mini anticonsiglio_10SERRA SAN BRUNO - In una Sala Chimirri semi gremita, il 10° Consiglio dell’era Rosi risulta privo dei consiglieri Nazzareno Salerno, Bruno Zaffino e del Segretario Lombardi Satriani. Quindi 3 assenti, di cui solo gli ultimi 2 giustificati: allegheranno certificato medico.

Si inizia proprio con la rissa/non rissa tra il Sindaco ed il Segretario Comunale. Rosi smentisce tutto: “Non ho aggredito nessuno!”. Noi ci crediamo. Ma allora come mai nella stessa giornata, Salerno, capogruppo PdL ha contattato telefonicamente il Segretario “contuso” per esprimergli solidarietà? Mistero buffo.

Punto I: rendiconto finanziario 2011.

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Venerdì, 02 Novembre 2012 19:09

Senza paura

mini soriano_3_nov_2012Io credo di aver cominciato a capire il 9 dicembre 2009. Erano le 11 del mattino, a Serra faceva freddo. Andai in commissariato, ci sarebbe stata una conferenza stampa. Arrivai in anticipo: sapevo perché avevano convocato i giornalisti. Anzi credevo di saperlo. Lo scoprii davvero solo quando mi intrufolai nel retro dell’edificio. Sotto un portico c’era un cassonetto dei rifiuti. Mi sporsi per vedere cosa ci fosse dentro, la mia curiosità sparì subito. Vidi, a pochi centimetri dal mio naso, un teschio umano, appoggiato sopra le buste di spazzatura. Aveva un buco in fronte, un colpo di pistola, ed era pieno di macchie di sangue. Era lucido, senza più un brandello di carne. Capii subito. Pasquale Andreacchi, 18 anni, era scomparso due mesi prima, ora qualcuno lo stava restituendo alla sua famiglia in quel modo. Disumano. Non so descrivere cosa provai, so che leggere queste righe farà male, ma so anche che in quel momento per la prima volta capii dove ero nato, dove mi trovavo. Rivivo quella mattina ogni volta che scrivo di Pasquale. E non riesco a fermarmi, devo scrivere. Capii che raccontare quella storia sarebbe stato l’unico modo per non consegnare all’oblio l’adolescenza spezzata di un ragazzo innocente. Raccontare, senza cerimonie, senza retorica. Solo per far capire, per scuotere la coscienza addormentata di chi ancora non si sente coinvolto.

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Venerdì, 02 Novembre 2012 15:26

Quella bara bianca ci appartiene

mini filippo_ceravolo_fiori

Lo acclama Soriano, chiuso in quella cassa portata come una croce a spalla da giovani come lui, il giorno del suo funerale. Sul feretro,  coperto da una bandiera della Juventus, c’è una fotografia: è Filippo che sorride ancora.

E c’è Filippo nello sguardo vuoto di sua madre, perso lontano  nel tempo...Nelle  mille parole, dette senza fiato, di seguito per non fermarsi a pensare, di suo padre il giorno prima. E nei sorrisi accesi di lacrime delle sorelle che lo stringono nei loro ricordi. Nel dolore dei familiari, tutti.

Che mondo è un mondo in cui un ragazzo di soli 19 anni viene trucidato innocente, così, per “caso”? E  che  Paese è quello in cui non ci si sorprende del male, dove il male che riguarda il sud è l’ovvietà che passa sotto silenzio ? Nessuna notizia nei  TG nazionali, nessuna parola spesa dai molti politici latitanti, “distratti”. Che valore ha la vita di un ragazzo di soli 19 anni? O, forse, è  "normale" che accada nel meridione d’Italia?
Nascere in Calabria, a Soriano e  morire tornando a casa, dopo essere stati dalla propria fidanzata, non è normale, non è naturale.

Filippo era un lavoratore e veniva da una famiglia per bene come molte altre che vivono in questa terra e che non cedono all’illegalità. Questa morte  è un sacrificio insostenibile, abbiamo il dovere di non renderlo vano. Abbiamo il dovere di non pensare più che fin tanto che ci si ammazza tra bande rivali la cosa non ci riguarda: è l’indifferenza che nutre il potere criminale. Perché non ci sia mai più  un altro “Filippo”.

E' un tempo che non dovrebbe accadere mai quello del sopravvivere ai propri figli, ma succede e , mentre si può trovare una "ragione" ad una malattia, ad un incidente col tempo, ci sono  ferite, invece,  che portano con sé mille domande senza risposta fino alla fine dei giorni, di giorni come  notti buie del cuore. A noi è concesso solo di immaginare ed immedesimarci sfiorando il dolore della famiglia Ceravolo, mai potremo capire a fondo quanto sia dilaniante ed eterno. Ma c’è qualcosa che noi possiamo e dobbiamo fare: condannare chi agisce nell’illegalità, cominciando a strappare le piante marce, smettendo di dar loro da “bere” i nostri volti e i nostri sguardi .

