Sabato, 14 Gennaio 2012 15:35

Se questa è un'isola ecologica...

mini 20120113_010SERRA SAN BRUNO – Un’isola ecologica. Questo doveva essere il sito di raccolta dei rifiuti che si trova alle porte di Serra, in località Leonà, sulla strada che conduce verso Mongiana. Un’isola ecologica. Fino a pochi anni fa a dire il vero era un parco giochi, mentre oggi, ad accogliere i visitatori che arrivano dal reggino, c’è una discarica pericolosa e nauseabonda che assomiglia alle tante, abusive, che ci sono in queste montagne un tempo incontaminate. Pur nell’amenità del luogo, la discarica è perfettamente coerente con  l’ecomostro che sorge al suo fianco, un enorme palazzetto dello sport mai completato, uno dei pochi “regali” che la Provincia di Vibo ha concesso alle Serre e che oggi sta lì impietoso a deturpare il panorama e ad avvelenare il territorio.

Pubblicato in ATTUALITÀ

mini 2011-01-17_codaconsRiceviamo e pubblichiamo

SERRA SAN BRUNO - Constatiamo con preoccupazione che sul sito del Ministero della Giustizia è stato pubblicato lo schema di Decreto Legislativo recante “Revisione delle circoscrizioni giudiziarie - Uffici dei Giudici di Pace (…)”. Secondo tale Decreto l’Ufficio del Giudice di Pace di Serra San Bruno verrebbe soppresso per essere accorpato a quello di Vibo Valentia. Ancora una volta assistiamo impotenti al depauperamento del territorio serrese con la spoliazione di servizi essenziali per l’intera comunità. Questa volta, tocca all’unico presidio di giustizia rimasto sull’intera zona dopo la soppressione delle preture e la mancata istituzione della sezione staccata di Tribunale. La cosa appare di inaudita gravità e sconcertante superficialità, specie laddove nella relazione esplicativa del Provvedimento si legge che la metodologia adottata dal legislatore per decretare la soppressione dell’Ufficio si è basata su “un’analisi statistica multivariata”. Come nella Sanità, anche nel comparto Giustizia, la statistica ha prevalso sui bisogni concreti dei cittadini, una logica numerica, sterile, insignificante, irritante, ha decretato che i consumatori, gli utenti, i cittadini e gli addetti ai lavori dovranno farsi carico di maggiori spese ed indicibili disagi per l’accesso alla giustizia. Infatti, nessun riferimento fa la relazione esplicativa, alla circostanza che migliaia di utenti dovranno percorrere le vere e proprie mulattiere che conducono al capoluogo di provincia per poter solo avere un’informazione in cancelleria o per rendere una testimonianza o per un generico accesso alla giustizia che in Italia è amministrata in nome del popolo. Popolo che, in nome di tagli indiscriminati passa in secondo piano attraverso la negazione e la palese violazione dei principi costituzionali più basilari. Non è servita la lezione del passato, allorquando con l’abolizione delle Preture, si paventava un netto miglioramento del sistema giustizia, miglioramento che, non solo non c’è stato, ma che si è tramutato in un continuo collasso del sistema che è sotto gli occhi di tutti, basta infatti verificare la durata di un processo civile per accorgersi che la soluzione del problema non può essere rappresentata da tagli indiscriminati a discapito dei cittadini. Infatti, i problemi si sono moltiplicati e così pure le spese per lo Stato e i cittadini sono stati quasi del tutto privati del diritto di accedere all’amministrazione della giustizia. Un tale accorpamento e accentramento di servizi nel capoluogo di provincia può essere razionale solo in un territorio ricco di infrastrutture viarie, trasporti pubblici efficienti e tecnologie avanzate per la gestione informatica dei processi e delle informazioni di cancelleria. Il territorio vibonese non spicca certo per tali peculiarità, pertanto è illogico dare retta ai numeri, ma è necessario calarsi nei bisogni reali, adottando strategie consone alla conoscenza del territorio e non legate allo studio di statistiche dietro una comoda scrivania. A norma del Decreto in oggetto la stessa sorte avranno tutti gli Uffici diversi da quello ubicato nel capoluogo. Uno spiraglio di speranza è rappresentato dal fatto che, i Comuni in cui ha sede l’Ufficio possono, anche consorziandosi tra di loro, dichiarare la volontà di mantenere il presidio di giustizia, facendosi però carico delle spese di funzionamento. Auspichiamo, comunque, un intervento forte e deciso della politica che possa determinare una diversa distribuzione degli uffici e una revisione delle circoscrizioni giudiziarie meglio aderente alla realtà dei fatti e meno ingessata e condizionata dalla sterilità dei numeri. Il Codacons è pronto a dare voce alle proteste dei cittadini e a scendere in campo insieme agli addetti ai lavori del comparto giustizia che sono stanchi di subire il peso della burocrazia. Rimarremo, pertanto, vigili sull’evolversi della situazione ed invitiamo i politici del territorio ad adoperarsi fattivamente nelle rispettive Sedi istituzionali.

