Il Vizzarro.it - quotidiano online
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Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
SERRA SAN BRUNO - In merito all'operazione portata a termine nella giornata di ieri dagli uomini del locale Commissariato di Polizia, nel corso della quale è stato tratto in arresto Salvatore Cirillo, trentaseienne residente in contrada "Ninfo", alle porte di Serra San Bruno, l'avvocato Michele Ciconte, legale della persona arrestata, precisa che, contrariamente a quanto pubblicato dalla nostra testata, il suo assistito al momento dell'arresto non si trovava nell'abitazione all'interno della quale gli agenti hanno rinvenuto il munizionamento da guerra.
DINAMI - Arrestato dai carabinieri di Dinami il presunto responsabile del tentato omicidio di Pietro Schinello, 35enne raggiunto da un colpo d'arma da fuoco alle gambe oggi pomeriggio, mentre giocava a carte in un bar del piccolo centro dell'Alto Mesima. A sparare contro Schinello sarebbe stato proprio il titolare del bar, Antonino Cavallaro, che dopo una lite per futili motivi, avrebbe esploso un colpo contro Schinello con una pistola detenuta legalmente. Di seguito la nota diffusa dal capitano Stefano Esposito Vangone, comandante della Compagnia Carabinieri di Serra San Bruno.
WOLFSBURG - Una manifestazione prettamente culturale. Questo è stato il taglio che si è voluto dare alla settimana calabrese a Wolfsburg. Infatti, per l’occasione, l’architetto Maria Lia Ciconte (tra gli organizzatori dell’evento) assieme al direttore del Sistema Bibliotecario Vibonese Gilberto Floriani, ha presentato il 12 giugno scorso il "Premio Letterario Calabria - Wolfsburg".
«Quest’anno - ha sostenuto Maria Lia Ciconte - abbiamo cercato di individuare 5 volumi rappresentativi della Calabria, al fine di lanciare un premio letterario che, per le prossime edizioni, potrebbe assumere un taglio diverso dando spazio a nuovi talenti letterari».
E la scelta è caduta proprio su scrittori autorevoli i quali, anche se in modo molto diverso tra loro, hanno saputo descrivere la Calabria da più sfaccettature. Gli autori, - scelti in seno al Sistema Bibliotecario Vibonese -, sono: Vito Teti con Pietre di Pane, Mauro Minervino con Statale 18, Angela Bubba con MaliNati, Francesca Viscone con Concerto a Berlino e Mimmo Gangemi (unico autore presente alla presentazione del Premio) col suo La signora di Ellis Island.
Maria Lia Ciconte cede subito il timone a Gilberto Floriani, il quale si è cimentato a descrivere lo scopo del "Premio Letterario Calabria - Wolfsburg". «Quando abbiamo pensato a quest’evento - ha detto il direttore del SBV - abbiamo puntato alla diffusione della cultura calabrese attraverso l’aiuto dei nostri corregionali integrati in Germania».
Superate oramai le difficoltà che si scagliarono sulla prima generazione di emigranti, il calabrese, si fa divulgatore tramite la letteratura della propria cultura. Come? «I libri selezionati quest’anno - sostiene ancora Floriani - sono solo l’inizio di un percorso che non ha l’intento di promuovere la cultura calabrese attraverso lo scrittore affermato, ma al contrario, attraverso lo scrittore emergente, il talento letterario calabrese che vive in Germania, il quale, partecipando al "Premio Letterario Calabria - Wolfsburg", ha l’occasione di farsi conoscere e di ritagliarsi uno spazio nel mondo dell’editoria».
Praticamente, i ragazzi calabresi della terza generazione, lungi dall’essere figure di emigranti tradizionali, oramai completamente integrati nella società tedesca, attraverso le loro opere potrebbero scoprirsi scrittori talentuosi e farsi ambasciatori con la letteratura della cultura dei loro padri.
