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Riceviamo e pubblichiamo
 
 
E mentre ci accingiamo a scegliere chi a livello nazionale dovrà governarci, i risultati locali ci dimostrano chiaramente un clamoroso fallimento dell’amministrazione targata PDL.
Così come accaduto per il tanto decantato “contratto con gli italiani” propinato a suo tempo  dal padre del PDL nazionale ed oggi nuovamente in auge, anche i nostri amministratori locali, da buoni adepti, non  hanno adempiuto quasi a nulla degli impegni assunti.
 
Che molte delle promesse fatte fossero solo fantapolitica l’avevamo detto a gran voce durante la campagna elettorale e pur sapendo che, in momenti difficili si è più portati a credere a ciò che si vorrebbe che non a ciò che è, abbiamo scelto di investire sulla correttezza, sulla verità, sulla trasparenza sacrificando il risultato elettorale al cospetto della lealtà e del rispetto nei confronti dei cittadini serresi.
 
Oggi però è doveroso, per chi quelle promesse le ha fatte, ricordarle ed ammettere, vista la mancata attuazione di molti degli impegni assunti, la malafede delle parole a suo tempo pronunciate o, in alternativa, l’incapacità di dare seguito a quanto, magari, si riteneva di poter realizzare.
 
La maggioranza comunale deve quindi interrogarsi su quanto sin ora fatto e dare conto ai propri elettori  ed alla cittadinanza tutta di dove sono finiti i cento posti al Parco delle Serre con cui si sono illusi tanti  giovani; dove sono i finanziamenti per aiutare le giovani coppie a costruire una propria famiglia; dov’è quell’ospedale del futuro che avrebbe dovuto dare il meglio ai nostri ammalati; dove  il turismo religioso che avrebbe dovuto far rinascere l’economia serrese,  ma, soprattutto,  di dov’è l’amministrazione.
 
Ai cittadini, già provati dalla crisi economica,  stanno venendo gradualmente meno i beni essenziali della vita ma i nostri amministratori sembrano non esserne toccati.
 
L’ospedale è stato pressoché chiuso senza che dalla maggioranza si levasse la benché minima voce di protesta di fronte al dictat di partito; l’acqua continua a sgorgare lurida dai rubinetti ma, nonostante gli impegni assunti, ad oggi, non è stata resa autonoma neanche la più piccola fonte  del paese dove consentire almeno ai più anziani di fare rifornimento; l’isola ecologica è in condizioni tali da non poter più essere definita tale con potenziali pregiudizi per la salubrità dell’ambiente e la salute stessa delle persone.
 
A ciò aggiungasi una disastrata viabilità cittadina che gravi danni causa, oltre che alle vetture degli automobilisti, anche alle casse comunali; il fenomeno del randagismo ormai fuori controllo; lo stato di abbandono in cui versano tante importanti aree del paese anche in forza di una differenziata che funziona a singhiozzo; i disagi di alcuni lavoratori precari che lamentano, oltre che la mancata regolarità nel pagamento degli stipendi, anche l’assoluta mancanza di dialogo con gli amministratori.
 
Quell’inerzia da parte della maggioranza che già da tempo come Partito Democratico  avevamo rilevato sembra, soprattutto dopo l’arrivo della commissione d’accesso, essersi trasformata in un assoluto assenteismo amministrativo e sociale tanto da dare l’impressione che, dietro quella ostentata sicurezza, ci sia effettivamente l’ansia di attendere quel che sarà.
 
Ed allora, in attesa di conoscere il verdetto finale, ai serresi non rimane che cercare di andare avanti alla meno peggio e rassegnarsi ad avere un’amministrazione in stand by.
 
 
 
