Daniel Cundari è nato nel 1983 a Rogliano (Cuti), in Calabria. Scrive la sua opera in italiano, spagnolo e dialetto calabrese. Ha studiato Lettere a Siena e Relazioni Internazionali a Granada, in Andalusia, dove si è formato artisticamente. Ha partecipato a vari eventi in Spagna, Germania, Italia, Polonia, Francia, Principato di Monaco. È autore di Cacagliùsi/Balbuzienti (Roma, 2006, edizione bilingue a cura di Pasquino Crupi e Dante Maffìa), Il dolore dell’acqua (Roma, 2007, a cura di Mario Specchio), Geografía feroz (Granada, 2011, a cura di Alejandro Pedregosa e Trinidad Gan). Per quest’ultimo libro gli è stato assegnato da Antonio Carvajal il ‘Premio Genil de Literatura’ solitamente destinato ad artisti iberici. Sempre in spagnolo, ha pubblicato i Quaderni Prótesis del alma (Granada, 2008, a cura di Marta Badia e Ángel Talián) e Poemas para delinquir (Granada, 2011, a cura di Daniel Vázquez Barros). Nel 2009 è stato il poeta straniero più giovane ospite della Cátedra Federico García Lorca. Ha tradotto dall’italiano allo spagnolo tutte le poesie di Gesualdo Bufalino e in dialetto calabrese molti autori, da Kavafis ad Aleixandre, da Alberti a Mandelstam, da Mi?osz a Cirlot. Dirige Lupi sul balcone, un blog di recensioni paesaggistiche sui classici della letteratura contemporanea. Nel 2013 è uscita la sua prima opera di narrativa, Istruzioni per distruggere il vento (Rubbettino).
Quando arrivò per la prima volta nella sede dell’Associazione Il Brigante, a presentare il suo ultimo lavoro, tra le mani teneva un grosso scatolo di cartone, di quegli scatoli che si usano quando si viaggia, legati con quel nastro marrone, o come si faceva nei treni per le valigie con lo spago, quello dei salami. Pensai naturalmente a copie del volume, portate per dare la possibilità a chi volesse di acquistarne una copia. Lui, corvino, sorridente, mediterraneo coi suoi modi gioviali diventa subito il centro dell’attenzione di tutti, me per primo. Mi ricordava quei giovani visti nelle stazioni, sugli espressi Palermo Torino che passavano, scortando la famiglia a seguito, nei corridoi dei treni, con quelle valigie che profumavano di mortadella. “Piacere Daniel”-“Piacere mio…” la cosa che un po’ mi lasciò perplesso fu l’effettivo odore di “mortadella” provenire dal suo fagotto. Aperto lo scatolo, infatti, invece dei libri, c’erano salami e formaggi, vino del Savuto e “vino tinto”. La presentazione del volume diventa una festa, tra le sue poesie in dialetto roglianese e i suoi versi in spagnolo, suoni vocali che ricordano e fondono assieme tarantella e flamenco. “Istruzioni per distruggere il vento è una narrazione autobiografica che spazia tra la Calabia e la Spagna, che descrive in particolari minimali ma molto indicativi nell’identificazione culturale delle due regioni. Due Sud d’Europa confrontati e vissuti contemporaneamente, esaltati nella loro bellezza e nelle loro contraddizioni nei suoi versi d’amore e di protesta.
“Che brucino tra le vampe del dimenticatoio Plotino, Stazio, Filostrato e Pausania. Se ne avessi il coraggio, arderei assieme alla folta barba di Cassiodoro, alle ballerine ostrogote di Teodorico e alla Biblioteca del Vivarium. Forse i Bronzi di Riace sono soltanto una coppia di statue bronzee raffiorate per caso da un mare ellenico, i capitelle dorici un qualsiasi souvenir da incollare al primo turista venuto da un eldorado fatato e Pitagora un povero ubriaco che sbarcò fortuitamente sulle agentate spiagge di Crotone. Davoli, Zungri, Botricello, i vigneti indaco di Cirò. Sa, anch’io ho creduto nello strenuo coraggio di Tommaso Campanella, “Io nacqui a debellar tre mali estremi, tirannide, sofismi, ipocrisia”, anch’io ho occhi capaci di guardare in quelli dei miei conterranei che si fanno il mazzo grande quanto il Colosseo ogni giorno nei campi, nelle pompe di benzina, nei macelli, fra i ventilatori delle ricevitorie, dietro le specchiere delle anagrafi dei municipi, nelle cliniche per i malati terminali, sui telefoni dei call-center”.
