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Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
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Quella di Pasquale Andreacchi, il 18enne di Serra San Bruno barbaramente ucciso nell'ottobre di cinque anni fa, è una morte che, fino ad oggi, è rimasta impunita.
Ne è trascorso, infatti, di tempo dal quel drammatico 9 dicembre 2009, giorno in cui furono ritrovati i resti del giovane amante dei cavalli, fatto inginocchiare e ucciso con un colpo di pistola alla testa. Ma di certezze, ad oggi, neanche l'ombra. Un calvario, quello della famiglia Andreacchi, iniziato la sera dell'11 ottobre 2009. Dopo essersi ritirato dal maneggio in compagnia del padre Salvatore, intorno alle 19 di sera Pasquale esce per comprare le sigarette. Poche, centinaia di metri separano l'abitazione di Pasquale dal tabacchino. Purtroppo, però, il 18enne non fa più ritorno a casa. La mattina seguente, la madre, Maria Rosa, non vedendo il figlio a letto, inizia a sentire parenti e amici per capire se qualcuno lo avesse visto, ma niente. Pasquale sembra essere svanito nel nulla. I genitori, dunque, non riuscendo ad avere notizie, decidono di recarsi presso il locale Commissariato di Polizia per sporgere denuncia. Dalle attività investigative portate avanti dagli inquirenti emerge un particolare di non poco conto: Pasquale, infatti, avrebbe avuto dei problemi con un pregiudicato della zona per la compravendita di un cavallo non pagato. Questa, dunque, è stata la pista inizialmente portata avanti per cercare di fare luce sulla scomparsa. Intanto, però, i giorni passano. Settimane trascorse alla ricerca di un qualche elemento utile che potesse aiutare il padre Salvatore e la mamma Maria Rosa a capire cosa fosse accaduto. Nulla di tutto ciò. Si arriva, dunque, al 9 dicembre, data che i familiari di Pasquale ricorderanno a lungo: a due mesi di distanza dalla scomparsa, alcuni operai comunali scoprono in un cassonetto della spazzatura un cranio con un foro provocato da un colpo di pistola ed un femore spezzato piuttosto lungo. Il 27 dicembre, poi, vengono ritrovati altri resti umani. «Quei resti non appartengono a nostro figlio», avevano detto i genitori subito dopo il ritrovamento. Salvatore e Maria Rosa sperano ancora di ritrovare il proprio figlio sano e salvo. Speranze che, purtroppo, il 15 gennaio dell'anno seguente lasciano il posto alla rassegnazione: gli esami del DNA, infatti, confermano che quei resti appartengono proprio a Pasquale. Inizia, dunque, da qui la lotta della famiglia Andreacchi con quella che può benissimo definirsi come la malagiustizia. Si, perchè a distanza di anni, ancora l'omicidio di Pasquale non ha un colpevole. Salvatore e Maria Rosa chiedono giustizia, nient'altro, affinchè la morte del proprio figlio non rimanga impunita.
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