mini monumento_bruno_pelaggiUn secolo fa, 6 gennaio 1912, moriva a Serra San Bruno, dove era nato il 15 settembre 1837 da Gabriele e Giuseppina Drago, Mastru Brunu Pelaggi, poeta dialettale, che si può considerare il precursore e protagonista/vittima della mai risolta “questione meridionale”. Parlare e scrivere di Mastro Bruno, infatti, è di una forte e sconcertante attualità a dispetto del secolo che ci divide. I temi della sua poesia spicciola e senza pretese linguistiche o sintattiche e tanto meno metriche (scalpellino da mattina a sera senza voler essere o apparire “poeta” ma semplicemente raccontare a se stesso e al suo vicinato “li stuori” come definiva i suoi componimenti che non scriveva, seppur sapesse leggere e scrivere, ma dettava alla figlia Virginia) sono la disperazione, la fame, la povertà, l’inquietudine della povera gente che resta sempre e comunque classe subalterna e derisa dalla “casta” di ieri come di oggi. Temi questi che erano un piacere ma soprattutto riflessione anche per le orecchie dell’altro illustre serrese, il Ministro Bruno Chimirri forse non affetto dai vizi della casta parlamentare del tempo, amico del poeta al quale non disdegnava di rivolgersi spesso per consigli. Durante il ‘900 postbellico, molti eminenti rappresentanti della letteratura italiana si sono interessati della figura e della poetica dello scalpellino di Serra San Bruno. Tra i tanti, Umberto Bosco che scrive: “Nei primi decenni del secolo, quando ero a Catanzaro, la figura di Mastro Bruno aveva i contorni incerti del mito. Se ne vantava l’arguzia che era addotta a esempio della causticità comunemente attribuita ai compaesani del mastro, gli abitanti di Serra San Bruno”.

E più avanti per lo stesso Bosco “colpisce nella poesia del Mastro la totale assenza di fatua sconcezza, fatto singolare, dato che la poesia in dialetto era tradizionalmente considerata e non solo in Calabria, il rifugio di scherzi più o meno grossolani, di argomenti più o meno scurrili. […] Certo Bruno non arretra dinanzi a parole energiche ma nel suo testo […] esse hanno perduto il loro originario valore greve, talvolta sono intercalari. Tuttavia l’aspetto più interessante di Mastro Bruno non ci è dato da versi di questo genere, ma da altri di diverso tono, come quelli nei quali denuncia la necessità in cui i poveri si trovano a votare secondo la volontà di coloro ai quali ‘si dici no pierdi lu pani’”.

Per Vincenzo Paladino, il Pelaggi è accostato al Campanella e allo Alvaro in quanto “eroi dell’azione, dell’azione e dell’utopia”. La tematica, sempre attuale più che mai, del poeta serrese, resta tutta focalizzata su: la mancanza di lavoro, la continua disoccupazione che spopola i paesi e che riempie di delusione e di profonda amarezza la povera gente arricchita di vane promesse di grandezza e di sicurezza economica predata dai Sabaudi dell’Unità d’Italia dopo la caduta del regno borbonico che non era certo da mandare sotto la ghigliottina. Scrive Gualtiero Canzoni: “Di supa sta montagna/ ti jiettu ‘na gridata…’, così si leva alta e irriverente la protesta della Calabria, attraverso i versi di Mastro Bruno Pelaggi dedicati a ‘Mbertu Primu, re di un’Italia che, appena unita, cominciava a mortificare le speranze e le aspettative dei calabresi”.

Ordunque il secolo è passato e se rileggiamo alcuni passi della poesia Ad Umberto I notiamo quanto ancora sia vera e attuale la fotografia sulla Calabria e sui Calabresi fatta dal Pelaggi.

“…Si buoi mu si aduratu / di tutti li Taliani /spartandi lu pani /e sient’a mia // ch’è truoppu tirannia / pi nui, povara genti: / a cu’ tuttu a cu’ nenti / non è giustu. // Duna a cu vuoi l’arrustu, / lu miegghiu e lu cchiù gruossu, / a nui dunandi ‘n’uossu / cuomu cani! // Sempi lavuru e pani / circau lu calabresi / ma tu sciali di risi / e cugghiuniji! […] Taliani cu la cuda / ndi carculasti a nui, / ma tu si duru cchiui / di ‘nu macignu! […] Basta…simu Taliani! / – gridammo lu sessanta -/ e mò avogghia mu canta / la cicala!// La fami cu’ la pala / si pìgghia e cu’ la zappa: / cu è guivini si la scappa / a Novajorca. // A nutri ndi tocca / suffriri e mussu chiusu / e quaci ntra lu pirtusu / di lu culu!! //[…] Picchì ha’ mu li nascondi /li gridi calabresi? / Non pagami li spisi / guali a tutti?// Ma tu ti ndi strafatti / li deputati cchiui: /duvi ncappamma nui /povara genti! // Non spirari cchiù nenti / Calabria sbinturata…”.