Dott. Antonio Damiano Carnovale - Resp. Zona Serre Vibonesi -

Pubblicato in ATTUALITÀ

mini manifestazione_pro_ospedaleGli ospedali di montagna calabresi, com'è noto, sono stati riconvertiti per effetto del piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario, e ad oggi sono stati ridimensionati dai decreti licenziati dal commissario ad acta Scopelliti. Intanto, in attesa della conclusione della fase di riconversione, prevista per il 31 marzo 2012, questi ospedali (Serra San Bruno, Acri, Soveria Mannelli e San Giovanni in Fiore) sono stati ridotti a solo 20 posti letto di medicina, il che sta provocando tantissimi disagi per le popolazioni montane che si sono viste chiudere nel giro di pochi mesi molti reparti. Diversi sono stati anche i movimenti di protesta, culminati con la manifestazione svoltasi il 2 dicembre di fronte alla sede del Consiglio regionale su iniziativa del Co.mo.cal., sodalizio che riunisce i comitati civici dei quattro paesi sede di ospedali di montagna. Molto attivi, anche in quella occasione, sono stati i sindaci del Reventino, che di recente si sono recati a Roma ad incontrare Leoluca Orlando, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori e i disavanzi in campo sanitario, al quale hanno posto la questione degli ospedali di montagna calabresi e, in particolare, del nosocomio di Soveria. A Serra San Bruno invece la politica, a cominciare dal sindaco Bruno Rosi, dorme e non fa nulla - fatta eccezione per qualche intervento osannatorio e trionfalistico sulla stampa - mentre gli unici ad alzare la voce per chiedere che venga rispettato il diritto alla salute dei serresi sono stati, finora, gli attivisti del Comitato civico Pro-Serre, che pare stiano preparando una nuova clamorosa protesta per le prossime settimane. 