Rosanna Federico
 
Consigliere Comunale del PD
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La dott.ssa Maria Pompea Bernardi, 53 anni, medico d’origini calabresi con una lunga esperienza nel campo della organizzazione dei servizi ospedalieri maturata nell’Azienda-Universitaria di Parma,  si è insediata alla guida dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Vibo Valentia solo dal 24 gennaio scorso, succedendo a Bruno Zito, nominato dal 2010 a capo della Commissione Straordinaria per infiltrazioni mafiose. Maria Bernardi ha deciso fin da subito di “conoscere l’ambito territoriale in cui è stata chiamata ad operare, partendo proprio da un contatto diretto con i Sindaci”. Quindi nel pomeriggio di ieri, nei locali del Distretto Sanitario di Serra, si è tenuto appunto un incontro con i primi cittadini del comprensorio, convocati dalla stessa Bernardi. 
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mini assicurazione-auto-fotogramma_672L’assicurazione della responsabilità civile per moto e autoveicoli è obbligatoria da quando la Legge 990/1969 impose la copertura assicurativa per "tutti i veicoli a motore senza guida di rotaie". Ma nessuno, quarant’anni fa, poteva mai immaginare che col tempo, quella che aveva tutta l’aria di essere una “tassa” utile a conducenti, passeggeri e pedoni, potesse poi trasformarsi in una vera è propria spada di Damocle sospesa, con cadenza annuale, sulla testa degli auto conducenti italiani. Una batosta che, in tempo di crisi, rappresenta un fastidioso ed ulteriore aggravio nelle tasche già scarne di gran parte dei calabresi. Una tassa divenuta insostenibile in particolar modo in Calabria e, più ancora, nelle province di Vibo, Crotone e Reggio.

Infatti secondo la ricerca condotta nell’ambito del progetto “RC Auto. Quando mi costi?”, realizzato dall’Associazione dei Consumatori “CittadinanzAttiva”, proprio i 3 capoluoghi di provincia calabresi sopracitati, risulterebbero tra le prime 10 città italiane in cui per assicurare moto ed auto si paga mediamente di più. Un dato davvero anomalo, vista che la distribuzione dei sinistri nella nostra regione si attesta al 2,2%, una percentuale fra le più basse (al sesto posto sul totale delle 20 regioni italiane).

La situazione RCA rasenta quindi i limiti del proibitivo per le famiglie calabresi, tanto che gli adulti in classe di massimo sconto della nostra regione sono costretti in media ad un esborso di 926 euro annui, mentre la media nazionale si attesta a 661 euro. Ancora più grave la condizione dei neo patentati che in Calabria, secondo la stessa ricerca, sarebbero chiamati a sborsare addirittura 3.423 euro all’anno per l’assicurazione della propria autovettura (la media nazionale si attesta a 2.828 euro annui).

Emergono quindi dati preoccupanti, non solo per la già agonizzante Calabria, ma per tutto il Mezzogiorno in genere. Infatti il caro RC Auto risulta più marcato al Sud (dove un’automobilista adulto spende all’anno 776 euro), leggermente più moderato al Centro Italia (712 euro annui) e ben più basso al nord (547 euro).

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Giovedì, 17 Gennaio 2013 13:26

Leggendo Sole Nero...

 