E nella lirica Ricorso al Padreterno Mastro Bruno implora il buon Dio: “…Priestu mina li mani! /Vidi cuomu mu fai! / Càcciandi di stiì guai, / manneja aguannu! // Non vidi can di fannu / muriri a puocu a puocu! / Tu ti mintisti dduocu / e stai mu guardi’…”.

Povero Mastro Bruno, voce nel deserto, inascoltato dai potenti di cielo e terra, indirizza anche una Lettera al demonio perché “ Nuddu mi rispundiu, scuntientu mia! / Io li prigai non li chiamai cornuti! /e tanti cuosi giusti nci dicia…/’Nci dissi ca ccà simu strafuttuti. […] Mo’ nci scrivu a Lucifaru, a lu mpiernu / ch’è mperaturi di ‘nu gruossu riegnu. / Si statru non mi rispunda, si strafutta. /Armenu sacciu ca li pigghiai pari ../ […] Mò no’ scrivu cchiù a nuddu, cà mi ncrisciu / di riestu, viju ch’è tiempu pirdutu…”.

Ormai Mastro Bruno non ha alcuna speranza e il compianto poeta e scrittore serrese, dal quale ha attinto a piene mani tutta l’arguzia nel denunciare i mali delle popolazioni delle Serre, Sharo Gambino dice che: “ per sfogare le proprie amarezze non ha più che da rivolgersi alla luna”.

Leggiamone alcuni passi: “ Cu sapa chi nci vò / mu cangiria fortuna. / Forsi chi tu, uhè luna, sapirissi. / Si ‘n casu volarissi / datu chi tuttu puoi / cà cu li giri tuoi / puru niscimu./ Fuocu quantu patimu! / […] Quant’agghiuttivi amaru / ntra st’esistenza mia! / Luna, si no niscia, / quant’era miegghiu! / Ma mo chi cazzu pigghiu / ca ti li cuntu a tia / para ca sienti a mia / ‘ntra sta nuttata? / Tu, già, non si mparata? / cchiu crudeli di chistu /si ti gustasti a Cristu chi muria / jio mo chi bolaria / di mia mu sienti pena!? / Tu ti guardi la scena / e passi avanti. / […] Ma tu cu’ su’ silenziu / chi ‘nsurta puru a Dio / vidi lu cuori mieu / cuom’è chi ciangia. / […] Tu passi, ti ndi vai / ti ndi strafatti, / e supa di nui tutti / muta tu t’irgi e nchiani / lu stiessu fai dimani / e nui murimu!”

Una “luna indifferente - scrive Vittorio Torchia - come Umberto re, come il barone – padrone, e nessuno dei tre avverte la minima ansia di voler sapere quel che accada o come viva il loro suddito – zappaterra o suddito – scalpellino”, insomma, “una luna del mondo locale. Cioè componente di quella vita di paese sempre ricolma di contraddizioni, di beghe, di lotte, di stenti”.

Alla luna del Pelaggi è poesia alta che ha offerto il fianco a molti critici i quali pensano a letture leopardiane e segnatamente al “canto notturno”. E non è neanche pensabile che andasse a consultare libri e opere di valore custoditi nella rinomata e ricchissima biblioteca della Certosa serrese o in quella dell’amico Chimirri. Sapeva leggere e scrivere eccome ma aveva altro cui pensare e del resto “come faceva a tenere in mano la penna un uomo che passava tutto il santo giorno a tenere la mazzetta e lo scalpello in mano?” come scrive don Leonardo Calabretta.

Comunque sia, finalmente e a giusta ragione, tutta la considerazione favorevole venutagli dai critici letterari è stata consacrata con l’inserimento di “Mastru” Bruno in diverse opere antologiche apparse in questi anni. La prima è quella della prestigiosa Editrice La Scuola di Brescia del 1986 curata da Pasquale Tuscano e adottata nei Licei. In questo lavoro il Pelaggi è accomunato ai vari Gioacchino da Fiore, Galeazzo di Tarzia, Campanella, Schettino, Jerocades, Padula, Misasi ed altri. Del poeta serrese sono ospitate le poesie migliori, o, se volete, le più conosciute, Lettera al Padreterno, Alla luna e Alla Vergine Maria. Per il curatore Tuscano “Mastro Bruno ha una personalità prorompente, definita e quasi incisa con quello scalpello che certamente gli sarà stato più familiare della penna”.

Nel 1997 il Pelaggi è ospite di “Storia della letteratura calabrese – Novecento” edita da Periferia di Cosenza e curata da Pasquino Crupi. Per questi, la poesia di Mastro Bruno “è una virata vigorosa, decisa verso lo sfasciume umano, perdurante pur dopo il compimento dell’unità nazionale. Non ci sono tentazioni verso l’idillico né deviazioni verso il faceto. La sua possente satira, che talvolta si trasforma in impietoso sarcasmo, si aggira nelle visceri infette della storia, nella geografia della fame senza esiti di uscita e di speranza. […] Capì subito che la povertà calabrese dipendeva da come lo Stato funzionava nei suoi rapporti con il Mezzogiorno. Non disse, perciò, solo quello che la povertà rappresentava, ma da dove nasceva e perché”. Insomma, scrive Giampiero Nisticò, “lo scalpellino non arriva a postulare capovolgimenti strutturali, ma ha chiara la visione della dimensione disumana della società, in cui le parole servono ad ingannare il povero per meglio difendere i ricchi, ingordi e ciechi”.