Di seguito la nota diffusa dai sindaci di Soveria Mannelli, Decollatura, Conflenti e Tiriolo: "Su istanza del sindaco di Soveria Mannelli, Giuseppe Pascuzzi, supportato dalla rete dei 24 sindaci di Bianchi, Carlopoli, Cicala, Colosimi, Conflenti, Decollatura, Falerna, Gimigliano, Gizzeria, Martirano, Martirano Lombardo, Miglierina, Motta Santa Lucia, Nocera Terinese, Panettieri, Pedivigliano, Platania, Taverna, Tiriolo, San Pietro Apostolo, Serrastretta, Scigliano, Sorbo San Basile, la delegazione formata dai sindaci di Soveria Mannelli, di Decollatura, Anna maria Cardamone, di Conflenti, Giovanni Paola e di Tiriolo, Giuseppe Lucente, con i consiglieri regionali Domenico Talarico e Giuseppe Giordano, è stata ricevuta dal Presidente della Commissione di Inchiesta sugli errori e disavanzi in campo sanitario regionale, on.le Leoluca Orlando, presso l'ufficio di Presidenza a Palazzo San Mucato, sede di alcune commissioni della Camera dei Deputati a Roma, alla presenza di alcuni esponenti della deputazione calabrese che compongono la Commissione. I sindaci, nel profondo rispetto delle competenze della Regione Calabria e segnatamente del Commissario ad acta per il rientro dal deficit sanitario, così come di quelle in capo alla medesima Commissione, hanno sollevato un problema di coerenza del procedimento di attuazione del piano di rientro adottato con delibera commissariale nr.18 del 22/10/2010, rispetto alle indicazioni fornite dalla stessa Commissione, nel documento approvato il 14/07/2011, con il quale si indirizzava il Commissario, fermo l'obiettivo del rientro dal disavanzo, verso la tutela del diritto alla salute costituzionalmente garantito, unitamente ai LEA, soprattutto per le aree disagiate interne e di zona montana e pre montana. Tra le diverse istanze, che muovono tutte nell'alveo dello stesso piano di rientro, sono state formulate quelle di verificare quale debba essere il modello di spedalità più consono a quello di montagna, se il GENERALE, il DISTRETTUALE o il CAPT; se vi sia una effettiva necessità di un così drastico ridimensionamento del Presidio di Soveria Mannelli a fronte della tenuta dei conti e del bilancio positivo registrato invece con la struttura a pieno regime di operatività; se vi sia coerenza ed opportunità nelle scelte effettuate rispetto ad una struttura che è stata recentemente destinataria di importanti e costosi interventi di adeguamento strutturale che hanno interessato interi reparti e le sale operatorie; se vi sia o meno una oggettiva ed intrinseca criticità nella scelta commissariale di aver proceduto alla riconversione ed alla chiusura di reparti, funzioni e servizi, senza farla precedere dal propedeutico ed imprescindibile adeguamento della rete territoriale e dell'emergenza; se, in una interlocuzione con il Tavolo Massicci, possa essere definito se il rientro dal disavanzo della Regione Calabria possa essere ragionevolmente conseguito senza comprimere eccessivamente un'offerta sanitaria di qualità nel rispetto dei LEA da garantire alle zone interne, svantaggiate montane, e quindi salvaguardando l'Ospedale Civile di montagna di Soveria Mannelli. In accoglimento delle istanze si è convenuto di attivare ufficialmente l'Ufficio di Presidenza con il plenum dei componenti della Commissione per predisporre un documento che richiami il Commissario ad acta sulle questioni sollevate, sollecitando finanche il ripristino della funzionalità ospedaliera del Presidio di Soveria Mannelli, al fine di verificarne, in un arco di tempo da definirsi, l'efficenza sia sul piano dell'offerta sanitaria che su quello della tenuta dei conti, nella prospettiva più complessiva del piano di rientro dal disavanzo sanitario regionale. Non ha molto senso assumere, infatti, che la chiusura dell'importante Presidio sarebbe stata decisa dagli stessi cittadini che si sarebbero rivolti altrove per essere curati, quando in realtà l'ospedale é stato privato da qualche anno della sua piena operatività, costringendo gli utenti a dirigersi verso altri presidi ben più lontani accollandosi i relativi rischi".

