Il Vizzarro.it - quotidiano online
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Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
Il prossimo sette gennaio sarebbero stati cento, un secolo, perché proprio un secolo fa, il 7 gennaio del 1925, Sharo Gambino era nato a Vazzano, il piccolo comune in collina a cui avrebbe anche dedicato una specifica opera (Da Subsicinum a Vazzano, MIT, 1984). Da quel luogo era cominciato il suo periplo calabrese, poi proseguito con Serra San Bruno, San Demetrio Corone, Cassari di Nardodipace, ancora e definitivamente Serra San Bruno, teatro di gran parte della sua vita sino alla morte a Lamezia Terme il 25 aprile del 2008. Se questi sono stati i luoghi del suo periplo privato - quelli dove, di volta in volta, è stato istitutore, insegnante, giornalista, marito, padre - tale sbrigativo elenco di toponimi perde ben presto il suo carattere esteriore per diventare, invece, geografia dell’anima. L’opera di Sharo Gambino è debitrice delle origini vazzanesi dello scrittore se il brigante Francesco Moscato, detto il Vizzarro, pure lui di Vazzano, gli è “cresciuto dentro” fino a diventare il protagonista passionale di uno tra i suoi romanzi più importanti. Deve a Cassari, la piccola frazione di Nardodipace nel cuore delle Serre, la conoscenza in presa diretta di quel mondo di cafoni e miserie poi descritto in Sole nero a Malifà. Deve, infine, a Serra San Bruno che – come Gambino ha scritto – “ha amato (ed amerà finché avrà vita) d’amore sviscerato”, non si sa quante porzioni del suo universo poetico e del suo immaginario.
Uno scrittore poliedrico e onnivoro
Giornalista e scrittore poliedrico, versatile, onnivoro negli interessi per le cose calabresi, che ha saputo coltivare anche tramite una intensa rete di relazioni intellettuali (i pittori Enotrio e Nik Spatari, gli antropologi Vito Teti e Luigi Lombardi Satriani, la giornalista Annarosa Macrì, per limitarci a pochi esempi tra quelli maggiormente significativi), Gambino ha interpretato il proprio ruolo culturale mediante un’attività varia, multiforme, incessante, davvero da “nessun giorno senza una riga”, di cui sono evidente testimonianza, oltre alla corposa bibliografia, le molte collaborazioni giornalistiche. Nella sua lunga carriera, infatti, Gambino ha collaborato alla terza pagina della “Gazzetta del Sud”, a “Il Mattino”, “Il Corriere del Giorno”, “Il Giornale di Calabria”, non trascurando le riviste periodiche, tra le quali “Quaderni Calabresi”, “Il Gazzettino del Jonio”, “Il Ponte”, “Calabria Settegiorni”, “Visto”, “Città Calabria”, “Calabria Letteraria”, “Mezzo euro”, “Rogerius”, “Microprovincia”. Ha collaborato con la RAI regionale, per la quale ha scritto Vizzarro (sceneggiato in quattordici puntate), Boccheciampe (sceneggiato in una puntata, successivamente edito, nel 2007, dalla casa editrice La Mongolfiera) e tredici sceneggiati radiofonici tratti da altrettanti suoi racconti. La struttura di programmazione dell’ente radiofonico calabrese gli ha anche dato in gestione, con Mario La Cava, la trasmissione “Cinque minuti con …” e “Tutto Calabria” in diretta con gli ascoltatori. Ha offerto la propria collaborazione per servizi del TG1, del TG2 e della BBC (in questo caso per servizi sulla mafia calabrese). Non mancando di affiancare, sin dai suoi esordi, alla presenza sulla stampa la produzione letteraria, cominciata con una silloge poetica (Diario d’amore, MIT, 1958) e con alcune raccolte di racconti che segneranno la fine degli anni Cinquanta del XX secolo e il primo quinquennio degli anni Sessanta. Il Gambino degli inizi sembra trovare proprio nella forma-racconto, nella misura della narrazione breve, condensata in poche pagine, il mezzo ideale della propria identità di scrittore: Un uomo ha perduto l’ombra (MIT, 1963), Il sesso dei gatti (Alziamo le vele, 1964), Gli uccelli nella vigna (MIT, 1965) e L’ospite (La croce del sud, 1965) costituiscono i primi tentativi di costruzione di un universo letterario che, in tali prove d’esordio, si esercita anche con un forte gusto del paradosso e della satira, a cui non rimane estranea una certa vena moraleggiante.