Insegniamo ai nostri figli la gioia del sacrificio e l’umiltà della  dignità. Insegnamo che il valore è in loro, non nelle cose. Insegniamo che il denaro “non” è facile ! Che c'è sempre una strada migliore ed onesta percorribile, forse più faticosa, ma leggera nel cuore. Perché nessun giovane venga più reclutato dalle mafie.

Nei miei occhi chiusi, Filippo è la voce felice di sua madre che riecheggia ancora in un bel giardino, uno stereo e la musica. E’ il rumore molesto di un motorino che scorazza per queste vie nei giorni di sole; è una mano tirata su a salutare con rispetto ed un sorriso buono appena accennato ; è una divisa sportiva ed un pallone che corre sul campo di calcio.

 E’ la vita che gioca e sorride spensierata. E’ la vita che vuole “andare” a mille all’ora…

Di notte è  il motore di un furgone che passa alle quattro  diretto verso qualche mercato, una fiera o una festa patronale . E’ lo stesso rumore che torna il pomeriggio, quando ogni casa ha finito di pranzare. E’ la vita che cresce col sudore onesto.

Soriano lo sa e si stringe attorno a questa famiglia ed al suo dolore, Soriano non è quell’arma che ha ucciso, Soriano è Filippo . Questo paese si indigna e dice “no” alle mafie e  sente  il dovere della memoria perché questa barbarie non si ripeta mai più, perché la morte si tramuti in vita.

Nel vuoto pieno di volti cari di questi giorni,  campeggiano nella casa dei Ceravolo delle  coppe sistemate  con devozione su un mobile , appartengono a Filippo e al suo papà. Parla, Martino, di come si sia sentito strappare il cuore vedendo suo figlio riverso sull’asfalto, di come aveva corso verso di lui, ricevuta quell’orribile telefonata, perdendo il controllo dell’autovettura  ben tre volte .Correva contro il tempo, verso Pizzoni, temeva in cuor suo che non l’avrebbe riabbracciato vivo. Parla del bambino che era e dell’uomo che sognava di diventare, del vuoto che sente, della sua solitudine. Martino ha perso un figlio, un amico, un compagno ed un fratello. Voleva comprare un nuovo camion per il lavoro appena ne avesse avuto la possibilità, Filippo, e regalare ai suoi genitori una crociera per il loro venticinquesimo anniversario di nozze. Trattiene le lacrime e ritorna ai suoi abbracci affettuosi. Racconta la sua gentilezza, di come accompagnava le signore alla macchina portando le buste della spesa; mi parla delle sue paure quando chiacchierando con qualche poliziotto o carabiniere che acquistava i loro prodotti, chiedeva se non avessero timore di portare un’arma ed effettuare operazioni pericolose. Concludeva sempre che lui non avrebbe mai avuto il coraggio di svolgere quel lavoro.

E parlano le sorelle, raccontano di un ragazzo che aveva paura dei  tuoni durante i temporali e  di restare solo in casa, ma al cognato, che gli raccomandava di non uscire di casa dopo gli ultimi omicidi avvenuti nel nostro territorio, rispondeva: "Cosa vuoi che facciano a me?".

In una bella lettera la sorella Maria Teresa scrive: "Ricordo le marachelle che combinavi, mi fanno sorridere, come quella volta che hai litigato con me e con Simone e hai fatto finta di andartene via di casa ed invece, fifone com’eri, ti sei nascosto sotto il tuo letto e non vedevi l’ora che io mi alzassi per venir fuori perché non ce la facevi più". E la piccola Giusi, di appena otto anni: "Caro Filippo mio bello, io sono sempre con te anche se sei in cielo, io sarò sempre con te e ti parlerò e verrò sempre, ma proprio sempre a parlarti…Per me sarai sempre il miglior fratellino del mondo".

Era ingenuo  e dolce, buono e generoso. La nonna materna ricorda che quando le comprava  qualcosa  cercava di non farlo pesare dicendo che gli era stato regalato da qualcuno. 

Martino lo conosco da quando ero bambino, conosco lui e la sua famiglia. Sua madre ha allevato i suoi figli  insegnando loro il sacrificio del lavoro onesto. La signora Sina, così la chiamiamo, era la “signora bidella” del Liceo Scientifico. Rimasta vedova presto, era una donna forte. Teneva sempre il suo sguardo vigile sui ragazzi. Una presenza a cui riconoscevamo autorevolezza e rispetto.