Infine, nell’opera postuma del caro Sharo Gambino, edita da Città del sole di Reggio Calabria nel 2011, “Calabria erotica”, Mastro Bruno, insieme ad altri scrittori e poeti calabresi, viene ricordato come colui che “gridava sdegnoso non solo a titolo personale, ma prestava voce a ‘parecchi milioni’ di cittadini che, nel ’60, avevano gridato: ‘Simu ‘taliani’ ed ora trovavano di che pentirsene”.

Al postutto, mi piace sottolineare un ultimo, e non secondario, aspetto della vita e della poetica del Serrese. Se si va a leggere Alla vergine Maria, lirica di alta sublimità da essere accostata, come fa don Calabretta, alla preghiera che Dante “mette in bocca a S. Bernardo nel canto XXXII del Paradiso”, non si potrà mai dire che Mastro Bruno sia stato ateo, anzi, come scrive ancora Calabretta, “non solo non fu un senza Dio, ma fu un’anima profondamente e direi delicatamente religiosa. Egli fu di dichiarata e manifesta religione cattolica. Una fede intrisa di religiosità popolare, se vogliamo, ma non per questo meno bella e meno sentita. Anzi”.

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mini il_sindaco_di_Serra_San_Bruno_Bruno_RosiSERRA SAN BRUNO - Ha atteso diversi giorni prima di esprimere il suo pensiero. Si sarebbe aspettato delle spiegazioni di natura politica, l'ex assessore Bruno Zaffino. Il sindaco Pidiellino Bruno Rosi, da un giorno all'altro, lo ha estromesso dalla giunta, una decisione improvvisa e traumatica proprio alla luce dello spessore del personaggio, un imprenditore alla prima esperienza politica che è stato il secondo candidato più votato su 48 aspiranti consiglieri. Ma queste spiegazioni non sono arrivate, e allora Zaffino ha deciso di uscire allo scoperto. "E’ doveroso che il sindaco spieghi ai cittadini i motivi per i quali mi ha revocato dall’esecutivo comunale - ha dichiarato proprio stamattina a Il Vizzarro.it l'ex assessore - ma non c’è nessuna rottura con l’amministrazione comunale serrese, e quanto successo in ogni caso non preclude i rapporti tra me e la maggioranza Pdl che comunque continuerò a sostenere". Nessuna separazione dal Pdl, quindi, e nessun passaggio nelle fila dell’opposizione: una posizione molto chiara che cozza con alcune interpretazioni, stranamente forzate, che cercavano in ogni modo di dare l'idea di un taglio netto tra Zaffino e l'amministrazione comunale. L'ex assessore continua a sostenere la maggioranza, ma rimane in attesa di spiegazioni dal sindaco, poichè è doveroso dare una connnotazione chiara alla sua rumorosa defenestrazione. I serresi infatti, e in particolare i 224 elettori di Zaffino che è stato uno dei maggiori artefici della vittoria del Pdl, si chiedono il perchè di questo distacco improvviso, e legittimamente si attendono dal sindaco delle motivazioni circa l'emarginazione politica del loro punto di riferimento nell'amministrazione. Intanto è già partito il totoassessori per la sostituzione di Zaffino in giunta: pare che la scelta del sindaco potrebbe ricadere su un interno, e a questo punto non è da escludere che entri in giunta qualcuno che, specie dopo il "caso Zaffino", avrebbe bisogno di un riconoscimento politico per dissipare qualche eventuale dubbio sul sostegno alla maggioranza stessa.

