mini atlantedellemafieRicotta calda con pane raffermo, aragoste e capocollo. Combinazioni forse insolite ma che raccontano molto di quel mondo fatto di valori arcaici tipici del mondo contadino e di feticci del lusso su cui la ndrangheta costruisce la propria immagine. Non esiste certo un codice alimentare mafioso che preveda determinati cibi o ne proibisca altri ma all’interno di quelle che sono le abitudini alimentari dei capibastone emergono chiaramente i due aspetti che caratterizzano le mafie oggi: il rispetto della tradizione (che si evince anche dalla sopravvivenza dei riti di affiliazione) e l’aspetto internazionale che le mafie sono riuscite a conquistare.

Quello che però conta di più non è tanto quello che si mangia ma l’aspetto conviviale. Cene e banchetti sono momenti fondamentali per stringere alleanze, studiare strategie. I matrimoni, così come accadeva nelle famiglie nobiliari di un tempo, possono diventare occasioni consolidare rapporti tra clan, così come i battesimi e le cresime forniscono l’occasione per creare parentele “spirituali” che si trasformano a loro volta in nuovi patti, in nuove alleanze. Tutto a tavola. E’ la tavola il vero foglio bianco su cui si scrivono i contratti delle mafie.

A parlarci di questi aspetti e a raccontarcene i risvolti non solo antropologici ma anche storici e culinari è Gianfranco Manfredi, giornalista esperto in eno-gastronomia, nel primo volume del documentatissimo “Atlante delle mafie” edito da Rubbettino e lanciato in questi giorni in libreria.

L’atlante curato da Enzo Ciconte, Francesco Forgione e Isaia Sales è suddiviso in tre volumi la cui pubblicazione verrà completata nell’arco di tre anni. Il primo volume tocca già argomenti di grande interesse e attualità: dalla storia della Camorra, al rapporto tra mafie e Chiesa, dai giudici antimafia allo scandalo calciopoli.

Il volume

A cosa è dovuto il successo plurisecolare delle mafie italiane? E come mai viene definita “mafia” ogni violenza privata che ha successo nel mondo? L’Atlante delle mafie prova a rispondere a queste due domande. Partendo dalla messa in discussione dal paradigma interpretativo dell’esclusività della Sicilia nella produzione di ciò che comunemente si intende per mafia. Se un fenomeno, nato in Sicilia nell’Ottocento, ha avuto una così lunga durata, affrancandosi dalle condizioni storiche e territoriali che ne resero possibile la sua originaria espansione e proiettandosi così agevolmente nella contemporaneità (divenendo addirittura un modello vincente per tutte le violenze private del globo) non è utile continuare a descriverlo solo come un originale prodotto siciliano. Il modello mafioso, infatti, si è dimostrato riproducibile nel tempo e in altri luoghi, non più specifico solo della Sicilia e del Mezzogiorno d’Italia. Con il termine mafia si deve intendere oggi un marchio di successo della violenza privata nell’economia globalizzata. Con questa ottica, l’Atlante delle mafie passa in rassegna le “qualità” criminali che differenziano nettamente i fenomeni mafiosi dalla criminalità comune e da quella organizzata. Esse vengono sintetizzate in cinque caratteristiche: culturali, politiche, economiche, ideologiche e ordinamentali. Secondo i curatori, si può ritenere mafia la “violenza di relazioni”, cioè una violenza in grado di stabilire contatti, rapporti, e cointeressenze con coloro che detengono il potere ufficiale, sia politico, economico e religioso, che formalmente dovrebbero reprimerla e tenerla a distanza. Perciò viene contestato ampiamente il luogo comune delle mafie come antistato, come antisistema. È stato proprio questo luogo comune a tenere per anni in ombra il vero motivo del successo delle mafie. Mentre alcune forme di violenza e di contestazione armata del potere costituito si sono manifestate contro le leggi e contro la visione unitaria dello Stato (il brigantaggio nell’Ottocento, le rivendicazioni etniche-territoriali e il terrorismo politico nel Novecento) e perciò alla fine sono state sconfitte, le mafie hanno usato una violenza non di contrapposizione, non di scontro frontale, ma di integrazione, interna cioè alla politica e al potere ufficiale. Dunque, per mafia si deve intendere una violenza di relazione e di integrazione. In questa loro caratteristica consiste la ragione del loro perdurante successo.