Mi racconta, di come negli ultimi anni del suo lavoro in quel Liceo si respirasse una società diversa, cambiata, "non sono più" dice "i tempi di un tempo…" ed orgogliosa celebra un suo cognato, oggi Professore, che all’epoca in cui studiava e si trovava a Soriano in vacanza, aiutava la famiglia. Ricorda la meraviglia delle persone nel vederlo lavorare e la dignità con cui lui aiutava i fratelli commercianti a sistemare i vasi destinati alle vendite. Non sono più i tempi di un tempo, è vero! Ma non è colpa dei giovani, riflettiamo…

Martino non trova la forza di ricominciare ora che il figlio non c’è più. Si alzava con lui ogni mattina alle 4.00; la sera prima lo aiutava a sistemare la roba sul camion per il giorno dopo, gli diceva che era meglio se ne occupasse lui, dal momento che  il padre stava diventando vecchio. Era instancabile, tornato a casa, aveva ancora la forza di giocare a calcio, la sua grande passione, ci metteva l’anima. Uno zio lo rammenta piccolo organizzare le partite con i cugini, ricorda i litigi e l’impegno che ci metteva. "Ogni partita per lui era come la Champions" , aggiunge il padre sorridendo.

E poi c’è Anna, la madre, il cui nome il ragazzo voleva tatuare sulla sua pelle. Nel suo sguardo perso nel tempo c'è un giorno sacro che è quello della vita che nasce e poi mille altri fatti di stelle sfavillanti nei suoi occhi, di carezze e premure, di vittorie e sconfitte, di notti insonni. L'amore verso il figlio è saldo nel profondo dell’ essere e non vi è nulla su questa terra che possa esservi paragonato, nulla.

La raggiungeva nel lettone, racconta, se c’era un temporale di notte; la costringeva a mettere la cintura di sicurezza in macchina anche se si sentiva soffocare, perché era prudente e senza cintura in macchina con lui non  si saliva; bussava piano la sera quando tornava dalla casa della ragazza con cui era fidanzato da quasi due anni per non svegliare il padre. Ad Ivana aveva  comprato un regalo per il suo compleanno ed aveva deciso di darglielo giorni fa, stranamente aveva voluto che lo avesse prima…

Buono e generoso nei ricordi di quanti lo hanno conosciuto, Filippo lascia un vuoto incolmabile e vola via, Angelo  tra gli Angeli.

Parli ancora la sua voce, come un’eco che risuona nei nostri cuori senza mai infrangersi.

Angela Varì

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mini autobus-ferrovie-della-calabria-300x225Ennesimo fallimento per la Regione Calabria. Alla malconcia Sanità e al problema di gestione delle risorse idriche, si accoda l’annullamento dei mezzi pubblici. Due assiomi garanti della vita ridotti al lumicino: Salute e Trasporti. E il paradosso si ingrandisce quando ci si rende conto che per raggiungere le strutture sanitarie oramai dilapidate d’organico e strumentazione, in moltissimi comuni bisogna usufruire del servizio di trasporto pubblico. Intorno a Serra San Bruno, ad esempio, sono tanti i cittadini dei comuni limitrofi impossibilitati a spostarsi. Tra questi gli abitanti di Simbario, Spadola, Brognaturo, Mongiana, Fabrizia, Nardodipace e frazioni, la maggior parte lavoratori e studenti. Senza contare chi ogni mattina deve raggiungere Serra San Bruno per recarsi in ospedale o presso gli uffici pubblici quali l’Asp, il Centro per l’Impiego, la Posta, l’Inps ecc.

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simbarioSIMBARIO - Non si placano le proteste dei cittadini all’interno del palazzo comunale. Infatti, come segnalato da alcune famiglie, continua a non esserci l’acqua nella zona alta del paese. Principalmente, i luoghi colpiti dal problema sono via Giacomo Matteotti e le abitazioni nei pressi del Calvario. Una storia quella dell’acqua che si ramifica in mille intrecci ai quali i cittadini cercano di far fronte: dalla chiusura sei serbatoi comunali, all’allaccio all’acqua avvelenata dell’invaso dell’Alaco, alle secche estive ecc. Insomma, l’approccio dell’essere umano con prezioso liquido diventa sempre più difficile. E la confusione in merito ai problemi sopra elencati regna sovrana, dato che gli amministratori dei vari Comuni sono sempre di più impegnati nell’infinito balletto di ordinanze che un po’ ne attestano la bontà e un po’ l’impossibilità di utilizzo della stessa per uso umano

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Domenica, 02 Settembre 2012 14:02

Lupi e fagioli

mini fagioliBene! E’ pronta, dopo tanto lavoro, ecco che è arrivato il suo momento. E dopo aver trattato negli ultimi scritti di cose e avvenimenti che ci costringono moralmente a denunciare, assorbendo, in modo giornaliero e intenso, la maggior parte dei nostri spazi…ogni tanto bisogna trattare anche di cose belle. La protagonista di questo mio pensiero è, per dirla come la penso (oh, io la sacciu in sirrisi) “La Fagiola”. Inerpicatasi orgogliosamente sulle reti che, abilmente, mio suocero Bruno Scrivo, detto “Lu Cameli”, ha piazzato, anche con il mio piccolo aiuto, su pali di castagno. Ginelli direi. Una piccola parentesi sulla “pezzatura” del castagno nella tradizione serrese. Non vorrei sbagliarmi ma: Palu, Passoni, Ciavruni, Palipaliermi, Ginelli, Travi.

