mini eliana_iorfidaSERRA SAN BRUNO – Un riconoscimento prestigioso, non soltanto per l’autrice, ma che di riflesso e per suo tramite, si estende anche a tutta una nuova di generazione di intellettuali serresi. Una giuria d’indiscusso calibro - composta da giganti del panorama letterario, editoriale e giornalistico nazionale, quali Dacia Maraini, Franco Scaglia e Antonio Debenedetti, solo per citarne alcuni – ha assegnato la “Giara d’Argento” al romanzo secondo classificato “Sette paia di scarpe” di Eliana Iorfida, nell’ambito del Premio Letterario “La Giara” indetto da Rai Eri, giunto quest’anno alla sua seconda edizione, confermandosi ancora una volta una preziosa opportunità di scouting per scrittori esordienti al di sotto dei 39 anni. La archeologa trentaduenne originaria di Serra S. Bruno, - la cui premiazione è avvenuta nello splendido palcoscenico della Valle dei Templi di Agrigento - attraverso quest’opera prima, descrive la vita nel profondo nord-est siriano. «Sette paia di scarpe – si legge nella motivazione del premio - la storia di Ahida e della sua adolescenza sullo sfondo della guerra arabo-israeliana del 2006, ci trasporta in un mondo arcaico, rurale, destinato a metamorfosi profonde, senza tuttavia rinnegare i valori di una tradizione millenaria. Eliana Iorfida, narrandoci la vita del piccolo villaggio nella Jazeera siriana, ci descrive, senza giudizi morali o politici, una società dettata da rigide leggi patriarcali, di cui riconosce i limiti, la durezza, ma anche la forza e l’integrità morale. Di quel mondo ci restituisce i colori, la natura, e un senso profondo di humanitas, di collettività, che ci ricorda la genesi delle nostre radici mediterranee». «Ho dedicato quest’opera al popolo siriano che me l’ha ispirata – ha spiegato l’autrice al Quotidiano -  concedendomi il privilegio di conoscere una storia vera, toccante, durante una delle missioni archeologiche cui ho preso parte, tra il 2006 e il 2007, sotto la direzione scientifica del Prof. Buccellati (Università della California). Oggi la Siria sta vivendo un passaggio drammatico della propria storia, che non può lasciarci indifferenti». La scrittrice serrese ha iniziato a scrivere questo romanzo nel 2008, lasciandolo più volte in sospeso per via degli impegni quotidiani, ma senza abbandonarlo del tutto «perché sentivo – ha commentato - che le vicende travagliate dei personaggi erano lì ad aspettarmi, non potevo tradirle. L’autunno scorso ho appreso del concorso RAI e mi sono affrettata a spedirlo alla sede regionale di Cosenza, emozionata nel sottoporlo ad un primo giudizio autorevole ed esigente».  Gli autori di riferimento della scrittrice sono tanti, ma in chiusura di questo romanzo «ho voluto citare Corrado Alvaro e il suo importante reportage dalla Turchia degli anni ’30. Alvaro fu tra i primi a cogliere l’omogeneità della tradizione mediterranea, la comunanza del meridione d’Italia coi paesaggi e i volti che popolano la sponda opposta e che io ho stessa ho potuto apprezzare». La scrittrice si è quindi detta felice del traguardo raggiunto e onorata di aver rappresentato la Calabria in una circostanza così importante. «Spero – ha detto in conclusione - che l’opera diventi presto un libro e accompagni i miei futuri lettori in un viaggio avvincente, alla scoperta di un mondo che mi è rimasto nel cuore».  

 

(articolo pubblicato su 'Il Quotidiano della Calabria')

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mini OK1-240x214Confesso. Ho ucciso centinaia di uomini, forse migliaia. Soldati, indiani, cowboy. Senza alcuna pietà. Impassibile, come il migliore cecchino, ho sparato colpi mortali con pistole e fucili di ogni genere e tipo. Avevo sulla coscienza chissà quanti massacri e poi, senza pensarci più di tanto, ogni sera, con freddezza assoluta, andavo a letto presto. Alle 8 e mezza, massimo le 9. E ci dormivo su, tranquillo. Come se nulla fosse. Succedeva alla fine degli anni Ottanta. Avrò avuto sei anni e come tutti i bambini della mia età giocavo alla “guerra” con i miei fratelli. Con i cugini. Con gli amici che credevi potessero essere quelli di una vita e poi, per un motivo o per l’altro, li hai persi per strada. Lo ricordo sorridendo, con angoscia e malinconia. Soldatini, pistole ed armi giocattolo: i nostri passatempi preferiti. 