Pubblicato in POLITICA

mini barbieri-filippinaSi parla, tra le ipotesi, di una presunta diagnosi tardiva. Fatto sta che Filippina Barbieri (foto), 58 anni, vedova, è deceduta all'alba di ieri. Ha avuto un’emorragia interna, e in relazione ad un eventuale ritardo nella diagnosi - o ad altre circostanze che possano essere alla base della vicenda - potrebbe profilarsi un nuovo caso di malasanità. Sull’episodio, infatti, è stata avviata un’inchiesta da parte della polizia e coordinata dal pm di turno, Vittorio Gallucci. Filippina Barbieri risiedeva con il figlio ventenne, Francesco Grande, a Mezzocasale, frazione di San Gregorio D’Ippona. E’ morta poco prima di essere sottoposta ad intervento chirurgico per tentare di arrestare l’imponente perdita di sangue, una volta risultate inutili due trasfusioni. L’indagine è partita dopo che ieri mattina Francesco Grande ha presentato denuncia presso la Questura di Vibo. La polizia, quindi, ha subito posto sotto sequestro la cartella clinica e ogni altra idonea documentazione sanitaria. Il figlio della donna, senza accusare pregiudizialmente nessuno, ha invocato quasi con serenità che venga fatta chiarezza. Di seguito le dichiarazioni rilasciate dal giovane al Quotidiano della Calabria. «Chiedo – ha insistito il ragazzo - chiarezza a chi di competenza e se ci sono responsabilità di accertarle e di avere risposte precise sulle cause che hanno provocato la morte di mia madre. Vorrei conoscere se è stato fatto tutto il possibile per salvarla e come mai non è stata fatta prima la tac, che ha rivelato la emorragia quando già era in fase avanzata». Il giovane ha nominato come difensore di fiducia l’avvocato Maria Grazia Pianura, che ha subito contattato come eventuale consulente di parte il medico legale catanzarese Massimiliano Cardamona. «Penso che il magistrato – ha dichiarato il legale – farà effettuare l’autopsia e presto dovremmo essere convocati per l’affidamento dell’incarico». Francesco Grande ha spiegato al Quotidiano che da tre anni la mamma soffriva di pancreatite, ma quando aveva delle crisi bastava che facesse le cure e i valori rientravano nella norma. «Preciso – ha detto – che mia madre era stata ricoverata nel reparto medicina dell’ospedale di Vibo dal 27 dicembre sino al 3 gennaio scorso quando è stata dimessa con una terapia da effettuare a casa. Ieri sera (sabato) ha avvertito dei dolori all’addome e alla schiena. Telefoniamo al 118 e l’ambulanza arriva quasi subito, fatta precedere dal medico di guardia. Al pronto soccorso, anche se in codice verde, mia madre viene visitata subito perché non ci sono pazienti in attesa. Le vengono praticati antidolorifici. Dagli esami risulta che non si tratta di pancreatite. La lastre non rivelano nulla. E’ molto pallida e fredda. I dolori aumentano. Viene trasferita in chirurgia generale. Con un filo di voce mi chiede di aiutarla. La pressione è molto bassa. Arrivano tutti gli specialisti reperibili. Mia madre viene rianimata e la pressione risale. I medici se ne vanno ma la situazione permane grave. La dottoressa di turno del reparto di chirurgia decide per una tac che rivela la emorragia. Ritornano i medici e le vengono trasfuse due sacche di sangue. Ma non si riprende. Si decide per l’operazione e prima di entrare in sala operatoria dico a mia madre: ti aspetto qua.non l’ho più vista viva». 

Pubblicato in ATTUALITÀ
Domenica, 08 Gennaio 2012 21:09

Spadola, capannone in fiamme

mini incendio_spadolaSPADOLA - Nonostante la grandine, che in queste ore si sta abbattendo in grande quantità sulle Serre vibonesi, un incendio di grosse dimensioni è divampato stasera in un deposito di materiale edile situato alle porte di Spadola. L'incendio, le cui cause sono ancora tutte da accertare, ha provocato ingenti danni al capannone. Sul posto sono impegnate tutte le squadre di Vigili del Fuoco del distaccamento di Serra San Bruno che stanno domando l'incendio. Sul posto anche i carabinieri della locale Compagnia, agli ordini del capitano Esposito Vangone, cui spetterà il compito di verificare se il rogo abbia avuto o meno origine dolosa. Al momento, comunque, l'ipotesi più accreditata pare essere quella di un fulmine che potrebbe aver provocato l'insorgere delle fiamme. All'interno del fabbricato sono andati in fumo materiali da costruzione, legname, plastica e altro materiale. Le fiamme hanno reso il capannone completamente inagibile poichè il metallo di cui era fatta la struttura si è piegato su se stesso a causa delle alte temperature. E' stato impedito, ad ogni modo, che il rogo si propagasse nei terreni limitrofi.