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mini mostra fanzagoNel 1631 durante il priorato di don Ambrogio Gasco viene dato incarico a Cosimo Fanzago (Clusone, 1591 - Napoli, 1678) di realizzare il monumentale altare-ciborio della Certosa di Santo Stefano del Bosco a Serra San Bruno, smembrato a seguito del terremoto del 1783 e rimontato pressoché integralmente, attorno al 1837, nella chiesa dell'Addolorata, sempre a Serra San Bruno. Dell'imponente impresa del maestro restano oggi nel museo d'arte sacra del duomo di Vibo Valentia alcuni mirabili manufatti bronzei raffiguranti quattro angeli oranti; due angeli reggicanestro; san Lorenzo, santo Stefano, san Bruno, san Martino e un frammento architettonico. Proprio a questo straordinario progetto e corpus di opere fanzaghiane la Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria dedica "Arte svelata. Capolavori di Cosimo Fanzago. Il restauro delle sculture dal ciborio della Certosa di Serra San Bruno".
La mostra, curata da Fabio De Chirico con il coordinamento scientifico di Rosanna Caputo, è occasione straordinaria per ammirare i capolavori del ciborio serrese, riportati all'antico splendore dopo un attento restauro e per conoscere la complessa figura di Cosimo Fanzago, personalità dominante il panorama della scultura secentesca napoletana.
"Arte svelata" è stata inaugurata sabato 10 dicembre a Cosenza, Palazzo Arnone. Per l'occasione sono intervenuti Fabio De Chirico, soprintendente per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria; S.E. mons. Luigi Renzo, vescovo della diocesi di Mileto - Nicotera - Tropea; Francesco Prosperetti, direttore regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Calabria; Mario Occhiuto, sindaco di Cosenza; Mario Caligiuri, assessore regionale alla cultura e Giuseppe Mantella, restauratore. "Arte Svelata" è un appuntamento che si ripete - dopo l'esordio avvenuto con la mostra dedicata alle più preziose opere del museo civico di Altomonte - e ha lo scopo di focalizzare l'attenzione su alcuni capolavori calabresi ancora a tutt'oggi sconosciuti. La mostra sulle sculture del Fanzago nella Certosa di Serra San Bruno potrà essere visitata fino al 29 gennaio 2012. Fino al 31 dicembre 2011 con il seguente orario: 10.00-18.00 da martedì a sabato (escluso i festivi). Dal primo al 29 gennaio 2012 da martedì a domenica dalle ore 10.00 alle ore 18.00.

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Martedì, 27 Dicembre 2011 18:33

Bruno Zaffino fuori dalla giunta. Ma perché?

mini bruno_zaffinoSerra San Bruno. Lunedì 17 maggio. Undici e mezza della sera. Piazza mercato si riempie in fretta. Con le urne ancora calde la folla inneggia all’uomo comune che trionfa. Clark Kent si trasforma in SuperMan. Bruno Rosi si veste di sindaco. Baci e abbracci. Il palco gigante e le bandiere al vento: il Pdl è in festa. Si respira un clima da assemblea di istituto, un’atmosfera da tempo delle mele. Tutti si vogliono bene e tanti si sentono in dovere di salire sul palco ed incitare la folla, come per narcotizzarla: “Risorgeremo!”. Volano tappi di spumante. Qualcuno credeva fosse champagne.

Venerdì 23 dicembre. Undici e mezza della mattina. Sono passati 6 mesi dalla lunga notte di Piazza Mercato, e tutto è cambiato. Il sindaco non prova più nemmeno a nascondere la rabbia e l’amarezza che lo accompagnano dall’inizio di quest’altra drammatica giornata. Rimane in silenzio, seduto dietro la sua scrivania. Scruta fuori dalla finestra un paese difficile da amministrare, soprattutto se lo si intende fare con una maggioranza impossibile da tenere attaccata tutt’insieme. Le cattive notizie si accumulano ed il comune sembra un palazzo che crolla più velocemente di quanto ci si impieghi a ristrutturarlo. Il ghiaccio imperversa, la città brucia e gli assessori cadono.

Bruno Zaffino è uscito dal giro. Il ruspante imprenditore che più di molti altri contribuì alla causa piddiellina non è più assessore. 230 elettori, croce più croce meno, gli avevano dato fiducia incoronandolo come la più grande sorpresa delle passate amministrative. Oggi viene spinto ai margini dal suo stesso gruppo consiliare. Ma perché?

In men che non si dica, comunque, l’amministrazione sbatte la porta in faccia a Zaffino dopo aver sfruttato il suo enorme potenziale elettorale, i suoi numeri, per poi relegarlo all’angolino buio del semplice consigliere. Lo accantona senza tanti fronzoli, e ciò che ne rimane è un quadro dai confini troppo sfumati. Sedotto, usato ed abbandonato. Nessuno della maggioranza finora è riuscito a spiegare quale sia la motivazione reale di questo allontanamento. Una motivazione che, a questo punto, deve essere psicologica, filosofica e, ci sforziamo, potrebbe essere anche politica. Sabato 24 sulle pagine di un quotidiano locale una nota striminzita affidata alla penna del giornalista di fiducia. Tante parole roboanti, pochi contenuti. Leggo l’articolo, ma il dubbio rimane: perché quest’urgente esigenza di discostarsi completamente da chi fino a poco tempo fa fu determinante per la vittoria di Bruno Rosi? Che cosa è successo? Se lo chiedono tutti i serresi. In particolare i 224 elettori dell’ex assessore Zaffino. Sarebbe anche opportuno capire cosa accade all’interno della maggioranza ora che il tassello scomodo è caduto dal puzzle. Le convinzioni, le incertezze, le strategie personali calibrate da cariche e segreti. I piccoli errori che si ingigantiscono e diventano irrimediabili, i ricatti. La trama si infittisce, si macchia della necessità di scendere a compromessi solo per dare adito a malcelati complotti correntizi. In un gruppo in cui tutti credono allo stesso obiettivo qualcosa comunque non funziona. Un viaggio su un filo troppo sottile. 