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Per alcuni autori della letteratura meridionalistica e non solo, molto spesso, l’infanzia o l’adolescenza sono state un utile strumento di lettura e d’analisi: primo per raccontare storie che fossero espressione di un contesto socio-culturale territoriale regionale, se non addirittura nazionale; secondo, evidenziare eventuali fenomeni sociali. E’ il caso di Saverio Strati con il suo “Tibi e Tascia” e “Mani vuote”, di Corrado Alvaro con “Gente in Aspromonte”, di Pier Paolo Pasolini con “Ragazzi di vita” ed “Una vita violenta”, ma anche della letteratura del centro-nord del Paese, come con Fenoglio ed il suo Agostino di “Malora”, di Carlo Cassola con “La ragazza di Bubbe”e per certi aspetti, anche se figura controversa, ma comunque adolescenziale, anche l’Alessandro di “Eroi del nostro tempo” di Pratolini; ed  infine, ultimi, non per ordine d’importanza, Silone e prima ancora di Verga, rispettivamente con il loro Neorealismo politico e Verismo letterario. Ma non sono solo i personaggi di questi romanzi le icone della letteratura sociale del sud del Paese (escludendo i borgatari violenti di Pasolini e le metafore di Pratolini, Fenoglio, Gadda, ecc.) i paradigmi di quegli scenari reali o presunti (molto spesso agropastorali della prima metà del Novecento) che la realtà, pure letteraria, ha oramai consegnato alla storia o alla finzione cinematografica. Più di altri, a raccontarci di tutto questo è il Gesuino di Malifà di Sharo Gambino (Frama e Rubbettino edizioni), l’esempio e  l’emblema  di quel racconto sociale che esce fuori dagli stereotipi della violenza di mafia, di casta sociale o delle vicende degli adulti in generale e ne mette in luce le contraddizioni dell’uomo in quanto essere, e dell’essere sociale con i suoi ma e i suoi perché. L'Autore, per la prima volta nel panorama letterario meridionalistico, in superficie spinge dal fondo dell’abisso della coscienza collettiva, di quel Meridione indifferente ed a volte apatico, in particolare  di quella Calabria rurale, che in parte oramai appartiene al passato, la violenza feroce, distinta dai tratti gentili dell’adolescenza, tratteggiandone aspetti e psicologia, tanto da farne un'unicità ed un caso letterario. Sì, il Malifà di Gambino esce dagli stereotipi e proietta sullo sfondo di quel mondo l’immagine di quella violenza degli adulti, frutto ed effetto di condizionamenti culturali e deviazioni sociali, ma porta in rilievo, soprattutto, un altro tipo di violenza: più cruda, più feroce, più drammatica, perché fatta d’innocenza ed ingenuità; perché perpetrata da bambini in un mondo di adulti violenti, ma subita da un ragazzo per l’espiazione di una colpa che lui non ha commesso, nel momento più bello e più tragico della sua vita. E' quell'attimo in cui, nell'avvertire la gioia inebriante dell'abbracciare e sentire il profumo di un corpo caldo bagnato di  una  donna e  la scoperta del suo stesso, di corpo, con il torpore della ragione e la piacevole inquietudine dell’anima, nell’aprirsi dei sentimenti, lo allontana  così dal suo Dio ( perché sente il paradosso della ragione della fede, sentendo la ragione dell'avvertire), e lo avvicina alla vita degli uomini, però, purtroppo, quando già il suo cammino è oramai segnato (da quel suo stesso Dio?) verso le porte del paradiso. Dall’altra, la visione deistica e l’inculcata percezione della presenza sbagliata di quel  Dio non suo, nonché l’idea di una religiosità opprimente, fatta anche di residuati ancestrali di paganesimo e visione delirante, quasi eremitiana, di primo cristianesimo orientale o da  primo Medioevo; ma anche presenza violenta nell’assenza di un padre e di una speranza insperata per un futuro migliore, lo portano al risveglio della coscienza ed al "lume della ragione," e lo assegnano al mondo delle cose e dell'inquietudine del corpo.