Pubblicato in ATTUALITÀ
Domenica, 08 Gennaio 2012 15:32

Comune, minoranza in catalessi

mini consiglio_comunale_serraSERRA SAN BRUNO - Menti assopite dall’ebbrezza dello spumante o catalessi procurata sulle note di "scurdammoce ‘o passato?". Di fronte alle molteplici disinvolture politiche della maggioranza pidiellina che si sono riprodotte nel corso di questo primo scorcio di consiliatura, la minoranza sembra non saperne - o forse volerne - approfittare. Ma che nemmeno con la revoca di Bruno Zaffino, l’assessore più pesante dell’esecutivo comunale, l’opposizione non prendesse la palla al balzo quantomeno per ricordarsi, nel bene o nel male, di rappresentare circa il 60 % degli elettori serresi, molti non se lo sarebbero aspettato. Oppure, come direbbe qualcuno, è tutto normale, accade pure nelle migliori famiglie e anche in quelle delle compagini politiche serresi, se non fosse per il fatto che in esse accade in contemporanea. Accade sia nel Partito democratico che non riesce a trovare la via per rialzare la china dalla batosta elettorale e che nel consiglio comunale è rappresentato dall’ex candidato a sindaco Rosanna Federico, accade nei frammenti che sopravvivono della lista “La Serra” divisa in due dalle differenti scelte politiche dei consiglieri comunali Raffaele Lo Iacono e Giuseppe Raffele, ed infine accade anche nella lista “Al lavoro per il cambiamento” con un Mirko Tassone inspiegabilmente “assente”. Cosa succede? Dal tutti contro tutti della campagna elettorale si è passati al “tutti amici” di questi giorni, eppure qualcosa non torna. Nessuna uscita pubblica dei quattro consiglieri comunali a rimarcare quanto successo nelle fila della maggioranza, un fatto politico che non trova precedenti nella recente storia della cittadina montana. Neppure il patron del centrosinistra, il consigliere regionale Pd Bruno Censore, è intervenuto a sottolineare il momento di difficoltà del centrodestra serrese, che ora è alle prese col toto assessori - a proposito del quale il sindaco Rosi è stato chiaro: nessun assessorato esterno. Una spiegazione ci sarebbe e potrebbe essere la seguente. Tra i big del centrosinistra che potrebbero trarre vantaggio da una defaillance della maggioranza ci sarebbero gli acerrimi avversari Lo Iacono e Censore. Entrambi tacciono, forse pensando che l’uscita dell’uno a sfavore della maggioranza, la cui caduta non gioverebbe a nessuno dei due, non farebbe che avvantaggiare la posizione dell’altro in grado di veicolare su se stesso il malcontento popolare esistente, per questo meglio tacere e limitarsi a galleggiare. Un’altra ipotesi, che riportiamo solo come tale, potrebbe essere ben più beffarda: chissà che la Befana non abbia voluto regalare ai serresi una maggioranza comunale un tantino più allargata. 

Pubblicato in LO STORTO

mini san_francesco_paola_subacqueo__2Una grossa statua raffigurante San Francesco di Paola è sparita dallo specchio d'acqua antistante la città che ha dato i natali al Santo. Il maestoso manufatto, una statua bronzea alta due metri e pesante più di due tonnellate, opera dell'artista Zappino, era stata sistemata a 23 metri di profondità dai sommozzatori del Gruppo Subacqueo Paolano nel novembre 2007, anno in cui ricorreva il cinquecentesimo centenario della morte del Santo, patrono dei calabresi e della gente di mare. Nella giornata di domenica 30 dicembre 2011, lo stesso gruppo di sommozzatori che l'aveva sistemata, notò l'assenza della boa che segnalava la presenza sottomarina della statua del Santo.