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mini seggio_AddolorataSERRA SAN BRUNO – Lunedì 26 dicembre 2011: si rinnova, ancora una volta, una delle più antiche tradizioni del paese della Certosa, le elezioni interne alle Arciconfraternite serresi. Un momento a cui l’indimenticato Sharo Gambino, in “Fischia il sasso”, dedicò pagine meravigliose narrando come “mastru Biasi” Pelaia, genero di Mastro Bruno Pelaggi, gli spiegava, da bambino, il significato delle elezioni del seggio priorale, unico esempio di democrazia sopravvissuto, a Serra, alla dittatura fascista. Le confraternite, o congreghe per i meridionali, sono associazioni pubbliche di fedeli che hanno come scopo l’esercizio di opere di misericordia e ovviamente  di aggregazione e di incremento del culto. A Serra San Bruno, paese di circa 7000 abitanti, ce ne sono addirittura tre. La confraternita  di Maria SS de’ Sette Dolori, la confraternita Maria SS Assunta in cielo di Terravecchia e la confraternita di Maria SS Assunta in cielo di Spinetto. Per tutte e tre i serresi, con una tradizione vecchia più di 300 anni, il giorno di Santo Stefano, una volta ogni due anni, sono chiamati a rinnovare i Seggi Priorali che nell’organizzazione delle confraternite costituiscono l’organo di guida. I Priori ed i Consultori uscenti decidono a loro piacimento, ma con il benestare del Padre Spirituale e dell’Ordinario Diocesano, i nomi dei loro potenziali successori, formulando tre terne segrete di nomi che poi vengono presentate ad una regolare assemblea alla quale tutti i membri della Congrega stessa saranno chiamati a partecipare e votare. L’assemblea è presieduta da un sacerdote nominato dal vescovo. Il rinnovo di Seggi Priorali, quasi al pari delle competizioni politiche, è un momento molto sentito, e di conseguenza seguito, dalla quasi totalità degli abitanti. I confratelli più attivi si recano nella chiesa d’appartenenza all’ora prefissata, con la consapevolezza di rimanerci chiusi dentro fino a votazione terminata. Nessuno sa per quanto tempo si protrarranno le operazioni di voto e soprattutto nessuno sa se a fine giornata si sarà riusciti ad eleggere il nuovo priore o toccherà rinviare il tutto di quindici giorni, quando il seggio uscente avrà formulato le nuove terne.

Per due delle tre confraternite serresi, oggi tutto è andato liscio. In meno di tre ore la confraternita di Maria SS de’ Sette Dolori ha eletto a ruolo di priore Giorgio Raimondo (foto, al centro) e per i ruoli di I e II Consultore sono stati eletti rispettivamente Luigi Drago (foto, a sinistra) e Luigi Averta (a destra). La confraternita di Maria SS Assunta in cielo di Spinetto, per la prima volta nella storia di Serra, ha eletto a priore una donna. Rosa Vellone, eletta da un’assemblea serena e velocissima, è entrata dunque di diritto nella storia serrese. Artemio Vellone e Salvatore Zaffino saranno i nuovi Consultori che la affiancheranno per i prossimi due anni. Dalla confraternita di Maria SS Assunta in cielo di Terravecchia, invece, è arrivata la fumata nera: sono “cadute” le tre terne presentate e quindi è tutto da rifare, a data ancora da decidere.

