Venerdì, 31 Maggio 2013 12:55

Morire di 'amore'

mini Fabiana LuzziRiceviamo e pubblichiamo:

Si può uccidere in nome dell’amore? Che amore è quello che induce ad uccidere? Non è sicuramente una storia d’amore, l’assassinio della giovanissima Fabiana, che, in quella che potremo definire una classifica dell’orrore, rientra sicuramente in una posizione apicale. E nessuna motivazione, mai, può giustificare tale ferocia. Nessun comportamento o atteggiamento può motivare, alimentare o avallare questa barbarie, nessuno mai deve sentirsi autorizzato ad ergersi a carnefice.

E ancora più agghiacciante e sconvolgente in questo caso è la giovane età dei “protagonisti”. Giovani, acerbi. Vittima e carnefice. Lei lo ha rifiutato. Lui ha infierito. Un rifiuto è come un’onta inconcepibile e un’imperdonabile ribellione. Tale da indurre a sopprimere chi ha “osato”!

Non me la sento di parlare delle modalità perché, da mamma e donna, fa troppo male. Vorrei invece soffermarmi sul fenomeno e su quello che sull’argomento, si sta dicendo, da più parti, in questi giorni. Si assumono posizioni diverse, di condanna, di denuncia, ma anche di critica.

Alcuni articoli scritti sui giornali nazionali in questi ultimi giorni sono stati molto forti, pesanti, nei confronti di quella che è stata definita una Calabria che non dà scelta. Non credo sia così esteso il fenomeno.

Però c’è, esiste. E non dobbiamo girarci dall’altra parte, perché ci sentiamo offesi, e mettere la testa sotto la sabbia come gli struzzi. Purtroppo, ancora in alcuni ambienti, ci sono ragazze che subiscono molte limitazioni e ci sono ancora altri ambienti che educano per, abitudini ancestrali, i ragazzi a considerarle oggetto, loro proprietà, quindi destinatarie di maltrattamenti ed angherie al primo rifiuto o alla prima pseudo “ribellione”!

Ci sono veramente quei mostri di cui parlano? Certo, anche io considero mostro chi picchia la propria donna, chi le vieta di fare anche le cose più banali ma che potrebbero, stante la loro mentalità, intaccare l’”onore”, chi usa la violenza per dominare la persona, per natura più debole e che ha come unica pecca quella di non riuscire a ribellarsi.

Non credo che le donne calabresi siano compiacenti, sono solo delle vittime e quindi non potrebbero esserlo!

Mi sento e sono una donna fortunata. La mia famiglia d’origine mi ha dato la possibilità di crescere e maturare in un ambiente intellettualmente aperto e di scegliere il tipo di vita che ritenevo più giusto. Ho formato una famiglia con un uomo che insieme a me ha condiviso alla pari scelte e percorsi. Abbiamo, insieme, educato i nostri figli al rispetto verso gli altri, donne e uomini, contro ogni forma di razzismo, violenza, discriminazione, dando loro quei principi necessari per crescere da persone libere ed intellettualmente oneste.

Ma non credo di essere l’unica. Molte amiche e donne che conosco, donne forti e determinate, hanno potuto scegliere come vivere la loro vita, rendendosi protagoniste e non spettatrici del proprio sociale. Purtroppo per altre, e sono diverse, lo riconosco, non è stato e non è ancora così. Non so se si tratta di posizione geografica. Sicuramente si tratta di mentalità e di mancanza di rispetto verso le persone! Anche la mancanza di cultura rende prigionieri. Bisogna sempre associare al concetto di cultura, la parola libertà, e la cultura aiuta ad essere liberi.

Non mi è mai piaciuto generalizzare, credo sia un errore farlo ma è pur vero che sono tanti i casi di ragazze che non sono libere, per dirla con una metafora, di aprire le ali e volare perché queste vengono tarpate da una mentalità chiusa, gretta, retrograda. Non possono scegliere, perché se lo fanno, la libertà di scelta equivale ad essere una poco di buono.

Il rispetto umano è uno dei valori principali che si dovrebbe insegnare ai propri figli. Bisogna educarli fin da piccoli, e, da genitori mettersi in discussione, non essere sempre permissivi e sempre pronti a giustificarli quasi per un voler assolvere la propria inadeguatezza. Si, perché molto spesso i genitori hanno sostenuto con forza i propri figli violenti e sminuito episodi di bullismo e violenza gratuita facendo anche ricadere le colpe sulle vittime. Questi comportamenti inevitabilmente porteranno i ragazzi ad essere sempre più violenti con gli altri, e a pagarne il fio saranno sicuramente anche le loro sorelle, le loro future compagne e figlie; quando non le stesse madri. Non dimentichiamoci che un cattivo rapporto instaurato oggi si ripercuoterà inevitabilmente nei loro comportamenti futuri e potrà avere conseguenze disastrose.