L'allarme è scattato immediatamente e, nonostante gli ormai 6 giorni di ricerche da parte degli stessi sub, ancora non si hanno notizie a riguardo. Il monumento sembra essere sparito nel nulla. L'ipotesi, oltre naturalmente a quella del furto, è che la statua possa essere rimasta incastrata nelle reti di qualche pescatore di frodo e quindi sdradicata e trascinata chissà dove. Ipotesi questa poco probabile vista la mole del manufatto. Gli esperti e gli investigatori tendono più verso l'ipotesi di furto e seguono 2  diverse piste. La prima porta in Campania, la regione più vicina dov'è possibile trovare un'imbarcazione capace di prelevare dal fondo la grossa statua, mentre la seconda fa riferimento alle dichiarazioni di una testimone che avrebbe visto un camion con a bordo una statua di San Francesco dirigersi verso San Lucido. Sempre secondo alcune voci, nei giorni 28 e 29 dicembre scorso, un grosso peschereccio blu, dalle dimensioni sufficienti per poter sollevare la Statua, è stato avvistato navigare vicino al luogo dov'era la statua.

Inanto nei giorni scorsi si sono susseguiti diversi appelli, anche su facebook, da parte di vari gruppi e associazioni del luogo che rivorrebbero indietro la statua del Santo Patrono.

Pubblicato in ATTUALITÀ
Lunedì, 02 Gennaio 2012 14:41

"Io calcio a 5"

mini LOGO_AICSSenza giovani non esiste futuro. Sembra scontato, ma talvolta serve a sottolinearlo. Il giovane, l'atleta costruito in casa, poi, almeno nei primi anni di vita agonistica è meno pretenzioso di chi proviene da un'altro club. Certo per lavorare con i giovani servono strutture e passione, può essere un sacrificio, ma nella maggior parte dei casi si viene ripagati. Se non nasce un campione, quantoneno si è contribuito a formare un'uomo. 
Il calcio a 5 non può continuare a vivere su acquisti e "conversioni" dal calcio a 11, non può tentare di formare dei talenti solo in età giovanile avanzata, deve costruire l'atleta nel suo momento di più facile apprendimento: la fanciullezza. Cosi, si è sempre pensato di istituire delle scuole calcio specifiche. E visto  che il messaggio faticava a essere recepito, si è passati ad obbligare almeno le società di vertice a lavorare con i più piccoli. 
"Io calcio a 5" è un progetto sperimentale della Divisione che prevede l'obbligatorietà per le società che partecipano al Campionato Nazionale di Serie A di attivare Scuole di Calcio a 5. Una scelta inattaccabile, perchè è il modo di allargare non solo la base dei praticanti, ma anche quella degli appassionati: chi accompagnerà i bimbi alla scuola calcio si fermerà a seguire gli allenamenti, poi inevitabilmente, vorra vedere come è la disciplina ai massimi livelli e, avremo catturato uno spettatore. 
Associazione italiana cultura e sport "Polisportiva delle Serre"
Pubblicato in SPORT