Antonio Cavallaro

Ufficio Stampa RUBBETTINO EDITORE

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mini provincia-vibo

Riceviamo e pubblichiamo
 
 
Quando nel corso dei tanti mesi trascorsi polemizzavo aspramente con i vertici politici ed amministrativi della Provincia, a cui rimproveravo una gestione “libertina” delle risorse, assieme ad una improvvisata e superficiale azione politica venivo letteralmente aggredito dal fuoco di sbarramento che l’ex Presidente e l’ex Direttore Generale mettevano in campo per difendersi dal rompiscatole Prestia, unico ad avere la voglia, e forse il coraggio, di sfidare i due potenti. Chiedevo ripetutamente la consegna dei bilanci consuntivi, ma mai questo avveniva, solamente nel 2009 riuscimmo ad avere il bilancio preventivo che, anche se rappresentava l’elenco dei buoni propositi, in qualche modo faceva intravedere gli sprechi. Oggi capiamo perché quei bilanci erano cosi segreti e venivano negati alle Organizzazioni sindacali che invece avevano ed hanno il diritto di esaminarli. Chiedevo, a quel tempo, al Direttore Generale di dedicare le proprie energie allo svolgimento dei compiti a lui assegnati che, brevemente riassumo: attuazione degli indirizzi e degli obiettivi stabiliti dagli organi di governo dell’ente, secondo le direttive impartite dal capo dell’amministrazione;sovrintendenza alla gestione dell’ente,perseguendo livelli ottimali di efficacia ed efficienza; predisposizione del piano dettagliato degli obiettivi; formulazione del piano esecutivo di gestione; coordinamento dei dirigenti, per le attività di cui sopra. Ed oggi mi chiedo, quei compiti sono stati espletati da tutti coloro che in quelle norme vengono richiamati ? O a gestire la Provincia erano soltanto il Dirigente Vinci e la Dirigente De Sossi ? Nei nostri comunicati denunciavamo le eccessive spese per le collaborazioni degli amici infilati negli staff del Presidente e degli Assessori, quando agli oltre 40 part time dell’ente veniva erogato uno stipendio di poco superiore alle 500 euro mensili,criticavamo gli eccessivi costi della politica, rappresentavamo crudamente all’opinione pubblica, che non reagiva in alcun modo, che a Palazzo ex Enel la cosa pubblica veniva gestita come se fosse cosa propria dal gruppetto di amici che, poveri ingenui compreso me, il popolo di centrosinistra aveva mandato ad amministrare. Quando nel 2008 denunciammo che il Direttore Generale ricopriva impropriamente anche la carica di Segretario Generale, andando a percepire pressappoco l’equivalente del compenso di due Ministri della Repubblica, facendo venir meno le risorse per altri benefici da rivolgere alla collettività, fui diffidato ufficialmente a non parlare più di lui, con frasi sprezzanti tipo “quali titoli hai per permetterti di giudicare e di valutare? Pensa a giudicare le tue incapacità “ e con la maligna insinuazione che se qualcuno, evidentemente arrabbiato per tali disparità, avesse commesso azioni delittuose nei suoi confronti sarei stato considerato come mandante. Naturalmente non rimasi zitto. La preoccupazione era riferita alla eventuale reazione degli oltre cento precari che senza tanti fronzoli furono mandati via perché le risorse disponibili dovevano essere utilizzate per fini più alti. Nessuno fece caso al fatto che la quasi totalità delle somme necessarie a pagare quei lavoratori provenivano dai fondi europei che la Provincia riceveva tramite la Regione. Mestiere difficile a quel tempo stare fuori dal coro, tant’è che mai nessuno osò dire qualcosa su quei potenti. Anzi, per tornare a poche settimane fa con un lapsus freudiano De Nisi affermava che noi denunciavamo fatti ed aggiungo io misfatti, soltanto perché non ci era concesso di partecipare alla spartizione della torta. La sottrazione delle risorse del fondo antiracket per spartirsi quelle quote, è particolarmente odiosa, se è vero come è vero, che chi ne aveva particolarmente bisogno non ne ha potuto beneficiare, ma in quanto a sottrazione di risorse ai più deboli ci sono anche altri casi che gli inquirenti porteranno sicuramente alla luce, ad esempio aver fatto pagare per tanti anni la tassazione Irap ai lavoratori cosiddetti articolo 7 facendogli sottoscrivere contratti-capestro, quando quella era una partita economica che doveva ricadere esclusivamente sull’amministrazione dell’ente. A nulla sono valse le nostre denunce, il livello di supponenza di cui erano pervasi li induceva a ritenere che mai si sarebbe frugato tra quelle carte, e ciò li metteva al riparo da ogni forma di pudore. Oggi che più c’era bisogno di una gestione consapevole ed oculata gli Schettini sono andati via lasciando i lavoratori in un mare di problemi, ma oggi che sembra tutto così nero è invece il momento di farsi forza e di riporre la fiducia nel Commissario Ciclosi che, visto l’ottimo lavoro svolto altrove, sarà sicuramente capace di trarre il meglio da quanto le normative offrono.
Sarebbe bello che la Provincia non venisse cancellata, che i lavoratori restassero al loro posto, e la cosa ancora più bella è che non ci sarebbero più l’ex Presidente e l’ex Direttore Generale.
 