Ma non bisogna mai rassegnarsi. Dobbiamo invece continuare a denunciare laddove esistono disuguaglianze e far emergere, invece le potenzialità che una donna “libera” potrebbe sviluppare, anche l’elenco delle donne vittime di amori “malati” si allunga sempre di più. Ogni giorno questo capitolo si fa sempre più copioso arricchendosi di dolenti quanto agghiaccianti novità.

Ritengo però strano anche il comportamento di donne vittime di violenza che però si rifiutano di essere salvate e ritornano, perdonandolo, con il loro carnefice. Si perché avviene anche questo. E’ successo di recente a Nettuno, dove una ragazza con il setto nasale rotto sostiene di essere caduta e non picchiata, come accertato dal padre, dal proprio ragazzo violento rifiutandosi di sporgere denuncia; o l’altra di Caserta che pur avendo la milza spappolata dai calci del fidanzato lo perdona e dice di amarlo ancora. Come si può continuare a fare violenza su sé stessi? Come possono tradurre in amore questi comportamenti aberranti e barbari per non dire malati? Credono che perdonando possano redimerli? Invece servono comportamenti forti, azioni provocatorie che si spera servano da esempio ad altre future vittime. E ben vengano quelle fatte dell’avvocato della ragazza di Caserta che si è rifiutata di difenderla e ha rimesso il mandato e del padre della ragazza di Nettuno che ha denunciato, di sua iniziativa e contro la volontà della figlia, il bruto che l’aveva picchiata.

Io non mi riterrò offesa dagli articoli “denigratori” finché una sola donna, nella mia terra non avrà libertà di scelta e di autodeterminazione, e fin quando la donna non sarà considerata una persona, esattamente alla stessa stregua degli uomini.

E non dimentichiamo, la violenza verso le donne va condannata. Sempre, al sud come al nord.

Merilia Ciconte
Presidente Commissione Pari Opportunità Soriano Calabro (VV)

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mini adelina-fabianaFabiana e Adelina. Due giovani, i cui volti si confondono tra le centinaia di vittime di quello che per lungo tempo è stato banalmente definito “troppo amore”. Donne strozzate da un legame diventato corda e poi laccio mortale. 127 nel 2012. Oltre 20 dall’inizio del 2013. Ieri l’ultimo abbraccio di Corigliano Calabro a Fabiana Luzzi, 16enne barbaramente uccisa dal fidanzato di un anno più grande. Migliaia di persone, un fiume di lacrime e rabbia. Stessi striscioni che parlano di angeli volati via troppo presto o reclamano giustizia, stesse madri con le mani sul grembo ormai vuoto e lo sguardo vitreo, fisso sul feretro bianco che si allontana. Oggi, come 2 anni fa a Lamezia, città invase da palloncini bianchi e colombe, attonite davanti all’inenarrabile.

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mini filippo_ceravoloSORIANO CALABRO - È uno dei tanti giovani morti ammazzati. Un figlio strappato dall’affetto dei suoi cari. Filippo Ceravolo era un giovane innocente. Il destino, però, ha voluto che quella sera si trovasse nel posto sbagliato, con la persona sbagliata. Perchè l’obiettivo dei sicari non era Filippo, bensì il 27enne Domenico Tassone. Non si può morire a 19 anni. Soprattutto quando ancora hai una vita davanti. Una vita che, però, si interrompe tutta d’un tratto. Quando meno te l’aspetti. È una mattanza di innocenti quella che, negli ultimi anni, sta interessando il Vibonese. Vittime innocenti come Filippo Ceravolo. O, ancora, come Pasquale Andreacchi. Vittime della barbarie umana, che non conosce ostacoli e non si ferma di fronte a niente ed a nessuno. La Calabria, però, continua a pianger i propri figli. In molti casi poco più che maggiorenni. Soriano, però, non ha mai dimenticato Filippo. Non l’ha fatto il giorno delle esequie. E neppure la settimana dopo, quando il Movimento spontaneo sorianese scese in piazza in una silenziosa fiaccolata.
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mini locandina-evento-28_11_12-CAV-UNLA1_-_Copia_-_CopiaRiceviamo e pubblichiamo:

L’organizzazione IN.CA.STRI presieduta da Donatella Cristiano, con la collaborazione dell'associazione Risveglio Ideale presieduta dall'On. Angela Napoli e del coordinamento antimafie “Libera”, indice il “Living memorial PASQUALE ANDREACCHI – giornata in memoria delle vittime di mafia” , che avrà luogo domenica 5 maggio 2013 c/o Serra San Bruno (VV), all'anfiteatro piazza Guido. A 3 anni dai funerali del diciottenne serrese vittima della barbarie umana - uscito da casa l'11ottobre 2009 e ritrovato due mesi dopo, a brandelli in un cassonetto della spazzatura - IN.CA.STRI, Risveglio Ideale e Libera si uniscono per dare voce, non solo alla famiglia Andreacchi e alla sua disperata ed incessante battaglia di giustizia, ma a tutte le innocenti vittime di mafia e alle loro mutilate famiglie spesso abbandonate.
Relazioneranno:
– On. Angela Napoli, membro della Commissione Antimafia e Presidente di “Risveglio Ideale;
– Avv. Giovanna Fronte, Legale della famiglia Andreacchi ed attivista antimafia;
– Avv. Fernanda Gigliotti, attivista per i Diritti Civili;
– Ignazio Cutrò e Pietro di Costa, testimoni di giustizia;
– Rocco Mangiardi, imprenditore sotto scorta che ha fatto condannare i suoi estorsori;
– Mimmo Nasone, coordinatore regionale Libera;
Gli interventi saranno introdotti e moderati da Donatella Cristiano, Presidente dell'organizzazione IN.CA.STRI. Il Living memorial PASQUALE ANDREACCHI avrà inizio alle h 15:00 con una breve marcia della memoria. Proseguirà alle h17:00 con testimonianze e racconti di genitori di vittime di mafia e
attivisti.

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Domenica, 07 Aprile 2013 14:20

Tante, troppe vittime innocenti

mini giornata_della_resp_civSERRA SAN BRUNO - Un’occasione mancata. L’ennesima per i serresi che, ancora una volta, hanno preferito voltarsi dall’altra parte, preferendo l’apatia e la rassegnazione al riscatto. Quello di una comunità che ha perso il proprio figlio. Pasquale Andreacchi, dunque, è morto un'altra volta a causa dell’indifferenza di coloro i quali, al contrario, si sarebbero dovuti ribellare, esternando tutta la propria condanna, per l’atroce uccisione di un ragazzo nel pieno della maturità. Pasquale, però, non è l’unico ad essere stato dimenticato dai serresi. Perchè ieri, nel corso della prima delle due giornate in memoria delle vittime di mafia, sono state ricordate anche le figure di Gianluca Congiusta, Massimiliano Carbone e Giuseppe Russo. Vittime innocenti. Vittime sì della protervia della criminalità organizzata. Ma, soprattutto, vittime di quella politica che in questi anni ha fatto poco per cercare di arginare questo fenomeno.

L’iniziativa, organizzata dall’ associazione Incastri presieduta da Donatella Cristiano, con la collaborazione di Libera, si è aperta con una messa presso la chiesa dell’ Assunta di Spinetto celebrata dal parroco, don Ferdinando Fodaro che, nel corso della sua omelia, ha evidenziato come «per costruire un mondo miglior è necessario il contributo di tutti, a partire dai cittadini per poi arrivare alla classe politica». Al termine delle celebrazione, la giornata è proseguita con un dibattito tenutosi nei locali di palazzo Chimirri, al quale hanno preso parte, oltre a Donatella Cristiano, anche l’onorevole Bruno Censore, il giudice Romano De Grazia, il papà di Pasquale, Salvatore Andreacchi, il giornalista Angelo De Luca, l’ex sindaco Raffaele Lo Iacono, Mario Congiusta, papà della giovane vittima Gianluca ed il testimone di giustizia Rocco Mangiardi. Ad aprire l’incontro, è stato il neo parlamentare Bruno Censore: «Se si lavora e si crede veramente in ciò che si fa - ha affermato il vicepresidente della commissione regionale Antimafia - saremo sempre di più a combattere contro questo male. Famiglie come quella di Pasquale non devono essere lasciate sole dalle istituzioni. Al contrario, bisogna coinvolgere un numero sempre maggiore di cittadini affinché questi episodi diminuiscano e che si ponga dunque un freno a questa situazione». Angelo De Luca, invece, ha incentrato il suo breve intervento sul caso dell’ Alaco e sui problemi relativi alla presunta non potabilità dell’acqua, elogiando il lavoro svolto in questi mesi dall’associazione culturale ‘Il Brigante’ e dal Comitato civico Pro - Serre, oltre a rimarcare l’impegno dello stesso Censore, che si è reso promotore di una interpellanza parlamentare. Salvatore Andreacchi, dal canto suo, ha ripercorso la vicenda di Pasquale, dal giorno della scomparsa, fino al ritrovamento dei resti. Per l’ ex sindaco Lo Iacono «è necessario stare vicino a queste persone che, giorno dopo giorno, vivono tragedie del genere». Presente al dibattito anche l’avvocato Giovanna Fronte, legale della famiglia Andreacchi: «Quando si parla di Pasquale - ha evidenziato - è come se si parlasse di tutti noi, perchè purtroppo, quello che è successo nel 2009 potrebbe accadere a chiunque». Secondo Rocco Magiardi «la legalità non bisogna insegnarla, come qualcuno fa pensando di sconfiggere la ‘ndrangheta. Al contrario, bisogna praticarla con i fatti, anche con piccoli gesti». Critiche alla classe politica sono giunte dal papà di Gianluca Congiusta, Mario, mentre il giudice Romano De Grazia ha posto l’accento sulla Legge Lazzati, approvata di recente e che lo ha visto come uno dei principali promotori. 