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mini dentro_la_certosa_a_sinistra_sciascia_e_a_destra_padre_basilio_caminadaL’antico monastero certosino di Serra San Bruno, nel corso dei suoi mille anni di storia, è stato meta di visitatori illustri. Questo breve excursus tra coloro i quali hanno lasciato testimonianza del loro passaggio nell’amenità dell’eremo certosino, però, vogliamo iniziarlo da chi invece avrebbe desiderato trovarci riparo e a causa di alcune vicissitudini non ha potuto farlo. Si tratta dell’autore del Decamerone, Giovanni Boccaccio. E’ da una lettera del gennaio 1371 indirizzata da Napoli a Niccolò da Montefalcone, scoperta da Sharo Gambino nella Biblioteca di Firenze, che apprendiamo la notizia di una sua possibile visita alla Certosa di Serra San Bruno. Niccolò da Montefalcone, suo amico d’infanzia, era diventato Priore del monastero di Santo Stefano del Bosco, in quel tempo cistercense, e lo aveva invitato presso il suo convento. Niccolò gli aveva prospettato «l'amena solitudine dei boschi» che circondava il monastero, «l'abbondanza dei libri, i limpidi fonti, la santità del luogo e le cose confortevoli e l'abbondanza di ogni cosa e la benignità del clima». Tutto ciò aveva indotto in Boccaccio «non solo il desiderio di vedere» quel luogo, ma anche la volontà di trovarvi dimora e rifugiarvisi «se la necessità lo avesse richiesto». Tuttavia all’improvviso Niccolò, dopo tante affettuosità, silenziosamente esce di scena dalla vita di Boccaccio, ed egli, profondamente deluso, sostiene di essere «povero e i poveri non hanno amici». Ad aprire il registro dei visitatori della Certosa figura il nome di Alcide De Gasperi insieme a quello della moglie Francesca che giunsero a Serra nel marzo del 1953, due anni dopo la disastrosa alluvione avvenuta nel mese di ottobre. La visita a Serra dell’allora Presidente del Consiglio era stata preceduta da quella del Presidente della Repubblica Luigi Einaudi che qui giunse accompagnato dalla consorte e dal Ministro dei Lavori Pubblici Aldisio. Re Ferdinando di Borbone venne due volte a Serra, il 23 aprile del 1833 e il 16 ottobre 1852, quando s’inginocchiò innanzi la chiesa Matrice e al busto argenteo di San Bruno. Il 24 agosto 1923 a visitare la Certosa ci fu il principe ereditario Umberto II di Savoia accompagnato dal Contrammiraglio Bonaldi e dal marchese della Rocchetta. Il principe, dopo aver partecipato alla messa conventuale, visitò il monastero per poi ripartirsene. Sul finire degli anni ‘60 giunse in Calabria Pierpaolo Pasolini, e anche lui volle visitare il monastero bruniano, accompagnato, tra gli altri, dal regista vibonese Andrea Frezza e dall'avvocato Franco Inzillo. Il regista de “Il vangelo secondo Matteo” dopo aver visitato la Certosa e una cella certosina dove il monaco trascorre per la quasi interezza la parabola della propria esistenza, rimase affascinato dalla vita contemplativa e di clausura del monaci bruniani. Nel 1975, a varcare la porta del millenario monastero fu il celebre scrittore siciliano Leonardo Sciascia (foto: lo scrittore dentro la certosa insieme a padre Basilio Caminada) che giunse alla Certosa di Serra San Bruno seguendo le tracce dello scienziato Ettore Majorana, scomparso nel 1938 e presumibilmente morto suicida. Sciascia si recò presso il convento in cerca di conferme alla sua ipotesi che voleva Majorana monaco certosino, ma non trovò niente che potesse dare conforto alla sua tesi. La visita in Calabria di Bartolomeo I, Patriarca ecumenico di Costantinopoli, ebbe inizio il 19 marzo 2001, e si concluse il 23. Il 21 marzo fu caratterizzato dalla storica visita alla Certosa, alla presenza di autorità ecclesiastiche. In quella occasione Bartolomeo I tenne un toccante discorso, a cui fece seguito un caloroso saluto del Priore Dom Jacques Dupont, che volle così accogliere l’illustre ospite. Al termine dell’evento il Patriarca di Costantinopoli fece dono alla comunità monastica certosina di una preziosa lampada votiva conservata gelosamente dai monaci serresi nella Cappella delle reliquie. L’ultima visita degna di nota è stata quella delle Regina del Belgio Paola Ruffo di Calabria per la quale, vista l’assoluta clausura maschile, è valso l’antico privilegio di consentire alle regnanti di varcare la soglia della clausura e visitare il monastero.

Tra gli eventi che resteranno nella storia in maniera indelebile vanno collocate, senza dubbio, le visite di due papi a 27 anni di distanza l’una dall’altra. Giovanni Paolo II, il 5 ottobre 1984, dopo essersi brevemente intrattenuto con la popolazione, ha visitato la comunità certosina e ha firmato il registro del monastero. Importanti furono i discorsi che il Santo Padre tenne a Santa Maria del Bosco, luogo presso il quale San Bruno era solito pregare nel laghetto ancora esistente e dove sono state successivamente trovate le sue ossa e quelle dei suoi compagni. In quella circostanza, il Papa, richiamò il particolare carisma del monaci certosini la cui presenza spirituale costituisce «il cuore di questa Regione». A Serra Giovanni Paolo II ebbe una gradita sorpresa: gli abitanti di Spadola, per riconciliarsi con l’autorità pontificia, gli restituirono simbolicamente, con una pergamena, una pantofola che i loro antenati avrebbero sottratto a Callisto II il 1121 durante la sua visita in Certosa, mentre passava dal loro paesino. E altrettanto calorosa è stata l’accoglienza riservata, il 9 ottobre scorso, a Benedetto XVI, che nel suo viaggio pastorale in Calabria ha inserito la certosa di Serra come unica meta oltre a quella lametina. Carico di significato simbolico, in questa occasione, è stato il momento in cui l’attuale Pontefice ha partecipato insieme ai monaci alla celebrazione dei vespri nella chiesa conventuale. 