Il Segretario Provinciale 
Uil Vibo Valentia
Luciano Prestia
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mini consiglio_com_30_nov_2012SERRA SAN BRUNO - Il sole timido che filtra dalle finestre di sala Chimirri non può bastare a riscaldare gli animi fragili di una maggioranza agonizzante, ormai giunta agli ultimi affanni di un cammino tutt’altro che glorioso. Un’amministrazione in balia della tempesta che fra qualche mese potrebbe non esistere più. Sarà probabilmente sostituita da tre commissari prefettizi freddi ed ordinari: una sorta di punizione multipla in un tempo già da carestia. Aspettiamoci il peggio. 

Al I punto si discute assai confusamente della sostituzione dell’ex consigliere Bruno Zaffino. La maggioranza si affretta a sciogliere il nodo. Ma Lo Iacono affonda

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mini calcioDiciassette punti su nove partite disputate finora. Quattro vittorie, cinque pareggi e nessuna sconfitta. Bilancio - questo - che, al momento, consente alla Serrese di mister Rolando Megna di occupare la terza posizione, dietro a Filogaso e Soriano. I biancoblu escono dal 'Mesiti' di Stilo con un rotondo 5 a 1, grazie alle marcature di Mazzitelli al 18' del primo tempo. Due minuti più tardi ci pensa Iorfida a raddoppiare il vantaggio e prima dell'intervallo i padroni di casa accorciano momentaneamente le distanze grazie a Zannino. Al ritorno dagli spogliatoi, la Stilese cerca in qualche modo di raddrizzare l'incontro ma al 15' Di Siena spegne le speranze dei reggini siglando il momentaneo 3 a 1. Ma è al 22' che succede l'incredibile: tiro da metà campo di Zaffino e palla che si infila in rete per il 4 a 1. A dieci minuti dal termine, Crudo chiude definitivamente i conti per il 5 a 1 finale. Ennesima vittoria stagionale per la capolista Soriano che, in inferiorità numerica, supera per 2 a 0 il Filogaso e allunga il vantaggio in classifica proprio sull'undici di mister Sisi. Di Nesci e Macrillò le reti di giornata. In Terza categoria, invece, quarto successo su altrettante partite per il Real Serra che, al 'La Quercia', batte senza grossi problemi il San Pietro Lametino. Primo tempo che si è concluso con i locali in vantaggio per 2 a 0 (Zaffino M. e De Caria G.). Nella ripresa, prima arriva il 3 a 0 sempre con Zaffino, mentre a firmare il 4 a 0 finale ci ha pensato Pisani.

