La prostituzione adolescenziale spontanea, un fenomeno in preoccupante ascesa anche nei nostri territori. Una “scelta di vita” inquieta. Figlia del bisogno, del malessere o di disturbi comportamentali trascurati. Un dramma crudo che si modella lentamente e cresce, tra l’indifferenza ed il silenzio generale. Storie che tutti guardano, pesano e giudicano, ma senza agire. Senza trovare il coraggio di denunciare. Una ferita aperta che, sulle vittime, a lungo termine, causerà danni irrimediabili.
La prostituzione adolescenziale sembra stia prendendo purtroppo piede anche nella “tranquilla” Serra San Bruno, così come in altri centri del comprensorio, perché una volta scomparsi i valori morali - nella piena decadenza culturale - non è affatto difficile ritrovarsi a vivere in città socialmente morte.
Dove tutti fingono di ignorare i fatti. Dove tutti fingono di non essere in possesso di informazioni in realtà già di dominio pubblico. C’è un muro di omertà ed ipocrisia che nessuno ha la forza, il coraggio o la voglia di infrangere. Un muro che agevola i costumi di ragazzine di quindici, sedici anni, che usano il proprio corpo per “guadagnare” concedendosi, nella maggior parte dei casi, a persone con almeno il quadruplo della loro età. Anziani dai volti amichevoli, padri, nonni. Uomini ben visti e rispettati in paese, ma dal doppio profilo. Camuffati dietro l’apparente quotidianità di cittadini “normali”. Carnefici che rimarranno impuniti, magari ignoti tra la folla, capaci - per qualche soldo - di comprare la carne morbida di quelle che, di fatto, sono ancora bambine. Storie che assomigliano a leggende a cui spesso si stenta a credere, ma che quando si rivelano realtà lasciano davvero l’amaro in bocca. Come quella di Angela (il nome è di fantasia ma i fatti sono purtroppo reali) 17enne serrese che si scopre in gravidanza e solo dopo il parto – a fine agosto - trova il coraggio di confessare ai carabinieri i nomi dei potenziali “padri” del proprio bambino, tutti convocati poco dopo in caserma per essere interrogati. O come le storie di altre ragazzine, avvistate – in orari e modi a dir poco sospetti – entrare ed uscire in compagnia di anziani “signori” dalle mura del vecchio kursaal: un “pericoloso” relitto, abbandonato come un transatlantico affondato fra gli abissi del centro storico.
La cosa sconvolgente è che si tratta di abusi consenzienti, consumati alla luce del sole. Una forma di prostituzione spontanea giustificata dal mero scopo di fare soldi. E poi neanche tanti. Qualche decina di euro, un cellulare, un regalo, un vestito firmato, una ricarica telefonica. Mentre tutto intorno tace, su quella che rimane comunque un’eclatante e palese realtà.
Viene ovviamente tirata in ballo la morale che ha perso la sua dimensione sociale, tanto da trasformarsi in attitudine personale: “Ognuno è libero di fare ciò che vuole” si sente dire. Per fortuna però esistono ancora impieghi fattibili, datori di lavoro onesti e occupazioni dignitose che possano permettere ai giovani che non vogliono continuare gli studi, di investire sul proprio futuro, di avere qualche euro in tasca senza arrivare alla drammatica esigenza di vendersi al miglior offerente in cambio di prestazioni sessuali. Anche se la prostituzione adolescenziale è ormai divenuta pratica comune in tutta Italia proprio perché rappresenta la strada più veloce e semplice per avere soldi “facili”. La scuola in questo ha il suo ruolo, come l’assenza fisica e morale dei genitori o dei servizi sociali, come - ancora - i modelli culturali pubblicizzati dalle grandi multinazionali: pensiamo ai mini preservativi distribuiti ai bambini di 12 anni proposti da un’azienda svizzera anche in Italia, pensiamo all’assenza di corsi di educazione sessuale nelle scuole del nostro paese o comunque di fatto mai offerti da alcuna istituzione. Nel più felice dei casi tutto si riduce ad una mattinata di superficiale “informazione”.
Una realtà quindi complessa e drammatica, difficilmente riassumibile, anche per chi la scrive. Sarebbe opportuno però iniziare ad ascoltare la verità o, se non altro, iniziare a cercarla. Non per accusare o giudicare, ma quantomeno per sensibilizzare un’opinione pubblica ammorbata. Dormiente nei confronti di un gravissimo problema sociale, volutamente e strumentalmente ridimensionato in primis dai componenti delle famiglie che il dramma lo vivono personalmente. Un invito alla riflessione per tutti i genitori e per i loro figli, perché solo accettando la realtà si può iniziare un cammino di buoni propositi che permetta realmente di giungere ad una reale e concreta risoluzione di un problema altrimenti insormontabile.