Con Sorical o con i cittadini? Questo è il problema. Un dubbio amletico, controverso e snervante, che accompagna il sindaco Rosi fin dal giorno della sua incoronazione. Di acqua sporca a Serra se ne parla da mesi, anzi da anni. Lo fece anche lui, a campagna elettorale in corso. Aveva promesso l’autonomia, il distacco da Sorical, il ripristino dei pozzi comunali e l’indagine di nuove falde acquifere con l’ausilio di improbabili boscaioli-rabdomanti. Promesse da marinaio che subiscono la metamorfosi imposta dall’obbedienza incondizionata alla voce del padrone. Ai comandi impartiti da chi sta sopra per gerarchia. Da chi sta alla Regione, che possiede il 53% di Sorical, e muove i fili disegnando nell’aria imposizioni a cui non si può disubbidire.
Allora il burattino obbedisce in silenzio, senza battere ciglio. Stralciando quello che dovrebbe essere il vero senso del suo mandato. Calpestando i valori del suo ruolo. Quello di un sindaco, che da buon sindaco, avrebbe dovuto tutelare gli interessi di chi lo ha scelto. Dei cittadini. Il loro diritto ad avere nelle case acqua potabile perché la pagano per acqua potabile. Il loro diritto, soprattutto, di tutela della salute. Perché l’acqua che arriva oggi dall’invaso-discarica dell’Alaco fa male. Anzi malissimo. E forse col tempo impareremo a capirlo. Quando le malattie, diventeranno morte, e sarà ormai troppo tardi per fare passi indietro.
Un’amministrazione che sulla questione acqua scarabocchia trame ambigue e controverse. Disordinate come un album di figurine di un bambino di 5 anni. Figurine attaccate storte, a volte addirittura al contrario. Così al contrario da andare contro i cittadini. Altrimenti non si sarebbe ripetutamente tentato di tarpare le ali al Comitato Civico pro Serre che vede in Sorical uno sciacallo da scacciare. Non si sarebbe deliberato l’annullamento totale dei contenziosi contro la stessa Sorical, in cambio di un banale sconto di 30 mila euro. Non si sarebbero sfornate decine di ordinanze di non potabilità poco chiare o sguinzagliato un autobotte per le vie del paese. Fino all’attualità, quando nel cuore di uno dei ferragosti più roventi che Serra ricordi, sulle sponde del fiume Ancinale compare il peggio. Un peggio che ci rivela definitivamente che l’amministrazione ha fatto la sua scelta: sta con Sorical. Una scelta eloquente, anzi maxi. Come i 2 manifesti apparsi uno in Piazza Mercato, l’altro su via San Brunone. Affissi con tanta colla e poca vergogna. Due ‘6 x 3’ con le foto dell’acqua che sgorga e l’ammonimento diretto ai cittadini: “Tu annaffi e io sono senza acqua”. Il numero telefonico per le segnalazioni di abusi in bella mostra. Un’amministrazione quindi pronta alla ‘paternale’ ai serresi. Il richiamo di un padre che prima ti affama e poi ti rimprovera. Un padre poco propenso, piuttosto, a citare in giudizio Sorical, quella società per azioni che ci propina acqua avvelenata da un invaso pericolosamente inappropriato. Come d’altronde sancisce anche la recente relazione del dottor Antonio Tomaino, consulente della Procura della Repubblica che nell’ambito dell’inchiesta condotta dal PM Michele Sirgiovanni, specifica: “Le acque dell’Alaco presentano elevate quantità di manganese e coliformi che necessitano di un trattamento fisico-chimico che varia in base alla stagionalità, al clima e alla temperatura. L’impianto dell’Alaco per come gestito e strutturato non è assolutamente capace di ristabilire prontamente i parametri. L’acqua erogata risulta inutilizzabile per l’uso umano”. Il tutto mentre ancora non vi è traccia del documento, datato 2004, che avrebbe dovuto attestare che le acque dell’Alaco appartengono alla categoria A3 (acque adibibili all’uso umano) al momento della sua messa in funzione. Il documento, dopo settimane di ricerca, latita. Da Catanzaro a Reggio, i Carabinieri continuano a mettere a soqquadro gli uffici di Regione e Sorical. A Serra, invece, si attaccano i manifesti giganti.