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mini francesco-de-nisiÈ più che determinato a non tornare indietro. Neanche di un centimetro. Francesco De Nisi, ormai ex presidente della provincia di Vibo Valentia, in carica dalla primavera del 2008, sembra essersi definitivamente convinto del fatto che il suo viaggio, come quello di una provincia in realtà mai nata, finisca qui. Lo si capisce dalla sua espressione, non più pacata e mite, ma abbattuta, quasi arresa. E lo si capì soprattutto al crepuscolo del 29 ottobre scorso, quando il Consiglio provinciale bocciò il Bilancio e gli strani fantasmi che da tempo alleggiano attorno alla sede di via Cesare Pavese iniziarono a prendere corpo all’interno di una maggioranza che oggi, purtroppo o per fortuna, non esiste più. 11 voti contro 12. Questione di numeri, ma non solo, per un presidente che già negli ultimi mesi aveva assistito silenzioso al suo harakiri politico

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Venerdì, 02 Novembre 2012 15:26

Quella bara bianca ci appartiene

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Lo acclama Soriano, chiuso in quella cassa portata come una croce a spalla da giovani come lui, il giorno del suo funerale. Sul feretro,  coperto da una bandiera della Juventus, c’è una fotografia: è Filippo che sorride ancora.

E c’è Filippo nello sguardo vuoto di sua madre, perso lontano  nel tempo...Nelle  mille parole, dette senza fiato, di seguito per non fermarsi a pensare, di suo padre il giorno prima. E nei sorrisi accesi di lacrime delle sorelle che lo stringono nei loro ricordi. Nel dolore dei familiari, tutti.

Che mondo è un mondo in cui un ragazzo di soli 19 anni viene trucidato innocente, così, per “caso”? E  che  Paese è quello in cui non ci si sorprende del male, dove il male che riguarda il sud è l’ovvietà che passa sotto silenzio ? Nessuna notizia nei  TG nazionali, nessuna parola spesa dai molti politici latitanti, “distratti”. Che valore ha la vita di un ragazzo di soli 19 anni? O, forse, è  "normale" che accada nel meridione d’Italia?
Nascere in Calabria, a Soriano e  morire tornando a casa, dopo essere stati dalla propria fidanzata, non è normale, non è naturale.

Filippo era un lavoratore e veniva da una famiglia per bene come molte altre che vivono in questa terra e che non cedono all’illegalità. Questa morte  è un sacrificio insostenibile, abbiamo il dovere di non renderlo vano. Abbiamo il dovere di non pensare più che fin tanto che ci si ammazza tra bande rivali la cosa non ci riguarda: è l’indifferenza che nutre il potere criminale. Perché non ci sia mai più  un altro “Filippo”.

E' un tempo che non dovrebbe accadere mai quello del sopravvivere ai propri figli, ma succede e , mentre si può trovare una "ragione" ad una malattia, ad un incidente col tempo, ci sono  ferite, invece,  che portano con sé mille domande senza risposta fino alla fine dei giorni, di giorni come  notti buie del cuore. A noi è concesso solo di immaginare ed immedesimarci sfiorando il dolore della famiglia Ceravolo, mai potremo capire a fondo quanto sia dilaniante ed eterno. Ma c’è qualcosa che noi possiamo e dobbiamo fare: condannare chi agisce nell’illegalità, cominciando a strappare le piante marce, smettendo di dar loro da “bere” i nostri volti e i nostri sguardi .

Insegniamo ai nostri figli la gioia del sacrificio e l’umiltà della  dignità. Insegnamo che il valore è in loro, non nelle cose. Insegniamo che il denaro “non” è facile ! Che c'è sempre una strada migliore ed onesta percorribile, forse più faticosa, ma leggera nel cuore. Perché nessun giovane venga più reclutato dalle mafie.

Nei miei occhi chiusi, Filippo è la voce felice di sua madre che riecheggia ancora in un bel giardino, uno stereo e la musica. E’ il rumore molesto di un motorino che scorazza per queste vie nei giorni di sole; è una mano tirata su a salutare con rispetto ed un sorriso buono appena accennato ; è una divisa sportiva ed un pallone che corre sul campo di calcio.

 E’ la vita che gioca e sorride spensierata. E’ la vita che vuole “andare” a mille all’ora…

Di notte è  il motore di un furgone che passa alle quattro  diretto verso qualche mercato, una fiera o una festa patronale . E’ lo stesso rumore che torna il pomeriggio, quando ogni casa ha finito di pranzare. E’ la vita che cresce col sudore onesto.