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mini scalacoeli
Riceviamo e pubblichiamo
 
 
Crediamo sia giunto il momento di dare a chi ricopre incarichi dirigenziali all'interno della Regione Calabria, più volte chiamato in causa nella vicenda di Scala Coeli, la possibilità di fornire delle risposte e di rendicontare ai cittadini per il proprio operato, dal momento che la classe politica regionale sembra scaricare sugli uffici ogni responsabilità e che le scelte effettuate hanno conseguenze tanto importanti sull'economia e sulla salute dei territori.  Abbiamo più volte sottolineato pubblicamente quelle che sembrano stranezze nell'iter autorizzativo della discarica di Scala Coeli. 
Le ribadiamo brevemente chiedendo delle risposte ai responsabili di questo procedimento, a partire dall'Ing. Bruno Gualtieri,  dirigente del Dipartimento Politiche per l'Ambiente della Regione Calabria, ovvero il dipartimento che rilascia tutte le autorizzazioni per discariche ed impianti, e chiamando in causa anche l'arch. Orsola Reillo, che ha firmato varie note autorizzative relative alla discarica, nonchè l'ing. Antonio Augruso, attuale responsabile del Piano Regionale dei Rifiuti. 
Ci piacerebbe sapere perché il dipartimento continua ad ignorare le coltivazioni biologiche nell’area intorno la discarica e sembra voler cancellare con un tratto di penna le coltivazioni DOP che sono indiscutibilmente presenti nella zona.
Ci piacerebbe sapere perché, di concerto con l'Arpacal, si permette che una discarica venga progettata in maniera diversa dal progetto, cambiando particelle, bacino idrografico, pendenza, fino al punto di non potere verificare che il volume reale della discarica sia effettivamente quello autorizzato, come confermato dai documenti dello stesso dipartimento, senza alcun intervento se non di parziale sanatoria.
Ci piacerebbe sapere perché, di concerto con altri dipartimenti regionali, una volta appreso (anche grazie alla denuncia dei comitati) che la discarica insiste su un'area priva delle corrette autorizzazioni idrogeologiche, in una zona ad alto rischio, si procede in sanatoria, per quanto a nostra conoscenza, senza alcuna verifica ulteriore e necessaria, il che significa cancellare con un tratto di penna il rischio idrogeologico.
Ci piacerebbe sapere perché si è ritenuto regolare l'utilizzo dei torrenti che passano intorno e attraverso la discarica, seppure il necessario iter di sdemanializzazione è stato avviato colpevolmente in ritardo ed era, al momento del parere positivo, ancora in itinere.
Ci piacerebbe sapere perchè, insieme ad altri enti, si continua a glissare sul problema della strada di accesso, che secondo prescrizioni AIA deve essere percorribile in sicurezza in tutti i periodi dell'anno senza se e senza ma, e che non è affatto  percorribile, come accertato dalle stesse istituzioni locali e da qualsiasi essere dotato di intelletto transitato da quelle parti, e su cui non sono stati autorizzati lavori da parte degli enti competenti. 
Ci piacerebbe sapere perché autorevoli organi regionali continuano ad ignorare che quello è un luogo di interesse rilevante da un punto di vista economico, ma anche naturalistico e archeologico, esattamente come fu ignorato per le discariche di Bucita, a Rossano, laddove insistevano siti archeologici dell'età del ferro e laddove la Regione ha permesso l'insediamento di due discariche ed un impianto regionale; laddove una delle discariche è sotto sequestro per disastro ambientale; laddove l'impianto è una truffa nei confronti dei calabresi perché, come abbiamo più volte denunciato,  non produce materiale a norma; laddove i cittadini attendono bonifiche urgenti ed improrogabili. Visto che tutto questo è di competenza del vostro autorevole dipartimento, ci aspettiamo delle risposte esaurienti.
 
Rete per la difesa del territorio 'Franco Nisticò'
 
