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Ambivalenze
A osservare il suo simbolismo l’acqua sembra essere dotata di un’ambivalenza costitutiva e si pone, a seconda dei contesti, come fausta e nefasta, pura e impura, benefica e malefica, capace, per esempio, di liberare esorcisticamente dalla possessione ma anche di rappresentare l’habitat ideale per minacciosi esseri inferi. Di tale struttura ambivalente le popolazioni delle Serre – e in particolare di Serra San Bruno – pare che oggi abbiano ereditato (è cronaca incredibile di questi giorni, ma è cronaca e storia di questi anni) soprattutto il lato negativo, peraltro ben documentato nel folklore europeo, nel quale è chiaramente attestata la credenza nel potere malefico dell’acqua e fiumi, sorgenti e fonti si presentano anche come ricettacolo di potenze pericolose, a cui, talvolta, è necessario fare sacrifici perché possano sentirsi placate.
Da liquido risanatore a elemento infernale
Nel biellese, per esempio, come ha notato Carlo Tullio Altan, si ritiene che sia pericoloso fissare a lungo l’acqua dei pozzi, perché in essa si nasconderebbe “una brutta bestiaccia dagli occhi verdi che incanta e attira in fondo”, mentre in altre zone del Piemonte – lo ha osservato Paul Sébillot – “le sorgenti sono considerate sotto la protezione di spiriti che è opportuno rendersi favorevoli”. Nella leggenda di San Donato, come è scritto nella Legenda aurea di Jacopo da Varazze, è presente anche il motivo di una fonte infetta che il santo prova a sanare uccidendo il drago che la abita, facendo scaturire successivamente una sorgente pura proprio nei pressi della fonte malefica. Il tema del mostro che sbuca dall’acqua, del vecchio nello stagno, della fanciulla sacrificata a un essere acquatico, del serpente d’acqua posto come guardiano all’ingresso nel regno dei morti, sono, d’altronde, così ampiamente registrati nelle narrazioni fiabesche europee ed extra-europee, che l’acqua, da liquido risanatore, sembra tramutarsi nello Stige ribollente delle sue acque infernali. Un mondo alla rovescia, insomma, a tal punto che in Irlanda è stato segnalato, presso una fonte sacra, un “pellegrinaggio di odio”, nel quale i partecipanti mettevano in scena un rituale atto a suscitare la potenza mortifera dell’acqua contro i propri nemici.
Simbolismo acquatico
Il folklore, tuttavia, non rivela una sorta di simbolismo archetipo dello spirito, il manifestarsi mascherato di diversamente inattingibili verità originarie, bensì è da leggersi esso stesso come un prodotto storico, che affonda le proprie radici nelle forme di vita umane. Nel caso specifico del simbolismo acquatico non si potrebbe, a esempio, ipotizzare che siano state la scarsità e l’abbondanza dell’acqua, la siccità e le piene, l’aridità e il diluvio, a istituire la sua centralità simbolica? Che il suo lato malefico altro non sia che la traduzione, sul piano del simboli, di una storia dell’acqua che è anche una storia di privazioni, di difficoltà d’accesso, di conquiste, a volte di lotte sociali, per il possesso di un bene del quale non è possibile fare a meno?
L’acqua per sogni di visionari
È cronaca di questi giorni e se fosse accaduta quando Berta filava probabilmente sarebbe stata anch’essa tradotta in simboli, intrecci fiabeschi o in vaste mitografie, se l’acqua bene comune, l’acqua pubblica come indispensabile risorsa, si pone a queste latitudini sempre di più come un miraggio nel deserto, un gioco illusionistico che sfugge di mano e si presenta come beffarda presa in giro per l’assetato viandante che provi a inseguirla. Vero è che gli sfortunati abitanti di questa zona sono in nutrita e numerosa compagnia e basta scorrere l’Agenda 2030 dell’ONU per lo sviluppo sostenibile per capire, con l’eloquenza delle cifre, quanto tale bene sia sottratto e non sia disponibile nelle più varie contrade del pianeta: la scarsità dell’acqua colpisce più del 40% della popolazione globale, 663 milioni di persone nel mondo sono sprovviste di risorse di acqua potabile e 1,8 miliardi di persone utilizzano fonti d’acqua contaminate da escrementi. Numeri terribili, tanto che l’Agenda ONU pone tra gli obiettivi del 2030 (non sfuggirà che si tratta, più o meno, di dopodomani) “l’accesso universale ed equo all’acqua potabile che sia sicura ed economica per tutti” e il miglioramento dell’acqua “eliminando le discariche, riducendo l’inquinamento e il rilascio di prodotti chimici e scorie pericolose”. Il quadro a cui Serra e in parte le Serre appartengono è questo quadro devastato e sembra quasi che alle “acque malefiche” ci si stia abituando come un’inevitabile conseguenza del recente progresso (?) di popolazioni di boscaioli e artigiani, oggi terziarizzate e precarizzate. Perché decantare nostalgicamente le tante fonti una volta disponibili quando c’è il facile approvvigionamento presso i supermercati dell’acqua in bottiglia “prendi tre e paghi due” (ma paghi, per avere un bene primario)? Perché rincorrere melanconicamente i bei tempi andati delle villeggiature dei forestieri per i quali, oltre al clima estivo e alla frescura dei boschi, proprio la fama della qualità delle acque costituiva un formidabile attrattore? Sogni di visionari, come quelli di chi invoca serie politiche pubbliche sull’acqua, possibilmente un po’ più consistenti di qualche dichiarazione in prossimità di elezioni.
L’onorevole torna calabrese
“Elezioni, / processioni, / damaschi sui balconi. / L’onorevole /torna calabrese”. Lo scriveva un grande poeta di questa terra. Si chiamava Franco Costabile.
*Nuvole è una rubrica curata per il Vizzarro da Tonino Ceravolo, storico, antropologo e scrittore
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