Il Vizzarro.it - quotidiano online
Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
SERRA SAN BRUNO - L’esplosione della natura, con l’arrivo della primavera, colora i boschi delle Serre di quel fresco verde delle gemme nuove. E il bosco si risveglia dal letargo invernale. Si risvegliano lepri, ricci e tassi, lucertole e qualche serpe e assieme a loro, si mettono in moto i ragazzi del Parco Avventura Adrenalina Verde. A ripulire il sottobosco dai rami, dalla nuova nascita di polloni, dalle foglie secche e dai ricci di castagna. Il Parco Avventura, nasce da un’idea di turismo sostenibile e di sfruttamento equo e solidale del bosco. I percorsi aerei, divisi per difficoltà e contrassegnati da colori diversi, si sviluppano tra gli alti fusti di querce monumentali e castagni e abeti dalle quali cime il panorama è mozzafiato. Ma le attrattive non sono finite, per i più “audaci” lo Zorbing è quasi obbligatorio, mentre la gioia di grandi e piccoli arriva allo zenith sul Tubbing, la sensazione di essere su uno slittino sulla neve, il brivido della discesa che..quando arrivi a destinazione lo “sventato pericolo” ti obbliga a fare un altro giro, perché oramai lo sai che è solo divertimento. I boschi che la fanno da padrone intorno al vicinissimo centro storico di Serra sono la corona perfetta per un incontro ravvicinato con la natura. E poi, la possibilità di vivere l’intera giornata, e di gustare le delizie calabresi o presso il ristorante annesso del "Fondo dei Baroni" o con la possibilità di fare un vero e proprio pic-nic con la famiglia o con gli amici. Le piccole case in legno, quasi fiabesche, permettono di allungare questo viaggio nella natura e dormire in un certosino silenzio rotto solo dal canto di qualche usignolo. Insomma gli ingredienti che servono per preparare una sana giornata di divertimento ci sono tutti. La gentilezza, la professionalità e il senso dell’accoglienza che hanno sempre contraddistinto il popolo calabrese, sono molto ben rappresentati da Imma, Laura, Sabrina, Francesco, Mimmo, Bruno, Davide… fino a Nonno Ciccio. Vi assicuro che vi troverete a casa vostra. Tanti di voi conosceranno Il barone rampante, il famoso romanzo di Italo Calvino scritto nel 1957, (secondo capitolo della trilogia araldica I Nostri Antenati), beh se quella che vi ho raccontato pensate sia una favola fate bene, perché io ho avuto la stessa impressione, per un attimo mi sono sentito il Barone rampante e da quegli alberi, non ci sarei mai voluto scendere.
Una signora che doveva farsi eseguire una scintigrafia ossea, effettuò la prenotazione presso il civico Ospedale Pugliese di Catanzaro. Poiché il primo turno utile di prenotazione appoggiava su una data distante tre mesi, dopo qualche tempo insistette nel chiedere se per caso si sia resa libera altra data più vicina. La risposta fu negativa, ma venne accompagnata dall’indicazione che l’esame poteva essere erogato a pagamento , ma a dire il vero, si aggiunse l’indicazione che anche altre strutture catanzaresi erano in grado di effettuarlo. La signora si informò della spesa da sostenere per effettuarlo a pagamento e la risposta fu che costava 150 euro. Ritenendo il costo troppo elevato, decise di telefonare al Sant’Anna Hospital, sempre a Catanzaro. Lì la risposta fu che le prenotazioni a convenzione pubblica per il breve periodo (mese successivo) erano esaurite e che per il più lungo termine ancora non si prenotava. Anche qui c’era però la possibilità di prenotazione a più breve distanza per la fascia a pagamento. La signora si informò del costo e seppe che costava 70 euro. Al che non ci pensò due volte a servirsi di quest’ultima alternativa, essendo a conoscenza che il ticket all’ospedale pubblico sarebbe costato forse anche di più.
Qualcuno del profondo nord, corrotto al pari di tutta la nostra bella terra italica, si permette ancora il lusso di affermare che in Calabria non paghiamo le tasse. A costoro va detto che oltre alle tasse paghiamo anche le gabelle, intese come dazi per poter vivere nel suolo in cui siamo nati. In effetti, tra le altre nauseanti esperienze di malfunzionamento di servizi, il più delle volte vitali, se sfortunatamente una persona si ammala ed abbisogna di un accertamento diagnostico, deve corrispondere una quota che però, sovente, non è per nulla una minor parte; spesso, infatti, la quota-parte ammonta a più dell’intero del costo della prestazione. Si deve precisare che per il solo uso della famosa ricetta rossa, si devono sborsare dieci euro, che si aggiungono allo storico ticket. Di conseguenza si può verificare che in taluni casi, tra costo ricetta e quota partecipativa, l’analisi venga a costare al malato più di quanto non costi in totale al servizio sanitario pubblico. Pertanto è urgente affermare che si rende necessario fare in molti campi una valutazione un po’ più retta, iniziando dal considerare i cittadini come persone con i loro bisogni da amministrare onestamente e non come strumento per l’ascesa al potere. Così anche i conti della sanità potrebbero tornare in quadra.