Segnavia
Con il costante sottofondo dei contributi giornalistici - sempre presenti nella variegata attività intellettuale di Sharo Gambino – e a muovere dagli inizi appena richiamati e indirizzati verso uno scrivere concentrato nella densità di poche pagine, si è dipanata una carriera di cui alcuni passaggi in particolare sono stati i segnavia. E innanzitutto quello per il quale, per un periodo non esiguo, Gambino è stato individuato come uno tra gli esperti importanti della mafia calabrese, un mafiologo secondo l’espressione al tempo ricorrente. Parlare del Gambino studioso di cose di mafia vuol dire toccare un aspetto così noto da non riuscire ad evitare la trappola dell’ovvio. La mafia in Calabria (Parallelo 38, 1971, vincitore del Premio Sila nel 1976), Mafia, la lunga notte della Calabria (Quaderni di Calabria Oggi, 1976), Ndranghita Dossier (Frama Sud, 1986), il più recente Vi racconto la mafia (Mapograf, 1993), costituiscono le tappe saggistiche - alcune delle quali fondamentali – della sua attenzione per il fenomeno mafioso, che non avrebbero, probabilmente, mai visto le stampe se, dietro al Gambino ricercatore scrupoloso e tenace, non ci fosse stato il Gambino cronista, impegnato a leggere sul campo e in contemporanea i caratteri e le trasformazioni di quel fenomeno. Ecco, se c’è un tratto distintivo della lunga attività di Gambino è proprio la coerenza di fondo, l’osmosi, tra il Gambino giornalista e il Gambino scrittore, una “solidarietà” che non è possibile ignorare. Inevitabilmente identica è la scelta di campo per la letteratura d’impegno sociale, per il realismo, per il recupero della tradizione di opposizione; identica è anche la consapevolezza che al silenzio dei ceti subalterni sia necessario dare voce per far conoscere quell’altra storia rimossa e negata dalla storia “maggiore”. La testimonianza letterariamente più efficace di questo atteggiamento sono proprio i romanzi, a cominciare da quel Sole nero a Malifà (Pellegrini, 1965 e ora Rubbettino, 2009) che, nella figura tragica di Gesuino, offre quasi una sintesi storico-antropologica di molte vicende della Calabria sommersa. Né bisogna dimenticare gli altri personaggi, spesso presi “di peso” dalla realtà, che la scrittura di Gambino ha materializzato: il Vizzarro protagonista dell’omonimo romanzo, che nell’amore contrastato per la baronessa Felicia De Santis e nello scontro con i ceti dominanti incarna esemplarmente una sorta di ideal-tipo del brigante o Pasquale Cavallaro di In fitte schiere (Frama Sud, 1981), il promotore della “repubblica rossa” di Caulonia, nata dalla rivolta scoppiata tra il marzo e l’aprile del 1945.
