Il Vizzarro.it - quotidiano online
Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
Di seguito il testo del manifesto affisso stanotte per le vie di Serra San Bruno:
Egr. sig. Sindaco
ci rivolgiamo di nuovo a Lei per chiederLe chiarezza in merito alla precaria situazione in cui versa l’ospedale cittadino e per conoscere la posizione che la Sua maggioranza intende assumere al fine di difendere e rilanciare l'unico baluardo sanitario del nostro territorio. E’ chiaro a tutti che l’ospedale “San Bruno" e', ormai, avviato sulla strada di una progressiva chiusura, senza che alcun rappresentante politico del territorio abbia preso alcuna iniziativa. A sentire le promesse fatte da Lei e dalla Sua maggioranza in campagna elettorale, Serra San Bruno avrebbe dovuto avere un nosocomio d'avanguardia. A distanza di quasi un anno vorremmo sapere che fine abbia fatto “L’ospedale del futuro”Il Comitato Civico Pro-Serre ha vinto una battaglia, ma la guerra in difesa dell’ospedale di Serra San Bruno continua, nella convinzione sempre più forte che solo i cittadini, ormai, possono difendere i propri diritti e possono difendere se stessi dalla malapolitica che ha emarginato e mortificato il nostro territorio. Il Comitato stasera metterà fine all’occupazione del Municipio perché S.E. il Prefetto ha accettato di incontrare, domani mattina alle 10, una nostra delegazione.
Quella di ieri è stata una giornata storica per il comprensorio delle Serre. Almeno 4mila persone hanno risposto all’appello del Comitato, scendendo in piazza per chiedere dignità per un popolo a cui è stato tolto il diritto alla saluteAl culmine della straordinaria manifestazione svoltasi stamattina a Serra San Bruno il Comitato civico Pro-Serre, in lotta per la difesa dell’ospedale “San Bruno”, ha occupato il municipio della cittadina montana come estremo atto di protesta contro i tagli della sanità che hanno messo in ginocchio un territorio già di per sé svantaggiato ed emarginato. Il Comitato continuerà la sua occupazione ad oltranza, finché il commissario ad acta Scopelliti non prenderà in considerazione le richieste del popolo serrese, ormai stanco della politica delle promesse e degli annunci.
SPADOLA – A poco più di dieci giorni dal termine ultimo per la presentazione delle liste per il rinnovo del consiglio comunale, nel borgo della Minerva si respira un’atmosfera di calma apparente. Il clima non sembra certo quella della vigilia di una competizione elettorale, tuttavia, da più parti, giungono segnali di inquietudine che indicano, inequivocabilmente, l’avvio delle grandi manovre. Stando ai rumors ed alle indiscrezioni che circolano con insistenza, allo stato, l’unica certezza dovrebbe essere quella rappresentata dalla ricandidatura del sindaco uscente, Giuseppe Barbara. Supportato dai componenti di “Identità spadolese”, la lista che si aggiudicò il turno di ballottaggio nel 2010, l’attuale primo cittadino, starebbe lavorando alla composizione della nuova squadra. Alla luce del decreto legge n. 158, del 13 agosto 2011, convertito, con modificazioni, in legge 14 settembre 2011 n. 148, con cui è stata stabilita la nuova composizione degli organi, la nuova lista dovrà esser composta da soli sei candidati (più il candidato a sindaco), con la conseguenza che qualcuno tra i consiglieri uscenti dovrà fare un passo indietro. In attesa di conoscere i nominativi che andranno a comporre la lista capeggiata da Barbara, l’attenzione degli osservatori si sta concentrando sul variegato fronte degli antagonisti. Dopo la rottura consumatasi tra i componenti la maggioranza che ha guidato il comune fino al 2009, ovvero fino a quando il Consiglio di Stato ha sostanzialmente decretato il ricorso al turno di ballottaggio, si è consumata un’autentica diaspora. Tra gli ex componenti della lista “Spatula nel cuore della gente” sarebbe in atto una guerra di tutti contro tutti. Abbandonata la causa dell’ex sindaco