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mini vigili_del_fuocoSERRA SAN BRUNO - Sono stati alcuni passanti, stamattina intorno alle 5, a dare l'allarme per l'incendio sviluppatosi in una palazzina in pieno centro storico e ad allertare i Vigili del Fuoco del distaccamento di Serra San Bruno. La squadra di soccorso ha subito raggiunto Piazza tenente Pietro Tedeschi dove, al terzo piano, su un balcone, si trovava una famiglia intera di sette persone che cercava di rifugiarsi per sfuggire alle fiamme. Con l'ausilio della "Scala Italiana" i vigili hanno subito raggiunto il balcone e hanno tratto in salvo le persone intrappolate. Nel frattempo, il resto della squadra ha sfondato il portone di ingresso del fabbricato e ha così portato in salvo due anziani che si trovavano nell'appartamento ubicato al secondo piano dell'edificio. Successivamente sono intervenute anche le squadre arrivate dal distaccamento di Chiaravalle Centrale e dalla Sede Centrale del Comando, impedendo così che l'incendio si propagasse alle abitazioni limitrofe. Un incendio spaventoso, dunque, che poteva avere conseguenze ancora peggiori di quelle che ha avuto. I servizi sociali del Comune di Serra, intanto, già nella giornata di oggi hanno trovato un sistemazione temporanea per la famiglia che abitava al terzo piano della palazzina e che era rimasta senza una dimora.

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Giovedì, 22 Dicembre 2011 17:12

Silurato l'assessore Zaffino

mini Pdl_Serra_San_BrunoSERRA SAN BRUNO - 221 giorni or sono una nuova squadra, questa volta targata PDL, saliva i gradini di palazzo Tucci e, tra le molte aspettative figlie delle faraoniche promesse fatte in campagna elettorale, si apprestava a sedere sui banchi della maggioranza. Una maggioranza legittimata da 1803 preferenze, assegnate da altrettanti cittadini che hanno deciso di dar credito al tanto sbandierato vento di cambiamento ed alla tanto ostentata sinergia comune-regione. 1803 persone che, tramite il loro candidato di fiducia, hanno consegnato le chiavi della casa comunale a chi prometteva discontinuità col passato ed una nuova, trasparente ed attenta attività amministrativa. La formidabile compagine veniva presentata agli occhi degli elettori come una squadra eterogenea, fatta da un mix, a loro dire perfetto, di altisonanti amministratori regionali e provinciali con tanto di garanzie alle spalle, di giovani leve pronte con il loro entusiasmo a dare nuovi imput e di affermati imprenditori disposti a mettere la loro esperienza a disposizione dell’intera cittadinanza. Una squadra, insomma, capace di dar voce ad ogni strato sociale nella nostra comunità, vogliosa di carpire i problemi che affliggono la cittadina ed i suoi abitanti e smaniosa di risolverli. 

Oggi, sette mesi dopo, alla notizia della revoca della nomina di un assessore, Bruno Zaffino, c’è chi dice “c’era d’aspettarselo”.

Se è vero, come è vero, che le urne hanno attribuito 1803 voti al PDL, è altrettanto innegabile che la maggioranza assoluta dei cittadini serresi, 2791 persone, abbia deciso di bocciare la lista dei berluscones. Durante la campagna elettorale, in molti consideravano quella del consigliere regionale Nazzareno Salerno una presenza più che ingombrante per la futura amministrazione. Si mormorava che in caso di vittoria sarebbe stato lui a gestire le fila dell’amministrazione, condizionandone l’intero operato. Le voci di corridoio non passarono in sordina e dai palchi pidiellini arrivarono le prime smentite. Tuttavia, il detto latino “vox populi vox dei” ha trovato la sua ennesima conferma già dal primo consiglio comunale, quando, in un clima di guerriglia urbana, il neo eletto capogruppo di maggioranza, dopo aver dispensato nomine e deleghe, ha preso il posto di comando per condurre la sua solitaria battaglia. Da solo ha iniziato a relazionare sull’ordine del giorno, da solo continua ad attaccare la minoranza, da solo si difende mentre il resto dei suoi rimane in silenzio, a guardare e forse sentire. Il copione non cambia, fino all’ultimo consiglio comunale, quando interviene per menar vanto degli assessori e della giunta. Intanto nel prosieguo della nuova stagione amministrativa, tra strafalcioni burocratici e presunte illegittimità, si arriva a silurare uno degli assessori, Bruno Zaffino appunto, l’imprenditore che, con i suoi 223 voti, è stato senza dubbio uno dei protagonisti della vittoria.

Un mese e mezzo fa, il nostro collaboratore Bruno Vellone, dalle colonne de “il Quotidiano”, aveva anticipato gli scenari di una possibile rottura tra gli assessori Polito e Zaffino ed il resto della maggioranza. Anche in quel caso arrivò puntuale la smentita. Il duo, dalle pagine dello stesso giornale, bollò come “insinuazioni prive di fondamento” le indiscrezioni. “Insinuazioni” divenute fatti. Fatti per i quali è lecito attendersi una spiegazione politica.