Soriano lo sa e si stringe attorno a questa famiglia ed al suo dolore, Soriano non è quell’arma che ha ucciso, Soriano è Filippo . Questo paese si indigna e dice “no” alle mafie e  sente  il dovere della memoria perché questa barbarie non si ripeta mai più, perché la morte si tramuti in vita.

Nel vuoto pieno di volti cari di questi giorni,  campeggiano nella casa dei Ceravolo delle  coppe sistemate  con devozione su un mobile , appartengono a Filippo e al suo papà. Parla, Martino, di come si sia sentito strappare il cuore vedendo suo figlio riverso sull’asfalto, di come aveva corso verso di lui, ricevuta quell’orribile telefonata, perdendo il controllo dell’autovettura  ben tre volte .Correva contro il tempo, verso Pizzoni, temeva in cuor suo che non l’avrebbe riabbracciato vivo. Parla del bambino che era e dell’uomo che sognava di diventare, del vuoto che sente, della sua solitudine. Martino ha perso un figlio, un amico, un compagno ed un fratello. Voleva comprare un nuovo camion per il lavoro appena ne avesse avuto la possibilità, Filippo, e regalare ai suoi genitori una crociera per il loro venticinquesimo anniversario di nozze. Trattiene le lacrime e ritorna ai suoi abbracci affettuosi. Racconta la sua gentilezza, di come accompagnava le signore alla macchina portando le buste della spesa; mi parla delle sue paure quando chiacchierando con qualche poliziotto o carabiniere che acquistava i loro prodotti, chiedeva se non avessero timore di portare un’arma ed effettuare operazioni pericolose. Concludeva sempre che lui non avrebbe mai avuto il coraggio di svolgere quel lavoro.

E parlano le sorelle, raccontano di un ragazzo che aveva paura dei  tuoni durante i temporali e  di restare solo in casa, ma al cognato, che gli raccomandava di non uscire di casa dopo gli ultimi omicidi avvenuti nel nostro territorio, rispondeva: "Cosa vuoi che facciano a me?".

In una bella lettera la sorella Maria Teresa scrive: "Ricordo le marachelle che combinavi, mi fanno sorridere, come quella volta che hai litigato con me e con Simone e hai fatto finta di andartene via di casa ed invece, fifone com’eri, ti sei nascosto sotto il tuo letto e non vedevi l’ora che io mi alzassi per venir fuori perché non ce la facevi più". E la piccola Giusi, di appena otto anni: "Caro Filippo mio bello, io sono sempre con te anche se sei in cielo, io sarò sempre con te e ti parlerò e verrò sempre, ma proprio sempre a parlarti…Per me sarai sempre il miglior fratellino del mondo".

Era ingenuo  e dolce, buono e generoso. La nonna materna ricorda che quando le comprava  qualcosa  cercava di non farlo pesare dicendo che gli era stato regalato da qualcuno. 

Martino lo conosco da quando ero bambino, conosco lui e la sua famiglia. Sua madre ha allevato i suoi figli  insegnando loro il sacrificio del lavoro onesto. La signora Sina, così la chiamiamo, era la “signora bidella” del Liceo Scientifico. Rimasta vedova presto, era una donna forte. Teneva sempre il suo sguardo vigile sui ragazzi. Una presenza a cui riconoscevamo autorevolezza e rispetto.

Mi racconta, di come negli ultimi anni del suo lavoro in quel Liceo si respirasse una società diversa, cambiata, "non sono più" dice "i tempi di un tempo…" ed orgogliosa celebra un suo cognato, oggi Professore, che all’epoca in cui studiava e si trovava a Soriano in vacanza, aiutava la famiglia. Ricorda la meraviglia delle persone nel vederlo lavorare e la dignità con cui lui aiutava i fratelli commercianti a sistemare i vasi destinati alle vendite. Non sono più i tempi di un tempo, è vero! Ma non è colpa dei giovani, riflettiamo…

Martino non trova la forza di ricominciare ora che il figlio non c’è più. Si alzava con lui ogni mattina alle 4.00; la sera prima lo aiutava a sistemare la roba sul camion per il giorno dopo, gli diceva che era meglio se ne occupasse lui, dal momento che  il padre stava diventando vecchio. Era instancabile, tornato a casa, aveva ancora la forza di giocare a calcio, la sua grande passione, ci metteva l’anima. Uno zio lo rammenta piccolo organizzare le partite con i cugini, ricorda i litigi e l’impegno che ci metteva. "Ogni partita per lui era come la Champions" , aggiunge il padre sorridendo.