Michela Tassone, che sembra, allo stato godere dell’appoggio incondizionato di Bruno Filardo, qualcuno sembra aver iniziato a lavorare in proprio. Stando alle indiscrezione, si dovrebbe assistere, quindi, alla frammentazione delle forze antagonista all’attuale maggioranza. Da quanto trapela, infatti, Michela Tassone, seppur orfana della gran parte dei componenti la sua vecchia squadra, starebbe lavorando alla costituzione di un proprio raggruppamento. Sul fronte dei “ribelli” ci sarebbe l’ex consigliere Mariano Bertucci, eletto nel 2007 con ventinove preferenze e pronto a mettersi alla testa di un proprio raggruppamento. Sembra perdere consistenza, anche se non è tramontata del tutto, l’ipotesi della discesa in campo di Vito Primerano, un altro transfuga del gruppo Tassone. Come se non bastasse, ad ambire alla rappresentanza dei circa seicento elettori spadolesi, pare potrebbe esserci, anche, il ritorno dell’ex sindaco Domenico Marchese, il quale, avrebbe avviato le consultazioni per la costituzione di un’ulteriore lista. Un quadro composito ed in continua evoluzione che, alla fine, potrebbe riservare qualche clamorosa sorpresa.
“La giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie”, in programma per mercoledì nella cittadina della Certosa, rappresenta un appuntamento importante, per continuare a celebrare il ricordo di uomini e donne che non hanno abbassato la testa, che non hanno voluto girarsi dall’altra parte. Rappresenta, soprattutto, l’occasione per perpetuare la memoria di quanti hanno deposto la longanesiana bandiera del “tengo famiglia”, per combattere, anche, per chi quella bandiera ha voluto tenerla ben stretta. Tuttavia, le manifestazioni come quella di mercoledì, non possono essere appannaggio di quelli che Sciascia definiva i “professionisti dell’antimafia”. Per tale motivo, è necessario avviare una serie di constatazioni e di considerazioni destinate ad andare al di là di una riflessione di carattere ordinario. La virulenza e l’ampiezza dell’attacco, sferrato dalla criminalità, non di rado, ha indotto gli esponenti politici ad aprire tavoli di confronto, a svolgere consigli comunali aperti, ad organizzare manifestazioni e fiaccolate. Il tutto, nell’ottica di sensibilizzare un’opinione pubblica, spesso, restia a spendersi in prima persona. Non v’è dubbio, che tali iniziative possano svolgere un’importante funzione pedagogica. Tuttavia, per contrastare un fenomeno è necessario comprenderlo in tutte le sue sfumature ed accezioni. Prima di procedere ad un’accurata disanima del fenomeno sarebbe, quindi, opportuno individuare la tipologia umana che lo anima e lo produce. In altri termini, sarebbe necessario porre un interrogativo: “chi è il mafioso?”. Nell’oleografia popolare, il malavitoso può assumere le vesti del bandito o del brigante che, quasi con fare romantico, armato di coppola e doppietta, assiepato dietro qualche albero di alto fusto, lava col sangue le sue vendette. Un tale stereotipo, però, per quanto suggestivo non aiuta a tratteggiare correttamente i contorni di un fenomeno, le cui manifestazioni assumono un carattere tutt’altro che individuale. Ricorrendo all’ausilio di un noto dizionario della lingua italiana, potremmo “scoprire” che, dietro al temine mafioso si cela in realtà: “il componente di un’associazione segreta di persone che si dà aiuto reciproco e che per il proprio interesse é pronto a disprezzare ed a calpestare la legge e la morale”. A questo punto, i contorni, per quanto meglio definiti, possono indurre in errore, poiché, se il mafioso è un individuo che mette in atto azioni illegali per raggiungere il proprio fine, non si può non rilevare come tali atteggiamenti, spesso, permeino settori che dovrebbero esserne del tutto immuni, a partire dal mondo politico. Quante volte, infatti, la classe politica, in questa nostra regione, approfittando della posizione e della funzione che occupa, disprezza