Il Vizzarro.it - quotidiano online
Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
L’asserzione del titolo può sembrare una boutade o anche un’iperbole eppure il primo libro di Carmine Abate (se si eccettua una raccolta di versi) è stato proprio un’interessante saggio sul mondo dell’emigrazione calabrese scritto a quattro mani con la moglie Meike Behrmann e apparso in Germania per i tipi di Campus Verlag corredato da un prestigioso saggio di Norbert Elias. Il libro pubblicato in Italia con il titolo “I Germanesi” nel 1986 (Pellegrini) è stato di recente riproposto in coedizione da Rubbettino e Ilisso nella collana “Scrittori di Calabria”.
Ma perché tanta attenzione a questo saggio?
Perché contiene già i temi cari a Carmine Abate: la vita e i rapporti sociali all’interno delle piccole comunità rurali, l’emigrazione, il mondo Arbereshe, la difficile identità “di frontiera” degli emigrati, specie di quelli Albanesi costretti a un duplice processo di sradicamento e riadattamento non sempre facile a nuovi contesti culturali...
Frutto di una lunga ricerca sul campo, svolta in parte in Germania e in parte in Italia dal 1978 al 1982, il libro racconta la vita di una comunità e dei suoi abitanti. Il paese preso in esame è Carfizzi, paese natale dello scrittore, in provincia di Crotone, dove vive una delle numerose comunità Arbereshe della Calabria. Uno dei punti cardine del volume è l’analisi dei rapporti tra i membri della comunità e un gruppo di compaesani emigrati in Germania (i germanesi, appunto). Rispetto ad altri lavori sull’emigrazione qui la prospettiva è completamente rovesciata: non si studiano tanto le implicazioni dell’emigrazione ma i mutamenti sociali che questa ha creato partendo proprio dai rapporti con la comunità d’origine.
Un libro dunque di grande interesse, forse finora poco letto e conosciuto, ma che gli estimatori del narratore calabrese dovrebbero certamente leggere per comprenderne a fondo l’opera e gli orizzonti culturali.
Antonio Cavallaro
(ufficio stampa Rubbettino editore)
Si tornerà al voto prima del previsto a Cardinale. Il prefetto di Catanzaro, Antonio Reppucci, ha sospeso infatti il Consiglio comunale della cittadina delle pre-serre calabresi in seguito alla presentazione delle dimissioni firmate da ben sette dei dodici componenti dell’assise. A rassegnare le dimissioni sono stati i consiglieri di maggioranza Nicola Mantello, Rosalba De Fazio e Lina Mammone e per la minoranza Pino Marra, Cosimo Mantello, Catiuscia Mazza e Ivan Posca. Spetterà ora allo stesso Prefetto nominare un commissario prefettizio, che secondo le prime indiscrezioni sarà il viceprefetto aggiunto Domelia Ruffini, che amministrerà Cardinale fino alla data delle prossime amministrative. L’ormai ex-primo cittadino Orlando, che vinse le elezioni del 2009 a capo di una lista civica, potrà ripresentarsi in quanto sindaco per un solo mandato.
SERRA SAN BRUNO - A sentire il sindaco Rosi dai palchi della campagna elettorale, a Serra, negli anni avvenire avremo mangiato pane e cultura. Un sentiero vergine da battere con l’ausilio di tanti assi nella manica: il vecchio carcere da ristrutturare e da adibire a biblioteca comunale, il mercato coperto convertito in teatro, l’ex kursaal trasformato in centro convegni. Per un paese, tutt’ intero, che sarebbe divenuto presto capitale spirituale d’Europa. Che poi a dire il vero, in che cosa sarebbe consistito questo tanto sbandierato titolo mistico continentale, nel concreto non lo ha mai saputo nessuno. Forse neanche lui.