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mini bruno_zaffinoRottura tra l’assessore comunale Bruno Zaffino (foto) e l’amministrazione serrese. Il sindaco Bruno Rosi, questa mattina, ha revocato Zaffino da assessore, ed è stato lo stesso sindaco a comunicarlo al cronista. Bruno Zaffino, quindi, è fuori dalla squadra di governo locale, ed il tutto sancisce, con ogni probabilità, l’apertura di una crisi politica. L’ex assessore non era soltanto uno dei membri maggiormente rappresentativi dell’amministrazione comunale, ma è anche stato il candidato più votato in assoluto - secondo solo al consigliere regionale Nazzareno Salerno - che con una valanga di consensi ha dato un enorme contributo per la vittoria della squadra capitanata dal consigliere provinciale Rosi. Bruno Zaffino non ha mai fatto mistero di essere, da solo, in grado di scompigliare le dinamiche politiche comunali, probabilmente contando su consiglieri che sarebbero a lui vicini come Cosimo Polito e Carmine Franzè, che però non sono mai stati messi alla prova e che potrebbero comunque defilarsi e continuare ad appoggiare la maggioranza, il primo per preservare il posto di assessore, il secondo per non abbandonare il gruppo con cui ha vinto le elezioni. Ancora non si conoscono bene le motivazioni che hanno fatto entrare nel mirino dell’amministrazione pidiellina un assessore tra i più “pesanti” dell’intero esecutivo serrese, ma l’empasse politica in atto sta paralizzando non poco l’attività amministrativa serrese. Lo avevamo annunciato in tempi non sospetti che un rimpasto di giunta ci sarebbe stato e che era soltanto rinviato, e adesso le nostre indiscrezioni, contro le quali corsero immediatamente al riparo i big della politica pidiellina per smentirle repentinamente facendole passare come illazioni, si sono rivelate quanto mai esatte. Insomma, dopo la giunta di Raffaele Lo Iacono con una paralisi amministrativa permanente, dopo il commissariamento prefettizio in seguito allo scioglimento anticipato del consiglio comunale per le contestuali dimissioni di nove consiglieri comunali, ora un’altra stagione politica all’insegna dell’instabilità sembra aprirsi per la cittadina montana, che sembra non poter godere di una gestione amministrativa solida e duratura.

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mini orsola-fallara

E' indagato per falso in atto pubblico per la vicenda tristemente nota come "caso Fallara" - l'indagine sul buco riscontrato nei conti del comune di Reggio - ma si dice "sereno" ed è convinto di aver chiarito la sua posizione. Il presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti, uscendo ieri dal Cedir, il palazzo della Procura, ha ostentato tranquillità: "Ho soltanto chiarito la mia posizione rispetto alle vicende contestate - ha spiegato -  evidenziando, così come è scritto dagli stessi ispettori ministeriali, il distinguo tra le competenze, che sono gestionali in capo ai dirigenti, e quelle in capo alla politica. Ho dimostrato in maniera chiara la mia estraneità alla vicenda". Scopelliti è stato interrogato per quasi due ore dal procuratore capo Giuseppe Pignatone, dall'aggiunto Ottavio Sferlazza e dai pm Sara Ombra e Francesco Tripodi. Il contenuto dell'interrogatorio è ovviamente top secret, ma il breve commento che Scopelliti ha affidato ai cronisti lasciando la Procura è pesante, e l'interpretazione necessariamente univoca. L'ex amatissimo sindaco del comune di Reggio, eletto e rieletto a furor di popolo, ha apertamente scaricato la Fallara, dirigente comunale del settore finanze suicidatasi un anno fa ingerendo acido muriatico.

Era proprio dicembre, infatti, quando la donna, tra i burocrati più vicini a Scopelliti, si tolse la vita dopo essere stata indagata per essersi auto liquidata illegittimamente centinaia di migliaia di euro. Dall'indagine della Procura reggina, tra l'altro, emersero analoghi pagamenti non dovuti da parte del comune all'architetto Bruno Labate, allora legato sentimentalmente proprio alla Fallara. Lo stesso Bruno Labate divenne in seguito il capo della delegazione romana della Regione Calabria, un incarico "parcheggio" in attesa di arrivare a Fincalabra, almeno così ha sostenuto lui stesso spiegando che queste nomine erano arrivate grazie alla mediazione della Fallara nei confronti di Franco Zoccali, oggi dirigente generale della Regione, e di Scopelliti. E' chiaro dunque che Orsola Fallara fosse una persona di fiducia del presidente della Regione, anche alla luce - come scrive Giuseppe Baldessarro sul Quotidiano di oggi - del fatto che essendo una dirigente esterna era stata chiamata a guidare l'ufficio finanze del comune con un incarico fiduciario. Ma, secondo Scopelliti, questa sua fiducia sarebbe stata tradita, e la dirigente avrebbe agito autonomamente. La politica, dice il presidente, non poteva sapere, e quindi tutte le colpe sono della Fallara.


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