E’ vero, il Gesuino di Gambino con la sua Malifà è un concetto letterario nella Storia, ma che trova la sua origine e si alimenta nell’arretratezza socio-culturale e nell’ignoranza religiosa ed a volte violenta della ruralità sociale di Ragonà e Cassari di Nardodipace, nonché della Calabria degli anni cinquanta, residuali scampoli di una feudalità d’anno Mille. Ma è anche l’espressione di una società morente (perché vittima dei suoi stessi pregiudizi) la quale, non riuscendo a creare tensione connettiva e sviluppo sociale, si ripiega su se stessa e muore. Se la morte del protagonista è la metafora di una società che raggiunge il suo epilogo e si piega su se stessa, sotto il suo stesso peso, dall’altra, però, la presenza di figure, direi minori, poste sullo sfondo: il Fiorello, l’organizzatore di rivolte, l’uomo che rifiuta l’idea manzoniana dell’ineluttabilità della violenza del potere sulla società, fanno dire all’autore che c’è una possibile speranza, anche in quell’emisfero fatto di sottomessi. Purtroppo, il mondo di Gesuino nonostante tutto non è morto, anche se in agonia, mentre quello indicato e suggerito da Fiorello non è ancora nato, perchè Godot,  non è ancora arrivato. Nel riferimento letterario di Malifà, saranno pure cambiate le forme del suo malessere sociale, ma non la sostanza. La terra che vide Gambino fare il maestro serale nel 1959 - “Eroe del nostro tempo!” - sin da più di trent’anni, oramai ha la sua chiesa ed il suo cimitero; non girano più per le strade uomini avvinazzati a portare cadaveri stecchiti al camposanto del vicino paese o durante le lunghe nevicate invernali non si conservano più morti in casa, in attesa di poter aprire un varco lungo distese di neve e scoscesi pendii. Ma il riferimento letterario del Gesuino di Gambino gira ancora, come residuato di ere a noi lontane nel tempo, carico e gravato dei suoi pregiudizi religiosi e della sua idea di giustizia, un po’ ricurvo per il peso degli anni e della sua statura, a volte, con il suo sacco vuoto sulle spalle, e le lunga braccia penzoloni, come rami rinsecchiti. Metafora di una metafora! Figure che la modernità non ha cancellato e che il presente sta sbiadendo, ma comunque, ancora testimoni di un Tempo, come corpi di pietre scolpite su una strana isola: alieni che tracciano scie, senza volerlo, nella memoria delle loro Malifà. Aspetti di un mondo dove la finzione letteraria non ha avuto confini e la realtà, anche d’oggi, è sfumata, dove il bianco dell’uno ed il nero dell’altro intridono l’area di un grigio indistinto. L’idea di speranza di Gambino e di autodeterminazione e presa di coscienza di sé dei malifioti con Fiorello, non è come quella di Silone con il suo Berardo Viola, il quale condisce di visione leniniana pseudo-pararivoluzionaria la pentola della storia dei cafoni della Marsica. Il Fiorello di Malifà, nelle sue istanze ed esigenze di rivolta non ha ambizioni velleitaristiche di organizzare la loro rivolta attraverso il giornale e l’informazione, o di fomentare sedizioni e spedizioni punitive;  non individua nelle classi sociali più abbienti  l’elemento e l’ostacolo d’ abbattere per la creazione di una società comunista (come nel caso della rivolta di Caulonia) ma rivendica il diritto di dissentire e di protestare, nelle regole e con le regole (questa sì è finzione letteraria!) organizzando a sua volta i malafioti, contro quello Stato che gli nega l’identità di cittadino: la mancanza  assoluta di strutture viabilistiche, l’assenza di un medico, di un prete, delle più elementari condizioni di vita sociale. Nella Malifà di Gambino, ovvero, la Ragonà e la Cassari vive degli anni cinquanta, questi sono i temi e gli aspetti che sembrano riportarci, anche se eufemisticamente, all’Eboli leviana. Un mondo al di fuori del tempo e della storia, un mondo dove quel Cristo stenta ancora ad arrivare, anche perché l’assenza di quello stesso Cristo, ne determina la mancanza della critica della ragione e dell’autocritica della coscienza, disponendo così il proprio biglietto da visita, ancora stampato col grigio dell’ignoranza. Il paradosso è che, nonostante il vorticare, a volte  violento, del mondo d’oggi e delle società occidentali, la spinta propulsiva del motore di quel Nazareno, ancora non s’intravvede, e l’attesa di Vladimiro e compagni sembrerebbe inutile. Il viaggio di Girotta da Malifà alla casa del medico, perché visitasse quel corpo morente, sembra essere la metafora dell’assenza di un “cammino”, di quel famoso e più volte evocato Cristo (come il richiamo di Godot, diluito e spalmato sull'attesa dell'eternità) lungo il palcoscenico della vita. Così, le pozioni magiche della Scazzòntara (vicina di casa dei Sambàrvara) mentre Gesuino muore, non ci portano di certo oltre “I morti della collina”, e ci lasciano nel nostro viaggio “dei fatti e delle gesta” - come - “simboli del destino” dei malifioti, molto, molto prima del cimitero di “Spoon River”, e direi nel tempo remoto, anche se fuori dalla storia. E’ “Il mondo dei vinti”. E sebbene sia un universo fatto di una umanità vera, paesaggi reali, sentimenti concreti, come i personaggi alla Concia della Brancaleone del “Carcere” di Cesare Pavese; un universo oramai quasi archiviato dalla grigiosa e sfumata memoria di una senilità traballante, o dalla nebbia del tempo, di ancora sopravvissuti testimoni di un mondo, o ancora come patrimonio collettivo dentro le ingiallite pagine di un libro. Racconti, questi, nati non dall’estro fantasioso di uno scrittore immaginifico, ma solo vicende, a volte non definite col proprio nome, e registrate dall’acuta ed attenta osservazione di uomini che con la loro umanità si sono calati nell’inferno di quel presente.