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protesta migrantiUn gruppo di dieci migranti, ragazzi Somali ospitati in Caulonia, (che viene finanziata dallo Stato per ospitarli) proprio nel giorno della chiusura dell’oramai famosissimo Festival della Tarantella, sbarrano con i cassonetti dell’immondizia la statale 106. La loro rivendicazione? Cibo. Era da parecchi giorni che non mangiavano. Per attirare l’attenzione sul loro stato, si sono dovuti poi scontrare con le forze dell’ordine e beccarsi anche qualche bella denuncia.

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Martedì, 21 Agosto 2012 15:03

Acqua sporca: i manifesti senza vergogna

mini manifesti comune acquaCon Sorical o con i cittadini? Questo è il problema. Un dubbio amletico, controverso e snervante, che accompagna il sindaco Rosi fin dal giorno della sua incoronazione. Di acqua sporca a Serra se ne parla da mesi, anzi da anni. Lo fece anche lui, a campagna elettorale in corso. Aveva promesso l’autonomia, il distacco da Sorical, il ripristino dei pozzi comunali e l’indagine di nuove falde acquifere con l’ausilio di improbabili boscaioli-rabdomanti. Promesse da marinaio che subiscono la metamorfosi imposta dall’obbedienza incondizionata alla voce del padrone. Ai comandi impartiti da chi sta sopra per gerarchia. Da chi sta alla Regione, che possiede il 53% di Sorical, e muove i fili disegnando nell’aria imposizioni a cui non si può disubbidire.

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SERRA SAN BRUNO - mini manifesto_il_prisma_800Fotografie che parlano da sole. Per ciò che ritraggono, per quello che esprimono, per il modo con cui sono state scattate, per la filosofia che ispira chi ne è autore e che, a volte, traspare da esse. Visitare la prima mostra collettiva de ‘Il Prisma’, significa immergersi nella fotografia che è ricerca. È scoperta del mondo, di un mondo libero e autosufficiente che è indifferente alle nostre leggi. Perché non scorre. È bloccato. Perché fotografare significa fermare per sempre un istante che non tornerà mai più. Ogni giorno, dal 10 al 12 agosto, dalle quattro del pomeriggio nei pressi del Santuario di Santa Maria e dalle 21.00 sulla centralissima P.zza San Giovanni a Serra San Bruno, andrà in scena la prima Collettiva di Fotografia ‘Il Prisma’. La tre giorni trae ispirazione dalla rubrica fotografica settimanale curata su ‘Il Vizzarro’ da Filippo Rachiele, che costituisce il sodalizio artistico del trio di giovani fotografi serresi, assieme a Salvatore Federico e Biagio Tassone.

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Martedì, 24 Luglio 2012 18:26

Un Brigante di nome Ciccio Svelo

mini ciccio_svelo“Ciccio!” gli dissi “…lo fai un intervento dal palco all’incontro con la popolazione?”. “Lo faccio solo se mi procuri un metro, una di quelle ‘rulline’ a molla”.  Conobbi Ciccio Svelo in un incontro organizzato da Sergio Di Giorgio, il quale, avendo conosciuto la realtà di Serra e l’Associazione “Il Brigante”, disse che non potevamo non conoscere l’Avvocato Svelo. Ci incontrammo a Gallico, in una pizzeria, noi arrivammo con Sergio, lui solo. Arrivò con un improbabile look da avvocato, ma che secondo lui era molto elegante. “Scusate l’abbigliamento… ma stavo lavorando e mi sono dovuto vestire elegante”. Occhialini che calava sul naso e abbassando la testa faceva transitare lo sguardo tra le sopraciglia e la montatura degli occhiali stessi, mentre in mano, teneva una piccola cartina marrone scuro, che avrebbe trasformato in pochi secondi in una piccola sigaretta, in tante piccole sigarette, in tantissime maledette piccole sigarette marroni, tante delle quali gli si spegnevano tra le dita, gli si spegnevano a metà, quasi intere, e la sua catena di montaggio continuava imperterrita a girarne delle altre. Parlammo per tre ore, come se ci fossimo conosciuti da anni

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