Poi passano i mesi e le linee di demarcazione si fanno più sottili, i dubbi si sciolgono, i proclami si scoloriscono. Oggi tutti ci vedono chiaro. E le promesse si sono rivelate eloquenti bugie: a Serra della ‘cultura’ non s’è vista neanche l’ombra. Ma quel che è peggio è che proprio da parte dell’amministrazione stessa, con cadenza quasi quotidiana, arrivano pesanti contributi a sostegno di questo inarrestabile sprofondo intellettuale che sta inghiottendo tutto il paese. Sempre più in basso.
La scorsa domenica, il 26 agosto, immerso nel suggestivo scenario del santuario di Santa Maria si è tenuta un’interessante rassegna volta a valorizzare oltre che le risorse artistiche, anche quelle letterarie, culturali e spirituali del nostro territorio. L’evento, organizzato dal caffè letterario ‘Civitas Bruniana’ presieduto dal professor Bruno Tozzo, ha riunito pittori, scultori, fotografi, poeti, scrittori e molti altri artisti serresi. Un lodevole contributo volto a stimolare il risveglio della cultura cittadina, partendo proprio dai propri nomi. Da quello che già abbiamo in casa.
La mostra ha ricevuto il patrocinio del comune di Serra San Bruno, ma solo sui manifesti. Infatti il sindaco si è reso latitante per tutta la giornata, e quindi il suo intervento atteso e previsto in scaletta, non è mai arrivato. Oltre al danno la beffa. Gli artisti invitati all’iniziativa, una ventina di giovani mossi dall’estro e, soprattutto, dalla passione artistica, e per cui chiaramente non era previsto alcun rimborso spese o cachet, hanno trovato un’amara sorpresa ad attenderli alla fine dell’evento. Una multa ciascuno schiacciata sotto al tergicristallo delle rispettive auto. Divieto di sosta. Euro 40.
Inizialmente gli artisti avevano avuto il libero accesso alla zona pedonale per agevolare le manovre di carico e scarico delle stampe, delle sculture, dei quadri e dei cavalletti su cui esporre le opere, poi senza ricevere alcun preavviso o invito a spostare le auto, si sono appunto ritrovati con le contravvenzioni in bella mostra sul lunotto. Per evitare questa ennesima figuraccia, a discapito di ragazzi che dopo tutto si stavano solo impegnando a valorizzare il buon nome della città agli occhi dei molti visitatori e turisti presenti ai piedi del Santuario di Santa Maria, sarebbe servito solo un pizzico di buon senso e di raziocinio. Sarebbe bastato un avviso, un accenno da parte dell’addetto della polizia municipale e le auto sarebbero state presto sgombrate ed anche questa disavventura si sarebbe evitata. A nulla sono servite le contestazioni da parte di chi comunque stava semplicemente agendo per dare lustro al buon nome di Serra, di quella ventina di artisti serresi capaci, in un solo pomeriggio, di contribuire alla diffusione della cultura locale molto più di quanto abbia saputo fare l’intera classe dirigente in un anno e tre mesi di amministrazione.
Forse è arrivato il momento di iniziare a pensare che la ‘cultura’ non è per noi serresi. Non ci appartiene, anzi non la meritiamo. Perché le amministrazioni non le impone nessuno. Si scelgono. E questa è quella che abbiamo scelto. Basti pensare che nell’anno del primo centenario della morte di Mastro Bruno Pelaggi, nessuno degli amministratori si è ancora preoccupato anche solo di pronunciare il nome del ‘poeta scalpellino’. Di spendere una parola a riguardo. Come se non fosse mai esistito. Anzi come se fosse stato un criminale, una piaga sociale da dimenticare, una pagina nera da nascondere. Di cui meno se ne parla e meglio è. Invece, in realtà, è Mastro Bruno, una delle voci poetiche dialettali più interessanti e meritevole di attenzione della storia letteraria e sociale dell’intero Meridione.
Ieri matrimoni, ricevimenti, battesimi, feste e festini. Oggi meticci. Cani di tutte le taglie con le catene incarnate al collo e che si sbranano a vicenda. Affamati, maleodoranti e sporchi.
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