Vincenzo Nadile

Pubblicato in CULTURA
Martedì, 01 Gennaio 2013 22:21

Serra. L’anno che verrà

mini Corso_UmbertoE’ finito un altro anno, anzi, meglio, per non vedere il bicchiere sempre mezzo vuoto, ne è iniziato un altro. Uno nuovo. Superata la frontiera dei bilanci di fine 2012, è il momento della festa. Dei propositi, quelli buoni. Delle promesse. Dei farò. E come sempre ci si augura addosso quintali di armonia, pace e serenità. Di giorni felici, allegri e spensierati.

Il primo giorno dell’anno è sempre un giorno un po’ speciale, dove ci si illude di cambiare o quanto meno di migliorare. Tutti allegri e sorridenti. Ammaestrati, regolari, affettuosi. Satolli di cibo e colmi di speranza. Ordinati in fila come polli d’allevamento, con la dannata voglia di stare bene, sempre e comunque, in un mondo che va veloce come il tempo. Annegati da riferimenti cronologici artificiosi: “E' il nuovo anno!”.

Pubblicato in LO STORTO

 

mini squadra_sorianoGrazie ad una rete di Macrillò al 9' e di Nesci nei minuti finali del match (gol della bandiera ospite ad opera di Inzillo), il Soriano fa suo il derby contro la Serrese e chiude il 2012 in vetta alla classifica, con quarantadue punti all'attivo, grazie alle quattordici vittorie su altrettante partite disputate finora. I biancoblu di mister Rolando Megna, invece, sono al secondo ko consecutivo, dopo quello di una settimana fa a Badolato. Incontro dominato dal Soriano per quasi tutti i novanta minuti. Serrese quasi mai pericolosa. Mister Baroni decide di affidarsi al solito undici: Boragina, Simonetti, Romeo, Baroni, Orecchio, Frijia, Gambino, Nesci, Giurlanda, Marturano e Macrillò. Risponde la Serrese con Piccolo, Vellone, Idà, Albano, Raffa, Carchedi, Greco, Zaffino, Iorfida, Megna, Crudo. Passano poco meno di dieci minuti ed i rossoblu si portano già sull' uno a zero. Macrillò approfitta di una disattenzione difensiva e porta il vantaggio i suoi. Al 18' punizione di Marturano, con Piccolo che si fa trovare pronto e respinge con i pugni. Subito dopo, è sempre la squadra del presidente Mangiardi a rendersi pericolosa con i vari Baroni e Orecchio. Per vedere un' occasione degna di nota della Serrese bisogna attendere il 34'. Crudo colpisce di testa ma Boragina si supera e respinge. Al 39' nuova occasione per Macrillò che riceve palla da Nesci, ma il pallone esce di poco a lato. Nei minuti finali della prima frazione, c'è ancora il tempo per assistere all' ennesima occasione capitata sui piedi di Baroni. Diagonale sul secondo palo e palla di poco a lato. Primi minuti della ripresa di sostanziale equilibrio. Dopo appena diciassette minuti, però, la Serrese resta in dieci: fallo da ultimo uomo su Nesci per una trattenuta evidente di Raffa. Il direttore di gara non ha dubbi: rosso diretto. Da qui in avanti è solo Soriano, pericoloso in 4-5 occasioni con i vari Nesci e Macrillò. Piccolo, però, dimostra ancora una volta di meritare categorie ben superiori. Dopo vari tentativi, però, l' Ags chiude i conti con il solito Nesci. Al 37' la Serrese perde anche Carchedi, che riceve un altro giallo e viene spedito anzitempo negli spogliatoi. A tempo praticamente scaduto, Inzillo sigla il gol della bandiera.

Pubblicato in SPORT
Sabato, 15 Dicembre 2012 18:38

Architettura e luoghi/1. Spazi vuoti

mini concept_spazi_vuotiUno dei temi principali del nuovo millennio è la possibilità di riciclo di materiali e cose, dalla plastica al vetro alla carta e molto altro. Anche in architettura sarà importantissimo saper riciclare edifici o grandi spazi, in quanto di fronte ad un territorio ormai saturo sarà sempre più importante intervenire nel costruito e nelle sue parti abbandonate, degradate, vuote. L' importanza di questo argomento è emersa dalla mostra tenutasi, da dicembre 2011 ad aprile 2012, al MAXXI di Roma: "Recycle. Strategie per l' architettura, la città e il pianeta". In mostra oltre 80 opere tra disegni, modelli, progetti di architettura, urbanistica e paesaggio sui temi più attuali della ricerca contemporanea, strategie progettuali e creative che intervengono sull'esistente cercando di ridare usi e significati ai materiali di "scarto".  Il continuo cambiamento delle città, spesso regolato da strumenti urbanistici non al passo coi tempi e quindi ad un uso sregolato del territorio e delle sue risorse, ha portato le stesse a svilupparsi in modo del tutto disordinato. Per anni si è pensato solo all'espansione delle città, quasi sempre in maniera abusiva

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mini rubinettoRiceviamo e pubblichiamo:

Non poteva passare nell’assoluto silenzio ciò che sta accadendo dal 12 Dicembre 2012 nel nostro Comune relativamente all’erogazione dell’acqua nelle case dei cittadini Serresi.

Più specificatamente, il problema è legato sia all’improvvisa mancata erogazione dell’acqua, sia al fatto che la popolazione non è stata avvisata per tempo di questa inaspettata interruzione del servizio idrico pubblico.  

La popolazione assolutamente ignara di ciò che le sarebbe accaduto, è costretta ad organizzarsi alla buona, per cercare di ridurre al minimo i disagi legati alla mancata fruizione del servizio.