Floriani in ultimo, ha introdotto l’intervento dello scrittore Mimmo Gangemi sostenendo che nonostante fare cultura in Calabria sia difficile, gli intellettuali riescono sempre ad emergere. Gangemi, dopo aver sottolineato un dato statistico che vede i lettori calabresi al primo posto nel Sud Italia, ha sostenuto che esiste in Calabria un fermento letterario forte, attraverso il quale si può presentare la possibilità per i giovani scrittori di far arrivare la propria voce oltre i confini del Pollino.
Pertanto, l’autore de La signora di Ellis Island, ha invitato tutti a fuggire gli stereotipi che da sempre annoverano la Calabria in un girone infernale, sostenendo che oramai da tempo «il cancro che affligge la nostra regione ha trovato un nemico inaspettato: la cultura».
Maria Cirillo
SERRA SAN BRUNO – “Sole nero a Malifà” è una delle opere più rappresentative di Sharo Gambino, scrittore e giornalista calabrese, nato a Vazzano ma trapiantato nel popoloso centro montano, scomparso nell’aprile del 2008. Il romanzo, pubblicato per la prima volta nel lontano 1965, è stato oggetto di ristampa da parte della casa editrice Rubbettino. Ambientato a Ragonà e Cassari, frazioni di Nardodipace, "Sole nero a Malifà" narra la vicenda umana di un giovane, Gesuino, il cui nome rappresenta la metafora del destino al quale va incontro la gente, quella di fine anni ’60, sopraffatta dalla miseria e dalla povertà. Anche quest’anno, l’istituto d’istruzione superiore “Luigi Einaudi” di Serra San Bruno, ha riproposto il premio “Sharo Gambino”, che tra i tanti obiettivi, ha anche quello di promuovere tra i giovani la lettura e la conoscenza dell’autore, la cui opera, ispirata alla realtà della Calabria e dell’Italia meridionale, merita di essere adeguatamente diffusa e apprezzata per “l’alto valore del suo messaggio culturale e per il posto occupato da Gambino, serrese d’adozione, nella letteratura meridionale del ’900”. Nei giorni scorsi, infatti, presso l’aula magna dell’istituto, si è tenuto un dibattito durante il quale è stata ricordata la figura del celebre scrittore meridionalista. Presenti i familiari del poeta, il dirigente scolastico, prof. Tonino Ceravolo; il prof. Vito Teti, ordinario di Etnologia presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università della Calabria, oltre ovviamente agli studenti della scuola. Dopo un breve dibattito incentrato maggiormente sulla figura dello scrittore, si è proceduto alla premiazione dei migliori elaborati: per il biennio, sono stati premiati Miriam Riggio e Federica Pollicino; mentre il primo premio è andato a Bruno Scopacasa. Per quel che riguarda il triennio, invece, il secondo posto se lo sono aggiudicate Ilenia Zangari e Angela Roti; mentre il primo premio è andato, per il secondo anno consecutivo, allo studente Giampaolo Cirillo.
SERRA SAN BRUNO – Ha saputo affrontare la ‘ndrangheta a viso aperto. Senza esitazioni. Senza tentennamenti. Ma con il timore, però, che proprio la ‘ndrangheta, l’organizzazione criminale più potente al mondo, prima o poi gliel’avrebbe fatta pagare. E così, purtroppo, è stato. Tiberio Bentivoglio, testimone di giustizia e imprenditore reggino titolare di un negozio di articoli sanitari, ha fatto una scelta. Coraggiosa, certo. Ma che, da quel momento, gli avrebbe stravolto completamente la vita. Tiberio Bentivoglio ha scelto di non pagare il pizzo e di sottrarsi alle ingiustizie ed alle malefatte della criminalità organizzata, in una terra, come la Calabria, nella quale la ‘ndrangheta decide tutto, persino i propri candidati alle elezioni comunali, provinciali e regionali. La storia di Bentivoglio è stata oggetto di un libro, scritto da Daniela Pellicanò, dal titolo “Colpito, la vera storia di Tiberio Bentivoglio”, presentato nel pomeriggio di ieri nel salone di palazzo Chimirri. All’evento, organizzato dall’ associazione “Libera” e moderato dal giornalista Sergio Pelaia, erano presenti monsignor Giuseppe