e calpesta quella legge e quella morale che dovrebbe essere alla base del vivere civile? Se quindi, per mafioso, intendiamo, non solo gli atti che presuppongono violenza fisica, ma anche quelli caratterizzati dalla sopraffazione, dalla discriminazione, dal sopruso, il quadro diviene molto più complesso ed affollato. Se è vero come è vero, che, incendiare un automobile, devastare un pubblico esercizio, esplodere colpi d’arma da fuoco contro chiunque può essere considerato l’inequivocabile indizio di un comportamento mafioso, è altrettanto vero che, più subdoli e non meno criminali mezzi di pressione possono essere esercitati in maniera differente. Non è forse un atteggiamento “mafioso”, in quanto prevaricatore, stravolgere una graduatoria, falsare un concorso, indirizzare un appalto, ai danni della stragrande maggioranza dei cittadini? Non è forse un atteggiamento “mafioso”, in quanto immorale, distribuire incarichi, prebende e regalie ai danni della collettività? Non è forse un atteggiamento “mafioso”, in quanto vessatorio, esercitare pressioni e ricatti per estorcere consensi durante le competizioni elettorali? Non è forse un atteggiamento “mafioso”, in quanto illegale, chiedere voti in cambio di false promesse o favori personali che poi è la comunità a dover pagare? Purtroppo, si potrebbe continuare a iosa, visto che ciò che manca non sono gli esempi negativi, bensì le pubbliche virtù. Tali “vizi” o, forse come li avrebbe definiti un frenologo, tare antropologiche coincidono con una forma mentis che non può, purtroppo, mutare con una fiaccolata o con un convegno più o meno pomposo. Quale allora la strategia, la strada da intraprendere e seguire per debellare quello che, altrimenti, rischia di configurarsi come un fenomeno sociale? Partendo dalla banale considerazione che in tali campi non vi sono ricette miracolose o salvifiche si potrebbe, ad esempio, cercare di sensibilizzare o educare l’opinione pubblica con l’esempio. La classe politica, quale espressione della parte più elevata della società, dovrebbe avere il compito e la funzione di restituire dignità anziché toglierla, dovrebbe tutelare i diritti anziché calpestarli, dovrebbe svolgere le mansioni istituzionali in nome e per conto dell’intera comunità e non in funzione degli interessi del “clan” di riferimento. Certo, educare con l’esempio è difficile, poiché comporta sacrifici e scelte coraggiose, ma soprattutto, in molti casi, non aiuta a far comprendere la reale dimensione del potere che, come amava ripetere Talleyrand, “si misura con l’abuso che se ne fa”.
Riceviamo e pubblichiamo:
In attesa di capire se sarà possibile rompere il muro di silenzio sollevato dalla maggioranza per tenere nascoste le inconfessabili motivazioni che hanno portato alla defenestrazione dell’assessore Zaffino, a sentire le dichiarazioni, più o meno ufficiali, rilasciate dal sindaco, a Serra non ci sarebbe nessun problema acqua. Il liquido che sgorga dai rubinetti, a suo dire, sarebbe potabile, quindi, buono da bere. In questi giorni, inoltre, sul sito ufficiale del comune sono stati pubblicati i risultati delle analisi dell’acqua, dai quali risulta che tutto è in regola, non c’è nessun problema, tutti i parametri sono perfettamente nella norma. Eppure qualcosa non torna. Da quasi dieci giorni, diversi cittadini continuano a segnalarmi l’acqua sporca che sgorga dai rubinetti delle loro case. Soprattutto dalle utenze situate tra via G.M. Pisani e viale Certosa continua sgorgare acqua sporca, giallognola e limacciosa. Le ultime segnalazioni, in ordine di tempo, risalgono, una, alla mattinata di venerdì scorso, quando un cittadino mi ha consegnato un campione prelevato dal rubinetto della propria abitazione (vedi foto) situata in prossimità di via G. M. Pisani, l’altra, di ieri mattina proveniente da un’abitazione ubicata in una delle traverse di via Catanzaro Nonostante le rassicurazioni dell’amministrazione