In questo contesto, non è chiaro, o non è noto, se tra il Comune di Serra San Bruno e la Sorical ci siano state delle comunicazioni ufficiali circa la sopravvenuta interruzione del servizio e, soprattutto, cosa ancor più grave,  c’è da chiedersi come mai di tali comunicazioni non siano state debitamente informati in tempo utile i cittadini Serresi.

C’è da chiedersi se ci sia una interruzione temporanea oppure cessazione improvvisa e perdurante di un servizio pubblico che, mi auguro, possa far emergere le anomalie o le omissioni nella fase della gestione dell’emergenza idrica.

Ma, soprattutto, mi aspetto che il Sindaco e la sua Giunta Comunale tengano conto, di questo pericoloso precedente, e di questi giorni da terzo mondo, nei quali la pazienza della gente oltre viene messa a dura prova.

In particolare, mi aspetto che nella prima Giunta utile, si emani una delibera che introduca degli incentivi o bonus giornalieri per ogni nucleo familiare che usufruisca del acqua comunale nei casi di mancata erogazione del servizio idrico tenendo in considerazione già questo caso.

Sono sicuro che non sarà cosi difficile venire fattivamente incontro ai cittadini Serresi cosi come, allo stesso modo, è stato previsto ed attuato l’ulteriore appesantimento della tassa idrica comunale attraverso la previsione del pagamento del canone legato alla depurazione dell’acqua.

Vincenzo Albanese
Coordinatore Comprensorio delle Serre MPA-AD 
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Mercoledì, 12 Dicembre 2012 21:34

La Comedìa/1

mini Le_tentazioni_di_SantAntonio._Domenico_Morelli_1878

di Dante il Sapiente

Noi passavam su per il comune che adona

la greve pioggia, e ponavam le piante

sovra lor cazzunaggini che par persona.

Ma dimmi chi tu se' che 'n sì dolente

loco se' messo con la commissione,

che, s'altra a giugnu, alla casa minati».

Ed elli a me: «Lo vostro paese, ch'è pieno

di contentezza sì che già la gente si gusta,

nazza mi tenne in la vita serena.

Voi cittadini mi chiamaste umile:

per la dannosa colpa delle carte,

come tu vedi, a li jestimi mi fiacco.

E io anima trista non son sola,

ché tutti  nella giunta simil pena stanno

per simil colpa». E più non fé parola.

Io li rispuosi: «umile, il tuo affanno

mi pesa sì, ch'a smascidharmi mi 'nvita;

ma dimmi, se tu sai, a che verranno

li cittadin de la città colpita;

s'alcun v'è giusto; e dimmi la cagione

per che l'ha tanta discordia assalita».

E quelli a me: «Dopo lunga tencione

verranno allo scioglimento, e la parte onesta

caccerà l'altra con molta offensione.

Alte terrà lungo tempo le fronti,

tenendo l'altra in galera buia,

come che di ciò pianga o che n'aonti.

Il salatino e 'l bracaluni, che fuor sì degni,

 penzo de caria, ponzio e 'l nazza

 e li altri che nel duemilaundici preser voti,

 dimmi ove sono e fa ch'io li conosca;

 ché gran disio mi stringe di savere

 se palmi li addolcia, o  siano li attosca».

 E quelli: «Ei son tra l'anime più nere:

 diverse colpe giù li grava al fondo:

 se vai pi Riggiu, là i potrai vedere.

 Li umili occhi torse allora in biechi;

 guardommi un poco, e poi jestimò a Dio:

 andò al bar a par de li altri suopi.

 

(Le tentazioni di Sant'Antonio, Domenico Morelli, 1878)

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mini l43-berlusconi-121116141608_mediumGiovedì 25 ottobre. Un Berlusconi in versione festa di pensionamento, con l’aplomb tipico dell’uomo vissuto che attende di riscuotere il meritato trattamento di fine rapporto lavorativo, da casa sua, in diretta nazionale sulle reti Mediaset, dichiara: “Faccio un passo indietro per il bene dell’Italia”. Passano soli sette giovedì ed il 6 dicembre ci ripensa: “Riscendo in campo per il bene dell’Italia”. Il centro-sinistra, fino a quel momento assorto ad auto contemplare le “riuscite” primarie, di colpo si terrorizza. Lo Spread ritorna sanguinario come fosse Lo Squalo 2. I mercati vanno in tilt. L’Europa si inquieta. Manca solo che si squarci il velo del Tempio.

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