Fiorillo, coordinatore provinciale di “Libera”, Matteo Luzza, familiare di vittima innocente della criminalità organizzata, Giovanna Esposito, referente locale di Libera e lo stesso Bentivoglio. Il primo ad aprire gli interventi è stato Sergio Pelaia, il quale si è soffermato sul lavoro che l’associazione antimafia svolge quotidianamente, parlando altresì di “mentalità ipocrita ed individualista” in riferimento al caso di Pasquale Andreacchi, il diciottenne barbaramente ucciso ed i cui resti sono stati ritrovati in un cassonetto. “A Serra – ha concluso Pelaia – c’è quella mentalità mafiosa che porta ciascuno a mettere il proprio io, e il proprio 'clan' familiare, al di sopra di tutto”. Don Fiorillo, dal canto suo, ha definito Tiberio Bentivolglio “un esempio lampante di calvario e resurrezione”. Secondo Matteo Luzza, fratello di Giuseppe, ucciso dalla ‘ndrangheta diciotto anni fa, “la manifestazione di questa sera è l’ideale prosecuzione di quella dei 21 marzo scorso fatta proprio in questa cittadina”. Presente anche Bruno Censore, vicepresidente della Commissione regionale Antimafia, il quale ha ribadito la necessità di “rompere ogni muro d’omertà e ciascuno deve fare la propria parte. Non ho mai preso o voluto i voti dei mafiosi”. Il primo cittadino di Serra, Bruno Rosi, si è detto lieto per il fatto che Libera abbia deciso di organizzare questo evento nella cittadina montana sottolineando, inoltre, come sia “necessario continuare in maniera incessante la lotta contro la criminalità organizza. Mi sento – ha concluso Rosi – al fianco di chi ha il coraggio di ribellarsi”. La conclusione dei lavori è stata affidata proprio a Tiberio Bentivoglio il quale, dopo aver fatto una cronistoria sugli ultimi anni della sua vita, ha detto di essere diventato “una preda che doveva dare delle risposte. Non è stato facile dire di no e ora anche se soffro non ne sono pentito. Il mafioso – ha concluso – è un vigliacco che mi ha sparato al buio e alle spalle mentre i coraggiosi siamo noi”.
Con “Uno spettro si aggira per l’Europa”, nel 1848, Marx apriva il “Manifesto del Partito comunista”. A distanza di un secolo e mezzo, senza spettri, l’Europa è diventata una vecchia ed appesantita carampana incapace di superare gli ostacoli della crisi. Una carampana che non teme più lo spettro di cui parlava Marx, ma che deve fare i conti con gli zombi che solcano le sue strade. Lo zombi, presso le popolazioni haitiane, è un corpo che ritorna in vita, dopo che una parte della sua anima è stata catturata dal bokor, ovvero dal sacerdote, che lo controlla e lo guida una volta rianimato. Nell’Europa segnata dalla crisi, sono stati i bokor della finanza a ridare nuova vita alle paure ed alle ansie che, nel volgere di pochi mesi, sembrano aver definitivamente cancellato i sogni e le speranze di intere generazioni. L’apprensione viaggia, di pari passo, con la rabbia, a volte con la furia di chi pensa di non dover essere lui a pagare il conto della crisi. Oggi, il cittadino greco, italiano, spagnolo, portoghese, in altri termini europeo, è come se passasse davanti ad un ristorante, dove si è svolto e continua a svolgersi un lauto banchetto ed uno degli organizzatori pretendesse di fargli pagare il conto. Un conto, per una festa organizzata da altri ed alla quale non ha neppure perso parte. In tempi normali, sarebbe una follia, ma, quelli in cui viviamo, non sono tempi normali, tuttavia, sono i tempi in cui siamo stati destinati a vivere. Ma chi è che vuol farci pagare il conto? Chi ha evocato il moloch che sembra aver divorato il futuro di ciascuno? Per Alain De Benoist, saggista e pensatore francese, autore di “Sull’orlo del Baratro”, le origini della crisi che viviamo «vanno ricercate nella grande ondata di deregulation dei mercati finanziari messa in piedi all’epoca di Margareth Thatcher e Ronald Reagan». Si potrebbe dire, quindi, che le ricette cucinate negli anni Ottanta, siano andate a male nel primo decennio del 