(articolo pubblicato su Il Quotidiano della Calabria)

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mini incastri_-_pasqualeRiceviamo e pubblichiamo:

L’organizzazione IN.CA.STRI – INterculturali CAmmini illuSTRI, presieduta da Donatella Cristiano, con la collaborazione del coordinamento antimafie “Libera”, indice le Giornate della Responsabilità Civile in Memoria delle Vittime di Mafia, che avranno luogo sabato 6 sabato 13 aprile 2013 c/o Serra San Bruno (VV).

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mini Giuseppe_Demasi_morto_nel_rogo_della_ThyssenkruppIl nome di Giuseppe Demasi, di origine fabriziese, il 30 dicembre 2007 è stato definitivamente aggiunto alla lista delle vittime letali causate dal lavoro. La falce impietosa, in questo caso, è stata la fabbrica torinese Thyssenkrupp, dove Giuseppe svolgeva con impegno un lavoro che, a sua insaputa, presto lo avrebbe brutalmente strappato dalla vita e all'affetto dei suoi cari.  Solo per pochi giorni Giuseppe è riuscito a sopravvivere alla tragedia del 6 dicembre: da lì a poco era destinato a chiudere il cerchio della strage umana perpetrata da un errato modello di capitalismo egoista e noncurante, lasciando nella disperazione più nera le persone che lo amavano e spezzando il cuore di una madre che ancora non sa e non riesce a farsi una ragione per quell’ingiusta fine.

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mini pasquale_con_la_madre_maria_rosa

SERRA SAN BRUNO - È morto senza un perché. Ed i genitori, ancora oggi, chiedono verità e giustizia. Vogliono che sia fatta luce sulla morte di Pasquale. Non accettano che dopo appena un anno dal delitto, la Procura della Repubblica abbia deciso di archiviare il caso. Per Pasquale, così come per molte altre vittime innocenti, non ci sono colpevoli. I morti ammazzati, però - soprattutto in Calabria - ormai non si contano più. Giovani nel pieno della maturità trucidati barbaramente. Filippo Ceravolo, Pasquale Andreacchi e tanti altri. Vittime innocenti. Figli di una terra dimenticata da tutto e da tutti. Soprattutto dai media nazionali. Gli assassini di Pasquale, dunque, rimangono impuniti. E a Serra è come se nulla fosse successo. Il silenzio della gente comune è assordante. In questi casi, chi sa qualcosa, preferisce non parlare.
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mini corteo_soriano_per_filippoSORIANO - Il giorno della memoria e del risveglio delle coscienze. La comunità sorianese, sconvolta per l'agguato che è costato la vita a Filippo Ceravolo, 19 anni, innocente, si è riversata ieri sera in piazza stringendosi in un grande abbraccio attorno a Martino e Anna, i genitori del giovane ucciso il 25 ottobre scorso tra Soriano e Pizzoni, caduto in un agguato di 'ndrangheta perchè scambiato per un altro. Migliaia di persone si sono unite in un lungo corteo silenzioso che ha attraversato tutto il paese. Dalle finestre scendevano candide le lenzuola che la gente ha appeso in segno di solidarietà, di partecipazione ad un lutto insopportabile nella sua ingiustizia.

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mini studenti_sorianoRiceviamo e pubblichiamo:

Non si può morire a 19 anni!! Per nessun motivo!!  Che i mediocri continuino a ritagliarsi un ruolo con l’arroganza e la violenza è una atrocità, una barbarie a cui bisogna porre fine. E’ necessario che finisca questa spirale di violenza che si è abbattuta sul nostro territorio! Quando potremo riappropriarci di tutto quello che lentamente questa gentaglia ci sta sottraendo? Solo l'unione della società civile ed un moto di ripulsa verso questi atti aberranti possono far sperare in un futuro migliore... solo condannando, non solo i gesti di inciviltà in quanto tali, ma la mentalità mafiosa che ci sta dietro e li alimenta potremo sperare in un cambiamento in meglio per la nostra comunità.

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