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A distanza di circa dodici anni, la Corte di Cassazione ha posto la parola fine agli omicidi di Nicola Abruzzese ed Antonino Bevilacqua, freddati a cavallo tra il 2003 ed il 2004, nell'ambito della guerra per il predominio della vasta area della Sibaritide.
La Suprema Corte, infatti, in base a quanto riportato dal "Quotidiano del Sud", ha condannato all'ergastolo ed alla pena di 14 anni di reclusione rispettivamente il boss delle Preserre vibonesi, Bruno Emanuele (difeso dagli avvocati Vincenzo Galeota e Giancarlo Pittelli) e l'ex capobastone di Cassano allo Ionio, Antonio Forastefano, alias "Tonino il diavolo", assistito dall'avvocato Sante Foresta.
Due agguati perfetti, insomma, quelli portati a termine dai due imputati che, prima ancora, si erano "giurati" reciproco supporto, avviando di fatto una collaborazione che aveva i maggiori introiti nel traffico di sostanze stupefacenti provenienti dall’altra sponda dell'Adriatico: quella albanese.
Una guerra di mafia, dunque, quella della Sibaritide, nata appunto dall'accordo di ferro tra il padrino di Cassano (ora pentito) e quello delle Preserre vibonesi, il primo dei quali si è sempre assunto la paternità dell'omicidio di Nicola Abruzzese, reggente dell'omonimo clan degli Zingari, avvenuto nel giugno del 2008 davanti ai figli, a pochi passi dalla caserma dell'Arma dei carabinieri di Cassano; mentre Emanuele è stato, invece, l'esecutore materiale degli agguati.
Due omicidi, questi, per i quali dopo diversi anni la Cassazione è riuscita a fare luce, condannando sia Antonio Forastefano che Bruno Emanuele.
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