2000, con il compimento del processo di globalizzazione iniziato con la caduta del muro di Berlino. « Il sistema- sostiene De Benoist - si è allora dotato di due nuove caratteristiche: abbiamo visto il capitalismo finanziario svilupparsi in proporzioni straordinarie, e questo ha dato luogo a pratiche speculative senza più alcun rapporto con l’economia reale; inoltre, il capitalismo si è completamente deterritorializzato. Fino alla fine del XX secolo esso era ancora legato al territorio, i profitti accumulati nella parte alta della piramide finivano per discendere verso la base e questo ha permesso, nell’epoca del fordismo, lo sviluppo delle classi medie nel mondo Occidentale. Oggi il capitalismo si sviluppa nell’orizzonte di un mercato planetario dove le multinazionali possono piazzare le loro attività secondo il solo criterio della massimizzazione dei loro profitti. Ciò si traduce nel fenomeno della delocalizzazione e nel mettere in concorrenza, i lavoratori europei con quelli sottopagati del terzo mondo» un processo che spiega, tra l’altro, perché le classi medie siano sempre più sull’orlo del declassamento. Ma gli zombi richiamati dai bokor non arrivano solamente dai fatidici anni Ottanta. Qualcuno risale, addirittura, all’agosto del 1971 quando, scrive De Benoist, «Richard Nixon decise di cessare di garantire la convertibilità in oro del dollaro il sistema monetario internazionale è totalmente squilibrato. È in tale contesto che nell’autunno del 2008 si è verificata la crisi dei "mutui subprime" che, partita dagli Stati Uniti, si è estesa rapidamente al mondo intero. Gli Stati, che erano già in deficit, si sono pesantemente indebitati per salvare le banche, le compagnie di assicurazione e i fondi di investimento che rischiavano di fallire. La crisi del debito privato si è così trasformata in crisi del debito pubblico». Un crisi che non ha risparmiato neppure il vecchio continente che si riteneva al sicuro sotto l’ombrello offerto dall’euro. Al contrario « L’avvento dell’euro ha aggravato le cose nella misura in cui la moneta unica, che avrebbe dovuto favorire la convergenza delle economie europee, ha aumentato le loro divaricazioni. Nei Paesi del Sud Europa l’indebitamento è diventato assolutamente insopportabile. Gli Stati credono di poterlo fronteggiare adottando misure di austerità e di rigore che finiscono per far pagare alle classi popolari i costi di una crisi della quale non hanno alcuna responsabilità. Ma tali misure si traducono in bassi salari, perdita del potere d’acquisto e nell’aggravarsi della disoccupazione, e intanto il deficit continua a crescere. Costretti a continuare a indebitarsi, gli Stati si ritrovano nella trappola dell’usura che li rende totalmente dipendenti dagli interessi finanziari privati». Per cercare di venirne fuori, si è arrivati a commissariare la democrazia, al punto che, a dettare l’agenda politica, non sono più i grandi ideali, i sentimenti dei cittadini, le preferenze degli elettori. No! A dare le coordinate, è lo spread, ovvero le banche. E, pur essendo, secondo lo scrittore Ezra Pound, i “politici i camerieri dei banchieri”, ad un certo punto, non fidandosi dei camerieri, i banchieri hanno deciso di sostituirli con i loro segretari. I bokor hanno, quindi, evocato gli zombi, mandando al potere un’aristocrazia tecnocratica che ci impone di pagare e tacere. A ciò si aggiunga, il dramma di chi si trova affidato alle cure, non del medico, ma dell’untore che ha inoculato il virus all’origine di tutti i suoi mali. Come possiamo sperare di uscire dalla tempesta, se al timone di comando è stato imposto chi la tempesta non l’aveva, non solo, prevista, ma addirittura determinata? La sensazione è che i sacrifici che quotidianamente ci vengono, non chiesti, ma imposti, non siano finalizzati a restituirci il futuro, quanto, piuttosto, a farci pagare quel banchetto al quale non abbiamo preso parte.
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