Punzecchiare Daniel, con un’intervista fattagli via mail dopo aver letto il suo libro, che consiglio, è stato un piacere, è stato un piacere ascoltarlo recitare, e sia il suo vino e sia i salami di Rogliano, che come un mago ha estratto dal suo cilindro di cartone, erano davvero buoni.
Un Brigante che scrive in spagnolo. Neo brigantaggio filo borbonico?
Contadino della penna. Scrivo per arare il mio cuore. Non faccio altro che salvare qualche germoglio da una terra infestata dai parassiti. Ma il vero contadino è sempre un brigante, un poeta.
Pesa più la zappa o la penna?
La zappa non pesa al contadino, così come la penna non dovrebbe pesare a chi scrive. Il mestiere di scrivere è una cosa seria, ma con l’informazione indifferenziata che domina la nostra società ormai non riusciamo a distinguere nemmeno uno scribacchino da uno scrittore. Ahi! Forse mi sono tirato la penna sui piedi…
Allora, in questa metafora, dove la zappa è la penna, la Terra come la rappresenteresti?
La terra è rappresentata dalla lingua e da molte cose che ho vissuto e che si trovano nei miei libri. Una terra cangiante, fatta di attimi, conquiste, sconfitte. Terra reale e mitica. La civiltà contadina, in ogni modo, è sempre presente nei miei scritti in senso nostalgico e allucinato.
Neruda o Costabile?
Neruda e Costabile, naturalmente. Io salvo sempre i poeti. Ho un debole per Residenza sulla terra di Neruda e per il Cile in generale: Roberto Bolaño, Nicanor Parra, Raúl Zurita. Franco Costabile, nonostante la sordità dei suoi conterranei, è il vero cantore del Meridione, ancor più di Rocco Scotellaro. Di quel nostro sud, "mezzogiorno potente di cicale..."
Tarantella
Y es que yo no sè.
Y s que yo no puedo.
Y es que yo no quiero
Y es que hay que morir
un poco
para seguir viviendo.
......mi parli di questa tarantella?
È una poesia di Geografía feroz, un libro che pubblicai a Granada grazie all’interesse di Antonio Carvajal, il “miglior fabbro” della poesia spagnola. La Tarantella di quel periodo sfidava il Flamenco che ormai aveva invaso il mio immaginario poetico. La mia poesia si nutre molto del sottobosco artistico. Spesso lasciavo la città per salire tra le cuevas e rapinare gli accenti ai cantaores. Per nostalgia, volevo trasportare un po’ della mia infanzia sui declivi del Sacromonte. Penso che il risultato sia affascinante.
Perchè distruggere il vento?
Perché distruggere il vento è impossibile quanto realizzare un sogno.
E il tuo sogno impossibile?
Che qualcuno un giorno possa comprendere ciò che ho scritto. Non necessariamente nel futuro.
E quello possibile?
Ti rispondo con Bufalino, che sosteneva che ognuno sogna i sogni che si merita
Io penso che tu ti meriti vedere realizzare i tuoi sogni, intanto stai lavorando a qualcosa? Aspettiamo una tua prossima pubblicazione?
Grazie per l’augurio. Lavoro sempre a qualcosa: articoli, romanzi, poesie. Ho diversi manoscritti nel cassetto che in questo periodo sto limando con dedizione. Inoltre, sto curando un saggio su Cesare Pavese per un’importante rivista spagnola. La letteratura costituisce un impegno costante e doloroso. Bisogna star seduti a leggere e rileggere per più di nove ore al giorno. È triste, comunque, notare l’enorme disinteresse della casse politica per i suoi scrittori. L’abbandono, l’insensibilità. Sono sicuro che se chiedessimo a un onorevole di fare i nomi di cinque scrittori calabresi farebbe scena muta. Eppure stiamo attraversando la primavera delle nostre lettere. Vergognoso.
(intervista pubblicata su 'Il Corriere della Calabria')