 
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Su iniziativa del portavoce del M5S, Massimo De Rosa, vicepresidente della Commissione Ambiente della Camera dei Deputati, con il supporto di numerosi parlamentari M5S, è stata depositata una interrogazione in Commissione Ambiente per accertare se le attività dell’impianto di discarica per rifiuti speciali non pericolosi, di proprietà della Ditta Bieco Srl, realizzata nel comune di Scala Coeli (CS), siano conformi alle leggi e tali da mettere al riparo la popolazione ed il territorio, altrimenti esposti ad un gravissimo rischio ambientale.
“Tale discarica - afferma De Rosa – è stata costruita con gravi difformità rispetto a quanto previsto dall’Autorizzazione Integrata Ambientale, difformità documentate da una nota della Provincia di Cosenza – Settore Difesa del suolo e Protezione Civile, dal parere sfavorevole del Dipartimento 6 - Agricoltura Foreste e Forestazione della Regione Calabria e dalla relazione di ispezione A.R.P.A.C.A.L. Il 20 maggio u.s. – prosegue il vicepresidente della Commissione Ambiente – la Ditta Bieco Srl, contravvenendo all’ordinanza n. 05 del 19/05/2013 del sindaco di Scala Coeli, ha avviato le proprie attività, facendo transitare i propri mezzi carichi sull’unica via di accesso alla discarica, costituita dal tratto di strada comunale Capoferro/Cordarella, un sentiero di campagna trasformato in una pista mediante l’esecuzione di lavori abusivi e di conseguenza non collaudati. “Siamo seriamente preoccupati – conclude il deputato – tale condotta rappresenta un serio pericolo per l’incolumità pubblica e privata e per il probabile disastro ambientale che si potrebbe arrecare, considerando che il tutto avviene a soli 4 Km dal mare Jonio. Inoltre la discarica si inserisce con violenza in un contesto agricolo di pregio (DOP Bruzio per l’olio e DOC Cirò per il vino, coltivazioni biologiche) in dispregio alle leggi nazionali e comunitarie (D.Lgs n.36/2003 Capo 2.1 “Ubicazione”), pertanto auspichiamo che vengano realizzati dei controlli approfonditi e presi i provvedimenti necessari alla tutela ambientale, sociale, sanitaria, economica e paesaggistica del territorio”.
 
 
 
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Lunedì, 10 Giugno 2013 16:48

Serra, lumini accesi aspettando Massimo

 

mini massimo_lampasiSERRA SAN BRUNO -  È stato un momento di riflessione e preghiera. Un momento utile, per squarciare quel muro di silenzio e omertà che, da sempre, hanno caratterizzato il popoloso centro montano. Nei giorni scorsi, presso il quartiere ‘san Gerolamo’, è stata organizzata una iniziativa  dal gruppo Scout ‘Serra 1‘, per ricordare Massimo Lampasi, il 25enne scomparso la sera del 24 febbraio scorso e di cui, ancora, non si conoscono le sorti. La mattina seguente, però, la stessa compagna ha inizialmente denunciato la scomparsa presso la locale Compagnia dei Carabinieri, guidati dal capitano Stefano Esposito Vangone, i quali hanno avviato subito le ricerche, per poi dichiarare di aver visto Massimo salire su un’ auto di colore scuro. Secondo la sorella Antonella, però, pare che il 25enne con precedenti penali quella sera avesse un appuntamento di lavoro. 

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mini 1172251747Acquisire informazione sui bandi o semplicemente verificare l’ammissibilità delle domande inviate all’Assessorato regionale al Lavoro sembra sia diventata una vera e propria odissea. L’accusa emerge dalla lettera firmata dal Presidente di Confindustria Cosenza Natale Mazzuca, che si dice esterrefatto dai silenzi del dipartimento guidato dal neo assessore Nazzareno Salerno. Dalla missiva emerge il disagio di un imprenditore che aveva partecipato nel marzo scorso ad un ‘bando a sportello’ utile a ricevere un contributo a favore delle imprese, variabile dai 12mila euro, nel caso di assunzione di un lavoratore maschio, ai 25mila euro nel caso di un lavoratore portatore di handicap, ma che a ben 3 mesi di distanza ancora non aveva avuto alcun responso, neanche semplicemente in merito all’idoneità della propria domanda.

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mini salerno-rosi-don peppeRiceviamo e pubblichiamo:

Anche quest’anno, puntuale come una malattia di stagione, si è ripresentata la questione LSU-LPU. Un dramma che in Calabria morde la gola ad un esercito di 5.200 “lavoratori di serie B” condannati da 17 anni a galleggiare nell’angosciante stagno della precarietà. Impegnati in enti locali che senza la loro presenza si ritroverebbero costretti allo stallo operativo. Vuoti di forza lavoro. Privi di personale.

Ma a Serra San Bruno il dramma lavoro sta per diventare ancora più profondo. Perché mentre tutti i Sindaci di ogni angolo della Calabria scendono in piazza al fianco dei precari per reclamare il diritto ad un “reale rapporto di lavoro”, il primo cittadino serrese, Bruno Rosi, per non tradire la sua fama, senza alcun rossore sulle guance, dichiara di non voler rinnovare i progetti in scadenza ai 58 LSU-LPU impiegati presso lo stesso Comune di Serra.