E poi c’è Anna, la madre, il cui nome il ragazzo voleva tatuare sulla sua pelle. Nel suo sguardo perso nel tempo c'è un giorno sacro che è quello della vita che nasce e poi mille altri fatti di stelle sfavillanti nei suoi occhi, di carezze e premure, di vittorie e sconfitte, di notti insonni. L'amore verso il figlio è saldo nel profondo dell’ essere e non vi è nulla su questa terra che possa esservi paragonato, nulla.

La raggiungeva nel lettone, racconta, se c’era un temporale di notte; la costringeva a mettere la cintura di sicurezza in macchina anche se si sentiva soffocare, perché era prudente e senza cintura in macchina con lui non  si saliva; bussava piano la sera quando tornava dalla casa della ragazza con cui era fidanzato da quasi due anni per non svegliare il padre. Ad Ivana aveva  comprato un regalo per il suo compleanno ed aveva deciso di darglielo giorni fa, stranamente aveva voluto che lo avesse prima…

Buono e generoso nei ricordi di quanti lo hanno conosciuto, Filippo lascia un vuoto incolmabile e vola via, Angelo  tra gli Angeli.

Parli ancora la sua voce, come un’eco che risuona nei nostri cuori senza mai infrangersi.

Angela Varì

Pubblicato in LO STORTO
Mercoledì, 24 Ottobre 2012 13:27

Mia cara Elsa

mini elsa-forneroIl ministro Elsa Fornero, la caposala cattiva di “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, l’ha fatta fuori dal vaso. E non è la prima volta. Il parlare di ragazzi che storcono il naso di fronte a lavori poco gratificanti rispetto alla loro reale preparazione e dignità, conferma definitivamente che la distanza tra chi governa ed il popolo è incolmabile. Tra i tecnici dai guanti bianchi ed i martiri di una democrazia distorta. E non è dato sapere se la Fornero abbia solo semplicemente il maledetto vizio di sottovalutare la portata delle sue affermazioni o se piuttosto ci sia qualcosa di premeditato alla base di un atteggiamento professorale utile solo a lacerare il futuro degli italiani.

Pubblicato in LO STORTO
 
mini serrese_cPer le occasioni create nel corso dei novanta minuti di gioco, la Serrese è abbondantemente in vantaggio. Poche sono state, infatti, le situazioni di pericolo che il Filogaso ha costruito dalle parti di Piccolo. Nel calcio, però, conta la concretezza. E nell' incontro odierno, i biancoblu tutto hanno fatto tranne che essere concreti sotto porta. Un risultato, quello di oggi, che sicuramente sta stretto ai ragazzi di mister Rolando Megna. Il Filogaso, invece, perde terreno dal Soriano che attualmente occupa la prima posizione solitaria, in virtù del successo di oggi pomeriggio a Stilo, grazie alle marcature di Baroni e Giurlanda
 
Serrese - Filogaso     1 - 1
 
Serrese: Piccolo, Idà, Albano, Ascone, Raffa (15' st Crudo), Carchedi, Greco (20' st Mazzitelli), Di Siena, Iorfida, Megna, Zaffino (20' st Miletta). In panchina: Costa, Inzillo, Carbone, Vellone. All.: Megna
 
Filogaso: Vallone, Condello, Toscano, Macrì (36' st Santoro (45' st Mari)), Fragalà, Pannace, Imineo F., Mazza, Imineo A., Muraca (25' st Arona), Valotta. In panchina: Galati, Romeo, Liberto, Trimmeliti. All.: Sisi
 
Arbitro: Stella di Cosenza
 
Marcatori: 14' st Imineo F. (F - rig.), 18' st Megna (rig.)
 
Note: giornata serena. Campo da gioco in buone condizioni. Spettatori 200 circa. Ammoniti: Ascone, Carchedi, Raffa (S), Fragalà (F). Al 45' st espulso Carchedi per doppia ammonizione
 
Primo tempo
35' pt occasione per Greco che riceve palla dalla fascia destra e tutto solo davanti al portiere sbaglia clamorosamente.
 