Tra analisi introspettive e “biografie” di paesi
Tuttavia, la scelta di campo, netta e senza indugi, per la letteratura impegnata ha lasciato in Gambino uno spazio adeguato per curiosità culturali e suggestioni letterarie di tipo diverso. Il grande filone principale, sopra ricordato, fa scorrere al suo fianco anche sentieri laterali e strade diverse, lungo i quali incanalare altre opportunità espressive. Diciamo dei romanzi “intimisti” dell’ultima produzione gambiniana, Concerto in re maggiore (Edizioni Memoria, 1999; I edizione a puntate in “Gazzetta del Sud”, luglio-agosto 1988) e Plot (Rubbettino, 2001), costruiti con i temi tipici dell’analisi introspettiva e “giocati” con un gusto per il giallo, per l’intreccio, per la detection, resi espliciti già dal titolo della seconda opera. Senza dimenticare una ripresa di ambienti e motivi presenti sin dalle prove d’esordio dello scrittore, come accade nella raccolta di racconti La ragazza del fiume (L’Ulivo, 1990) e in L’ombra sua torna (La Mongolfiera, 2003). Ma occorre dire pure, prima ancora, delle “biografie” di paesi ai quali Gambino è rimasto indissolubilmente legato, come luogo delle origini o per avervi trascorso la sua vita, tanto che nascono da questa ispirazione il già menzionato Da Subsicinum a Vazzano (lineamenti di storia municipale) e Sull’Ancinale (Tipo-legatoria Mele, 1982 e poi Il Brigante, 2005) dedicato a Serra San Bruno, così come delle raccolte che scaturiscono dalla sua lunga militanza giornalistica: Calabria ieri ed oggi (reportages storico-letterari) pubblicato da MIT nel 1968 e Accadde in Calabria (Mapograf, 1989). Prove saggistiche che procedono in parallelo con l’attività di curatore di antologie poetiche dialettali, che si farà più intensa nell’ultimo decennio della vita dello scrittore e in cui Gambino mette alla prova, anche grazie alla sua erudizione in materia, le proprie capacità di critico letterario. Nascono, in questo modo, Antologia della poesia dialettale calabrese dalle origini ai giorni nostri (Antonio Carello Editore, 1977); Natali ‘i ‘na vota. Antologia di poesie di Natale in dialetto calabrese (Franco Pancallo Editore, 2003); Venerdì e domenica. Poesia calabrese del mangiare (Fondazione Carical, 2004), Cuviernu puorcu, latru e camburrista. La poesia dialettale di protesta in Calabria, Cittàcalabria Edizioni, 2005) e il postumo Calabria erotica (Città del Sole, 2011). Qui Gambino diventa archivista di un’intera cultura letteraria, vorace raccoglitore di memorie, infaticabile trascrittore di rime e vocaboli nei diversi dialetti della Calabria, sulla scia di una passione mai sopita, già sperimentata nella cura del poemetto di Vincenzo Ammirà Ceceide (Antonio Carello Editore, 2008) e della raccolta delle poesie di Bruno Pelaggi Mastru Brunu (MIT, 1978), non dimenticando l’altra passione di una vita riversata nel postumo Rime in croce (Grafica Allegria, 2011) con la pubblicazione delle poesie, questa volta italiane, di Anna Edvige Pittarelli.
Un cronista della clausura
E tra le passioni che hanno accompagnato la sua attività intellettuale merita senz’altro un posto d’onore la Certosa di Serra San Bruno, alla quale Gambino si è accostato elaborandone, quasi, una cronaca parallela, l’unica resa possibile dalla severa clausura certosina a chi la può osservare solo dall’esterno. I momenti storici vissuti dalla Certosa nel Novecento (dalla evitata chiusura negli anni Settanta alla visita di Giovanni Paolo II negli anni Ottanta), le leggende giornalistiche fiorite intorno a essa, la sua storia religiosa e artistica, hanno trovato in Gambino un cronista partecipe, un compagno di viaggio vigile e sollecito. Decine di reportage e articoli, saggi, collaborazioni per inchieste televisive e un volume – L’atomica e il chiostro. Il monaco di Hiroshima – Ettore Majorana. La Certosa di Serra S. Bruno. Storia di una leggenda metropolitana (Qualecultura, 2008; I edizione 2001) – che pone indiscutibilmente fine alla falsa notizia della presenza nel monastero certosino del pilota dell’Enola Gay e del fisico Ettore Majorana, ambedue, secondo la costruzione mediatica di questo perdurante falso, rifugiatisi nella clausura monastica perché oppressi dai rimorsi e desiderosi di espiazione. Un libro, quest’ultimo, che nella sua ricerca della verità conferma, ancora una volta, l’inestinguibile impegno dello scrittore a raccontare, come sempre, la versione meno conosciuta dei fatti.
Comincia con questo articolo una serie che Il Vizzarro nella rubrica “Le nuvole”, nell’anno centenario della nascita di Sharo Gambino, pubblicherà una volta al mese per la diffusione e la conoscenza dell’opera dello scrittore.
*Storico, antropologo e scrittore, cura per il Vizzarro la rubrica Nuvole
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