Una decisione che calpesta quindi la dignità di ben 58 cittadini lavoratori precari. I più giovani hanno poco meno di 40 anni, mentre quelli più anziani avrebbero l’età buona per una pensione dignitosa che in realtà non riceveranno mai. E per tutti - a questo punto - quello del lavoro è ancora di più un calvario senza fine. Una via crucis che li vede in balia delle circostanze, attanagliati nella morsa del bisogno, con sulle spalle il pesante fardello del sostentamento di intere famiglie, tasse da pagare, figli che devono crescere e studiare. Per loro pochi diritti e nessun contributo utile al conseguimento di una futura dignitosa posizione pensionistica, domani la disoccupazione. Insomma giovani, madri e padri di famiglia, lavoratori pubblici “legalizzati in nero” che per volontà di un’amministrazione bigotta vengono ulteriormente affossati. Abbandonati nel limbo della marginalità inoccupazionale. In quella fascia d’età in cui sei troppo grande per trovare un nuovo lavoro e troppo piccolo per giovare di una pensione sociale.

E poco importa se dai palchi del PDL nella scorsa campagna elettorale si erano sparpagliate promesse e speranze: lavoro, incentivi, benessere. E che dire del neoassessore al Lavoro Nazzareno Salerno, che a Catanzaro dà rassicurazione e prende impegni con i precari, mentre nell’amministrazione comunale da lui di fatto guidata scarica i lavoratori come una zavorra inutile? Il risultato, dopo tante belle parole, è che i servizi - come quello della raccolta differenziata - verranno esternalizzati ed affidati ai privati, con costi esosi che metteranno KO le casse dell’ente e porteranno ad un prevedibile aumento dei tributi. E per quei 58 LSU-LPU serresi, il piatto è bello e pronto. Anzi è vuoto.

A Serra si ha l’impressione che il problema si stia sottovalutando e, senza ammortizzatori sociali, sembra scontato che da qui a poco la tensione salirà alle stelle. Tutto questo in un tempo già magro, in cui i colpi della crisi si fanno sempre più insostenibili ed in cui costantemente si ha sempre meno l’impressione di giungere, finalmente, a quella tanto agognata fine di un tunnel che, ci dicono, si chiama crisi. Una situazione cronica in cui temi fondamentali come quello del lavoro e della famiglia, a Serra San Bruno, rimangono lacerati dall’indifferenza e dal cinismo di un’amministrazione che naviga a vista, cieca di fronte alle pesanti ricadute che avrebbe sulla già fragile economia cittadina il licenziamento di Lsu e Lpu.

E poi ci si ritrova tutti a fare i cronisti. Soprattutto quando il dramma sfocia in tragedia. Come a Cercola, piccolo centro in provincia di Napoli, dove Bernardo Romano, lavoratore socialmente utile, nell’agosto di qualche anno fa si diede fuoco. Una torcia umana nel cortile della casa municipale. Un atto di accusa estrema. Il prologo angosciante nella estenuante e continua ricerca di un lavoro stabile. Di una normalità negata che in Calabria sembra sempre più un miraggio. Basti pensare che nella scorsa Legislatura, il Governo Berlusconi destinò 110milioni per la stabilizzazione degli LSU di Napoli e Palermo, lasciando nel dimenticatoio i precari calabresi.

Ci impegneremo, anche con azioni forti, per reclamare, al fianco di questi 58 serresi, il diritto al lavoro e alla dignità.

Comitato Civico Pro Serre

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Martedì, 04 Giugno 2013 11:49

Lsu/Lpu, le preoccupazioni del Pd

mini municipio serraRiceviamo e pubblichiamo:

 

Siamo profondamente preoccupati ed amareggiati rispetto alla notizia che da diversi giorni circola negli ambienti cittadini, apparsa anche sulla stampa locale, circa la volontà del Sindaco Rosi e della sua maggioranza targata PDL di non voler rinnovare i contratti dei lavoratori LSU/LPU che scadranno il prossimo 31 Dicembre. Una scelta politico- amministrativa, portata avanti dall’amministrazione comunale, che rischia però di sbattere in mezzo ad una strada 58 lavoratori e le loro famiglie che da 15 anni mandano avanti, tra le numerose difficoltà che quotidianamente riscontrano, molti servizi essenziali del comune.  

