad oggi

Il compagno visibile. Come San Bruno divenne “popolare”

Il cassetto, i “complimenti”, la festa. I “conti” dell’Addolorata di Serra

Dal territorio alla mappa. La Calabria disegnata nell’Atlante di Bifezzi

“Battenti”, “spinati” e “misure”. San Domenico di Soriano e il quadro dei prodigi

Altre epidemie. La peste di Raoul Maria De Angelis

“Un paese ci vuole”. Le Homeland di Vito Teti tra Calabria e America

Tempi di guerra. Le lettere dal fronte di Azaria Tedeschi

“Ma la Pinticosta non vinissa mai”. Il ritorno dei morti a Nardodipace

Tra la perduta gente. In memoria di Luigi Lombardi Satriani

NUVOLE * | Le tradizioni popolari di Serra e un plagio di oltre un secolo fa

NUVOLE* | Giuseppe Bifezzi, il serrese che inventò il telegometro

NUVOLE* | Riti di Pasqua. La pigghiata di Simbario e Brognaturo (e l’invettiva di Mastro Bruno)

NUVOLE* | Un giallo serrese del XIX secolo. Due scrittori e l’omicidio Compain

NUVOLE* | La “casa serrese” di Frangipane. Un disegno, un paese, un mondo

NUVOLE* | Una storia come un romanzo (e un monaco assassinato)

NUVOLE* | Dai “Tre moschettieri” ai briganti serresi

NUVOLE* | Acque malefiche. Tra storia e simboli

NUVOLE* | La Certosa romanzata di Misasi: la sinfonia dei certosini e il monaco “duellista”

NUVOLE* | Il Natale (perduto) di Sharo Gambino. La madre di Alvaro e le ritualità smarrite 

Il Vizzarro.it - quotidiano online
Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova

Reg. n. 4/2012 Tribunale VV

redazione@ilvizzarro.it

Seguici sui social

Associazione "Il Vizzarro”

via chiesa addolorata, n° 8

89822 - Serra San Bruno

© 2017 Il Vizzarro. All Rights Reserved.Design & Development Bruno Greco (Harry)