comunale che, inspiegabilmente, continua, a minimizzare, la situazione dell’acqua desta allarme e preoccupazione. Viene da chiedersi, quindi, come, alla presenza di prove incontrovertibili, si possa continuare a sostenere la bontà dell’acqua. Al contrario, ciò che sgorga nelle case di molti serresi non può essere assimilato in nessun modo all’acqua potabile. Tutti sanno che l’acqua gialla non esiste neppure nei cartoni animati dei Simpson, a Serra, invece, sta diventando la norma. Di fronte ad un problema di tale rilevanza non ci si può limitare a leggere i risultati della analisi che, con tutta evidenza, sono quotidianamente smentiti dalla realtà. A ciò si aggiunga, che quella dell’acqua, purtroppo, è una vicenda spinosa che si trascina da diverso tempo. Non è un caso, infatti, che il tema sia stato oggetto della campagna elettorale, tant’è che l’attuale sindaco aveva assunto impegni precisi, per quanto ridicoli, ovvero l’individuazione di nuove sorgenti mediante l’impiego di “boscaioli armati di piccone”. Viene, quindi, da chiedersi sulla base di quali elementi, gli attuali amministratori, possano, oggi, rassicurare i cittadini pur avendo candidamente ammesso di non aver fatto assolutamente nulla per risolvere il problema. Tanto più, se il problema era presente nel passato, non si capisce bene come possa essersi magicamente risolto. In ogni caso, per fugare ogni dubbio, sindaco ed assessori potrebbero sorseggiare pubblicamente l’acqua. Ovviamente quella gialla che sgorga dai rubinetti!
Mirko Tassone ("Al lavoro per il cambiamento")
La visita del 9 ottobre scorso del Santo Padre Bendetto XVI alla Certosa di Serra San Bruno ha offerto alcuni spunti di riflessione sul significato della vita certosina, del silenzio e del ruolo del monaco che vigile come “un mozzo” scruta l’orizzonte e perciò il futuro. Da qui sono nate delle domande che abbiamo posto al Padre Priore della Certosa Dom Jacques Dupont che ha accolto il Papa e che vive la vita certosina fatta di clausura, preghiera e silenzio, ormai da oltre quaranta anni, facendo lo stesso percorso dalla Chartreuse di Grenoble alla Certosa di Serra che oltre mille anni fa, fu quello di Bruno da Colonia.
La recente visita di Sua Santità Benedetto XVI alla Certosa di Serra San Bruno è stata un fondamentale atto di riconoscenza nei confronti della spiritualità certosina, lo stesso Santo Padre ha definito questo luogo come “Cittadella dello Spirito”. Dopo questa visita, nel cuore dei certosini possiamo dire che sia nata qualche consapevolezza in più?SERRA SAN BRUNO - E' una morte atroce quella a cui è andata incontro Rosa Tassone, 80enne serrese che viveva da sola a due passi da corso Umberto I. L'anziana donna, oggi pomeriggio, è stata trovata morta riversa sul braciere che usava per riscaldarsi, mentre la sua casa andava a fuoco. Ad accorgersi del fumo che fuoriusciva dalle finestre sono stati i vicini di casa, che hanno forzato la porta d'ingresso ma che non sono riusciti ad entrare a causa del divampare delle fiamme. L'incendio è stato domato dai Vigili del fuoco del distaccamento di Serra San Bruno, subito intervenuti, ma purtroppo per la donna non c'era più nulla da fare. Secondo una prima ricostruzione, Rosa Tassone potrebbe aver accusato un malore a causa delle esalazioni del braciere, e potrebbe aver perso conoscenza cadendo sulle braci, che l'hanno uccisa. Una morte tremenda che ha lasciato sgomenti parenti e vicini di casa della donna, una delle ultime rappresentanti di quella civiltà contadina che va ormai sparendo e che ha costituito la spina dorsale della società serrese. Una parente di Rosa Tassone che si occupava di lei, recentemente le aveva chiesto di utilizzare una stufa elettrica, ma lei ha insistito per tenersi il suo braciere, compagno forse unico di tante serate solitarie diventato, purtroppo, lo strumento di un destino crudele.
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