La notizia ci lascia sconcertati, stupiti e increduli, soprattutto in un contesto storico in cui, ad ogni livello, i temi dell’occupazione e della tutela dei lavoratori assumono un ruolo centrale. In un periodo difficile, nel quale si vuole difendere ogni singolo posto di lavoro, la “lungimirante” amministrazione serrese decide di mandare a casa i lavoratori per esternalizzare e privatizzare alcuni servizi, primo fra tutti - per come si apprende dalla stampa - la raccolta differenziata. Non riusciamo a capire la logica che spinge in tale direzione anche alla luce delle drammatiche ripercussioni economiche che tale decisione potrebbe avere, non solo per le famiglie interessate, ma anche per l’economia cittadina.

Per tali motivi condurremo su questo tema una battaglia serrata e continua. Difenderemo i lavoratori e le loro famiglie ricordandoci il debito che la società ha nei loro confronti poiché, a fronte di anni di precariato, di un esiguo stipendio e senza alcun contributo previdenziale, quotidianamente sono impegnati a garantire anche il funzionamento della macchina burocratica comunale che altrimenti sarebbe ferma.

Riteniamo, quindi, che l’amministrazione comunale debba cambiare idea su questa importante e delicata questione prima che succeda l’irreparabile e si apra una fase di tensioni sociali senza precedenti per la nostra comunità.

Come locale circolo PD siamo molti attenti ai diritti dei lavoratori e porteremo avanti questa battaglia coinvolgendo direttamente anche i deputati democratici che già in questi giorni hanno investito della questione il competente Ministero del Lavoro. Nel tavolo tecnico riunitosi a Roma i parlamentari hanno chiesto un contributo economico specifico per procedere alla stabilizzazione dei lavoratori LSU/LPU calabresi e risolvere definitivamente l’annosa questione.

Gli esponenti pidiellini piuttosto che guardare a come “liberarsi” di quello che per loro è ormai diventato un problema dovrebbero cercare di valorizzare le competenze e professionalità di questi operatori e forse riuscirebbero un po’ meglio nel garantire ai cittadini quei servizi indispensabili e quella gestione dell’ordinario che al momento non sembrano capaci di assicurare.

A questo proposito chiediamo loro una netta inversione di rotta rispetto all’attuale modo di gestire la cosa pubblica. Il livello di degrado politico, culturale e sociale raggiunto in poco più di due anni dimostra, infatti, un’incapacità amministrativa senza precedenti per il nostro paese alla quale non è consentito aggiungere ulteriori aggravanti attraverso decisioni scellerate a cui non sarebbe più possibile porre rimedio.

Rosanna Federico
Consigliere Comunale del PD

Luigi Tassone
PD Serra San Bruno

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mini alaco schiumaRiceviamo e pubblichiamo: La nostra terra calabrese è da sempre terra di prodigi, di meraviglie e di veri e propri miracoli, ma nel caso dell’acqua di rubinetto della provincia di Vibo si verifica quotidianamente, da molti anni un evento che l’intera cittadinanza contempla sempre più attonita. La totalità della popolazione che vive nei paesi serviti dall’Alaco, evita infatti accuratamente e da lungo tempo, di bere l’acqua del rubinetto, includendo nel termine “popolazione” anche i certificatori della potabilità, che dovrebbero farlo almeno allo scopo di essere considerati minimamente credibili. Nessuno, quindi, beve l’acqua “potabile”

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mini menchov caduta romaIl Giro è una giostra felice imbottita di sudore e passione. Una guerra di strategia contro l’asfalto ed il tempo. E’ un circo. Una città nomade fatta di giornalisti, biciclette e starlet che accarezzano in lungo ed in largo il Bel Paese. E noi lì - tutti in rosa - ad aspettarlo col cuore oltre le transenne e gli occhi incollati su un traguardo che poi, alla fine, ci racconterà che è stato il giorno di Enrico Battaglin. Ventitreenne di Marostica che dopo 6 ore ed un quarto di falsopiani e tornanti, con una volata veloce 50 chilometri orari, sbanca Serra San Bruno: la quarta città di tappa del 96° Giro d’Italia.

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mini pasquale con la madre maria rosaAnni di lotte e un dolore senza misericordia che hanno trovato un senso nella riapertura delle indagini. Il pm di Vibo Valentia Vittorio Gallucci ha accolto la richiesta di riapertura presentata dall’avvocato Giovanna Fronte. Con la nomina del perito Roberta Bruzzone da parte della famiglia, riparte quindi il percorso investigativo sulle tracce degli assassini di Pasquale. La famiglia Andreacchi non si è mai arresa. Da quel pomeriggio d’autunno del 2009 nel quale il giovane, appena 18enne si allontanò dalla sua casa di Serra San Bruno, sono trascorsi quattro lunghi anni. Il ragazzo fu ucciso da ignoti, i suoi poveri resti sparsi senza rispetto.

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