mini spera_randi«C’è un legame segreto fra lentezza e memoria, fra velocità e oblio». Uno dei passi salienti de “La lentezza”, il romanzo in cui Milan Kundera descrive la nostra epoca «ossessionata dal desiderio di dimenticare, ed è per realizzare tale desiderio che si abbandona al demone della velocità; se accelera il passo è perché vuole farci capire che oramai non aspira più ad essere ricordata; che è stanca di se stessa, disgustata da se stessa; che vuole spegnere la tremula fiammella della memoria». Un passo chiaro, esplicativo di un’età ed un tempo costretti a convivere con lo spettro dell’oblio. Nel momento in cui la tecnologia offre apparentemente un’illimitata possibilità di preservare il passato, si registra una grande propensione a dimenticare. Un’esistenza, la nostra, invasa dall’informazione e dalla cronaca quasi mai destinata a diventare storia. Episodi clamorosi, sui quali l’enfasi mediatica esercita la propria sconfinata energia, lasciano presto il passo al demone invisibile della “velocità”. Uno spettro al quale non sembra sfuggire nessuno, a partire dalle piccole comunità, nelle quali per secoli il racconto orale ha tramandato il ricordo di eventi lontani, di fatti senza tempo. Ciò che spesso oggi manca è, quindi, la memoria a breve termine, il vissuto quotidiano destinato a non divenire mai storia. A volte però esercitare il ricordo diventa una forma di dovere. A poco più di un quarto di secolo, un tempo relativamente breve, viene per esempio da chiedersi dove sia finita quella che i serresi, con una locuzione dialettale, avevano battezzato “la Spera randi”. Un magnifico ostensorio sparito e mai più ritrovato. Il furto, compiuto a Serra San Bruno, nella notte del 18 novembre 1982, all’epoca lasciò inebetita l’intera cittadina. A distanza di anni, il ricordo sembra invece affievolirsi, a tratti addirittura svanire. Eppure non si tratta di un’opera minore. L’ostensorio rappresentava uno dei più grandi capolavori dell’arte calabrese. Era stato realizzato a Napoli, nel 1820, presso la fonderia Russo, ad opera dell’artista serrese Domenico Barillari. Un autentico capolavoro, capace di suscitare l’ammirazione del «Presidente della Accademia delle Belle Arti e disegno D. Costanzo Angelici il quale – nel vedere il modello, secondo il resoconto fatto per la “Platea”, da don Domenico Pisani, avrebbe manifestato -  la grande sua meraviglia dicendo: non essere credibile essere quella Opra, parto d’Ingegno Calabrese». Un oggetto artisticamente imponente, del quale, Domenico Pisani, in un breve saggio dal titolo “Vita e opere di Domenico Barillari” ha scritto: «L’opera è curata in ogni dettaglio e si presenta ricca di particolari: il piede e decorato da foglie di acanto che si accartocciano  e da un tralcio di vite che si insinua intorno alla base e si ripete più in alto. Una perlinatura dorata scorre parallela ad un serto di alloro disposto in fascia mentre, al di sopra, volute fitomorfe fanno da base, sul recto, a tre statuine a tutto tondo che rappresentano la Fede, la Speranza e la Carità e, sul verso, all’Agnus Dei». Il suo grado di perfezione aveva indotto gli artisti serresi del tempo a diffondere la leggenda secondo la quale l’autore, per evitarne la riproduzione, avrebbe gettato in mare il modello ligneo. Alto 112 centimetri e largo 40, del peso di 33 libbre , quasi sei chili, venne trafugato dalla chiesa dell’Addolorata. Oltre all’ostensorio il furto interessò una pisside ed alcuni calici in argento, un crocifisso in avorio ed una statuetta della Madonna. Ad agevolare il lavoro dei ladri, la presenza, all’epoca dei fatti, di una distesa di piccoli orti collocata alle spalle della chiesa. Dal luogo in cui oggi sorge il parcheggio di piazza Tozzo i malviventi poterono introdursi indisturbati nell’edificio di culto, dopo aver segato le sbarre di una finestra che dava nella sacrestia. Sul luogo, i carabinieri rinvennero, numerose cicche di sigaretta, segno che l’operazione andò avanti per diverse ore, alcuni seghetti, una pinza e un paio di cacciavite. La chiesa dell’Addolorata, del resto, già in passato aveva attirato le attenzioni degli “amanti” di arte sacra. Come riporta il resoconto di un cronista che all’epoca si occupò del furto dell’ostensorio, «Nel ’73 in pieno giorno [venne] asportata una tela di notevole valore artistico, opera dell’artista serrese Salomone Barillari. Qualche anno fa ci fu un altro furto. In quell’occasione vennero asportati numerosi oggetti d’arte di notevole valore che non sono mai stati recuperati». Un patrimonio artistico particolarmente ricco quello custodito a Serra San Bruno, dove, già tra Sette e Ottocento si erano segnalati gli appetiti sacrileghi dei ladri. A partire dal terremoto del 1783 iniziò ad essere saccheggiato ciò che rimaneva della Certosa. Furti e ruberie, descritti in un saggio di Bruno De Stefano Manno, nel quale si risale al movente dell’omicidio, consumato nel 1844, di un certosino di origine francese, padre Arsenio Compain che avrebbe pagato con la vita il desiderio di recuperare le opere d’arte trafugate dal monastero. Oggetti ed arredi sacri spesso finiti nelle case di facoltose famiglie del circondario. A riprova le tante abitazioni sulle quali spesso campeggiano fregi ed ornamenti risalenti all’antica fabbrica certosina. Le tracce dell’ostensorio sembrano, invece, essere irrimediabilmente svanite, a dispetto del riscatto offerto, nell’immediatezza dell’evento, dalla confraternita dell’Addolorata. Sulla “Spera randi” pare essere lentamente calato il velo dell’oblio. Eppure in molti all’epoca ritenevano che l’ostensorio non avesse mai lasciato Serra, custodito in un luogo sicuro, dove nessuno sarebbe mai andato a cercarlo.