Col sistema regionale della sanità è stato creato un mostro sfrenato ed incontrollabile. Si va ripetendo che la Regione Calabria, a causa del suo “profondo rosso” ha bisogno di recuperare gli sprechi. Ma prima di gravare sui cittadini e prima che i cittadini si rassegnino, urgerebbe accertarsi dove siano stati allocati gli sprechi. Sicuramente non in servizi che sono stati invece fortemente compromessi, come per alcuni ospedali di montagna o di utilissimi front-line e guardie mediche nel mirino della nuova camaleontica parsimonia. Molto più efficace sarebbe l’eliminazione di prebende e rendite corruttive elettoral-mafiose. Nell’utopica ipotesi che, viceversa, i soldi dei cittadini fossero stati destinati a premurosi miglioramenti dei servizi, una scusante sarebbe in re ipsa. Oltretutto sarebbe potuto verificarsi un graduale risparmio di ritorno, derivante dal miglioramento della salute pubblica, specie se si tiene conto dell’elevata percentuale di anziani in Calabria, causata dalla forte emigrazione giovanile imposta dalla mancanza di lavoro.
Diversamente, per quale altra comprensibile buona causa dovrebbe essere spremuto ai cittadini il sangue che non hanno più da farsi estrarre neppure per le analisi?
SERRA SAN BRUNO - Un’occasione mancata. L’ennesima per i serresi che, ancora una volta, hanno preferito voltarsi dall’altra parte, preferendo l’apatia e la rassegnazione al riscatto. Quello di una comunità che ha perso il proprio figlio. Pasquale Andreacchi, dunque, è morto un'altra volta a causa dell’indifferenza di coloro i quali, al contrario, si sarebbero dovuti ribellare, esternando tutta la propria condanna, per l’atroce uccisione di un ragazzo nel pieno della maturità. Pasquale, però, non è l’unico ad essere stato dimenticato dai serresi. Perchè ieri, nel corso della prima delle due giornate in memoria delle vittime di mafia, sono state ricordate anche le figure di Gianluca Congiusta, Massimiliano Carbone e Giuseppe Russo. Vittime innocenti. Vittime sì della protervia della criminalità organizzata. Ma, soprattutto, vittime di quella politica che in questi anni ha fatto poco per cercare di arginare questo fenomeno.
L’iniziativa, organizzata dall’ associazione Incastri presieduta da Donatella Cristiano, con la collaborazione di Libera, si è aperta con una messa presso la chiesa dell’ Assunta di Spinetto celebrata dal parroco, don Ferdinando Fodaro che, nel corso della sua omelia, ha evidenziato come «per costruire un mondo miglior è necessario il contributo di tutti, a partire dai cittadini per poi arrivare alla classe politica». Al termine delle celebrazione, la giornata è proseguita con un dibattito tenutosi nei locali di palazzo Chimirri, al quale hanno preso parte, oltre a Donatella Cristiano, anche l’onorevole Bruno Censore, il giudice Romano De Grazia, il papà di Pasquale, Salvatore Andreacchi, il giornalista Angelo De Luca, l’ex sindaco Raffaele Lo Iacono, Mario Congiusta, papà della giovane vittima Gianluca ed il testimone di giustizia Rocco Mangiardi. Ad aprire l’incontro, è stato il neo parlamentare Bruno Censore: «Se si lavora e si crede veramente in ciò che si fa - ha affermato il vicepresidente della commissione regionale Antimafia - saremo sempre di più a combattere contro questo male. Famiglie come quella di Pasquale non devono essere lasciate sole dalle istituzioni. Al contrario, bisogna coinvolgere un numero sempre maggiore di cittadini affinché questi episodi diminuiscano e che si ponga dunque un freno a questa situazione». Angelo De Luca, invece, ha incentrato il suo breve intervento sul caso dell’ Alaco e sui problemi relativi alla presunta non potabilità dell’acqua, elogiando il lavoro svolto in questi mesi dall’associazione culturale ‘Il Brigante’ e dal Comitato civico Pro - Serre, oltre a rimarcare l’impegno dello stesso Censore, che si è reso promotore di una interpellanza parlamentare. Salvatore Andreacchi, dal canto suo, ha ripercorso la vicenda di Pasquale, dal giorno della scomparsa, fino al ritrovamento dei resti. Per l’ ex sindaco Lo Iacono «è necessario stare vicino a queste persone che, giorno dopo giorno, vivono tragedie del genere». Presente al dibattito anche l’avvocato Giovanna Fronte, legale della famiglia Andreacchi: «Quando si parla di Pasquale - ha evidenziato - è come se si parlasse di tutti noi, perchè purtroppo, quello che è successo nel 2009 potrebbe accadere a chiunque». Secondo Rocco Magiardi «la legalità non bisogna insegnarla, come qualcuno fa pensando di sconfiggere la ‘ndrangheta. Al contrario, bisogna praticarla con i fatti, anche con piccoli gesti». Critiche alla classe politica sono giunte dal papà di Gianluca Congiusta, Mario, mentre il giudice Romano De Grazia ha posto l’accento sulla Legge Lazzati, approvata di recente e che lo ha visto come uno dei principali promotori.
(articolo pubblicato su Il Quotidiano della Calabria)
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