41' st risponde il Filogaso con Valotta di testa. La palla, però, esce di poco a lato
 
43' st Gran tiro di Megna da centrocampo che, per poco, non sorprende il portiere, bravo a respingere
 
44' st Sempre Megna a rendersi pericoloso con un tiro rasoterra che impegna l'estremo difensore ospite
 
Secondo tempo
14' st Calcio di rigore Filogaso per fallo di Raffa. Se ne incarica Imineo F. che realizza con un tiro centrale
 
18' st Rigore per la Serrese. Megna realizza
 
21' st Occasionissima per il numero 10 biancoblu, che riceve palla dalla fascia sinistra e spreca mandando la palla di poco a lato
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mini asd_serreseSERRA SAN BRUNO - Bastano poco meno di quarantacinque minuti alla Serrese per regolare senza grossi problemi il Real Pianopoli. I biancoblu di mister Rolando Megna, dunque, riscattano il pari esterno di una settimana fa e lanciano un messaggio chiaro alle dirette concorrenti per la vittoria del campionato. Per la cronaca, nei primi minuti le squadre si limitano a controllare il pallino del gioco cercando di capire le intenzioni dell' avversario. Per vedere un' occasione degna di nota bisogna attendere il 24', quando Ascone non ci pensa due volte a tirare da fuori area. Il pallone, però, esce di poco alla sinistra del portiere. Al 36' occasione per De Siena che, sempre da fuori area, centra in pieno la traversa. A tre minuti dal termine della prima frazione, gli ospiti vanno in tilt: prima Crudo apre le marcature tutto solo davanti ad Aiello; due minuti più tardi è Greco a raddoppiare il vantaggio. Ed il numero 7 biancoblu si ripete dopo appena sessanta secondi, chiudendo la prima frazione sul risultato di 3 a 0. Nella ripresa, la Serrese si limita a controllare l'incontro, ma alla prima occasione arriva addiritttura il 4 a 0 con Megna. Al 30' st, invece, Mazzitelli ha tutto il tempo per controllare il pallone e fissare il risultato finale sul cinque a zero.

SERRESE - R. PIANOPOLI        5 - 0

SERRESE: Piccolo, Iorfida, Miletta, Zaffino (9' st Inzillo), Raffa, Carchedi, Greco, Di Siena (9' st Vellone), Ascone, Megna, Crudo (15' st Mazzitelli). In panchina: Costa, Albano, Idà, Carbone. All.: Megna
R. PIANOPOLI: Aiello, Nicotera, Arcuri, Capoluso, Scerbo, Torcasio, Notaro (20' st Dell' Aquila A.), Scardamaglia (22' st Cavalieri II), Gaetano (20' st Roca), Garieri, Cavalieri I. In panchina: Mascaro, Morelli, Fiorentino, Dell' Aquila F.. All.: Messina
ARBITRO: Rotella di Catanzaro
MARCATORI: 42' pt Crudo, 44' pt e 45' pt Greco, 5'st Megna, 30' st Mazzitelli

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BRUNOCALVETTA m_3001Attualmente ricopre l'incarico di dirigente del Dipartimento Lavoro della Regione Calabria. Dirigente, tra l'altro, esterno, considerando che arriva dall'Asp di Vibo Valentia. Dal 2012, però, Bruno Calvetta ha ottenuto due incarichi di prestigio come docente: uno dalla Luiss e l'altro dalla Sspa (Scuola superiore della pubblica Amministrazione). Guarda caso, però, entrambi hanno già stipulato delle convenzioni con la Regione Calabria, passati dagli uffici guidati dallo stesso Calvetta. Ed il deputato del Pd Franco Laratta ha deciso di vederci chiaro intorno a questa vicenda, per capire se ci sia un vero e proprio conflitto di interessi. Come riportato dal Corriere della Calabria, il deputato del Partito democratico spiega che "per ottenere il via libera e siglare l'accordo con Catanzaro, la Sspa ha usufruito del parere di coerenza con esito positivo del suo futuro docente Calvetta

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