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Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
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A distanza di circa dodici anni, la Corte di Cassazione ha posto la parola fine agli omicidi di Nicola Abruzzese ed Antonino Bevilacqua, freddati a cavallo tra il 2003 ed il 2004, nell'ambito della guerra per il predominio della vasta area della Sibaritide.
Le Squadre Mobili di Vibo Valentia e Catanzaro hanno tratto in arresto Nunzio Manuel Callà, 28enne, coinvolto nell'operazione "Gringia" scattata alla fine del 2012, che ha fatto luce su alcuni omicidi rientranti nell'ambito della faida tra le cosche del Vibonese. Callà è stato sorpreso in un casolare di campagna, a Spilinga. Assieme a lui c'era anche Bruno Pisano, finito in manette con l'accusa di favoreggiamento. Durante una perquisizione, gli agenti hanno trovato bottiglie di champagne, confezioni di gamberoni e 9.500 euro in contanti. Nel nascondiglio c'erano anche documenti che gli agenti hanno definito "di estrema importanza investigativa" e sui quali sono in corso accertamenti.
Gli agenti del Commissariato di Polizia di Serra San Bruno, guidati dal dirigente Antonio De Tommaso, hanno tratto in arresto Walter Loielo, 20enne di Gerocarne, con l'accusa di detenzione abusiva di arma da fuoco, cartucce e coltelli. Nel corso di una normale perquisizione presso l'abitazione del giovane, è stata rinvenuta una pistola Beretta calibro 7,65 pronta all'uso, numerose cartucce, due ricetrasmittenti ed un passamontagna. Il tutto sarebbe servito per il compimento di un agguato. Espletate le formalità di rito, Loielo è stato tradotto nel carcere di Vibo Valentia, dove rimarrà a disposizione della magistratura. In base a quanto accertato dagli inquirenti, l'uomo apparterrebbe all'omonima famiglia coinvolta nella guerra di mafia contro il clan degli Emanuele, che sta insanguinando il territorio delle Serre vibonesi. Il fratello Cristian, inoltre, sta scontando una pena in carcere nell’ambito dell’operazione “Gringia”, scattata nel 2012 per far luce, da un lato, sulla faida fra i Patania di Stefanaconi e le consorterie di Piscopio e, dall’altro, sulla guerra che ha ha opposto gli stessi Patania ad altri clan rivali di Stefanaconi, legati al gruppo dei Bartolotta. Walter Loielo è anche cugino di Valerio, ferito nel luglio scorso di un agguato scattato tra Sorianello e Soriano, e di Rinaldo Loielo, arrestato l’anno scorso a Gioia Tauro perché trovato in possesso, dopo la perquisizione della sua autovettura, di una bomba che doveva essere utilizzate nel corso della faida per colpire i piscopisani.
Il Gico del Nucleo di Polizia tributaria di Catanzaro ha confiscato beni per un valore complessivo di 472mila euro a Michele Lentini, presunto esponente del clan Sia-Procopio-Tripodi, operante nel Soveratese e legato, secondo gli inquirenti, ai Novella di GUardavalle, ai Vallelunga di Serra San Bruno e ai Costa di Siderno. Tra i beni confiscati una casa, un appezzamento di terreno, un deposito, un'auto di lusso, quote societarie e diverse disponibilità bancarie e finanziarie. Lentini è un personaggio già noto alle forze dell'ordine in quanto, nel dicembre del 2011, era finito in manette nell'ambito dell'operazione "Showdown", con la quale gli investigatori hanno fatto luce sia sugli affari del sodalizio nell'area ionica soveratese, che su numerosi fatti di sangue inquadrabili nella cosiddetta "seconda faida dei boschi". Nell'ambito della stessa inchiesta, Lentini è accusato dell'omicidio e dell'occultamento del cadavere di Giuseppe Todaro, scomparso nel dicembre 2009 e vittima di "lupara bianca".
A sei anni dal duplice tentato omicidio di Romana Mancuso, 69 anni, e del figlio Giovanni Rizzo, 42, avvenuto il 26 maggio 2008 a Nicotera, gli agenti della squadra mobile di Catanzaro, guidati dal dirigente Rodolfo Ruperti, hanno tratto in arresto un esponente della famigerata consorteria mafiosa di Libadi: si tratta di Giuseppe Antonio Mancuso, 25enne, accusato appunto del tentato omicidio della prozia e del figlio.
VIBO VALENTIA - Salvatore Lazzaro pensava di essere al sicuro. Nella casa della sua famiglia, nelle Preserre Vibonesi, seduto sul divano al pian terreno, non poteva sapere di essere nel mirino dei killer appostati sotto la sua finestra. Il 23enne di Savini, frazione di Sorianello, era agli arresti domiciliari perchè coinvolto in un’operazione antidroga della Procura di Torino. Aveva dei precedenti, era legato da amicizie e parentele a un gruppo di giovani che adesso qualcuno vuole sterminare. Storie sbagliate, storie di ragazzi uccisi a colpi di lupara, forse da coetanei, in una striscia di terra, tra Ariola di Gerocarne e Savini, insanguinata dal ritorno di una vecchia, feroce, faida di ‘ndrangheta. Che potrebbe non essere circoscritta alle Preserre, ma essere frutto di manovre occulte, di una guerra fredda tra cosche ben più potenti, se non addirittura tra mandamenti.
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