Pubblicato in CULTURA

mini studentiGiorno 22 Dicembre, presso l’Aula Magna dell' Istituto Superiore “Luigi Einaudi” di Serra San Bruno, noi ragazzi del V B e del IV B IGEA abbiamo portato in scena una commedia sull’Unità d’Italia. Nessuno di noi ha partecipato con lo scopo di mettersi in mostra, ma si è voluto soltanto mettere in risalto, attraverso un confronto tra due gruppi di scolaresche diverse (uno serrese e uno napoletano), quanto in questi anni i cittadini italiani hanno generato, e cioè un federalismo sociale ancor prima di un federalismo politico, programmato e applicato dalle istanze politiche.

Quindi grazie alla partecipazione assidua di noi ragazzi e in particolare ai miei compagni  che hanno saputo calarsi nel personaggio di Garibaldi e di Anita, si sono portati alla luce i sani concetti di costituzionalità e fratellanza che sono stati la base, nel 1861, per la formazione della nostra Nazione. Io stessa ho avuto l'onore di ricoprire il ruolo della “Signora Italia”, un ruolo non di poca importanza, e recitare questa preghiera: “Affinché ognuno di noi sia più cosciente del suo nome e della sua storia; affinché ognuno di noi sia degno di essere figlio dell'Italia nostra, di quell' Italia che deve essere fiera, ma non superba, forte, ma non violenta, come è stata sognata da San Francesco e cantata dal sommo poeta Dante Alighieri”.

All’inizio avevamo preso la cosa poco sul serio, ma poi ci siamo resi conto che pur essendo una commedia, il cui tema era molto toccante come anche l'obiettivo da aggiungere, c’era bisogno di tanto impegno e di tanta buona volontà e voglia di fare.

Anche se non siamo stati bravi attori di teatro, ci siamo proprio divertiti a portare avanti le prove, e poi, soprattutto, ci siamo messi alla prova noi stessi. 

Erminia Ariganello (V B, Ragioneria)

Pubblicato in CULTURA

Il Vizzarro.it - quotidiano online
Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova

Reg. n. 4/2012 Tribunale VV

redazione@ilvizzarro.it

Seguici sui social

Associazione "Il Vizzarro”

via chiesa addolorata, n° 8

89822 - Serra San Bruno

© 2017 Il Vizzarro. All Rights Reserved.Design & Development Bruno Greco (Harry)