Il Vizzarro.it - quotidiano online
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Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
I carabinieri hanno denunciato 31 persone accusate di avere truffato l’Inps risultando falsamente come braccianti agricoli ed ottenendo contributi cui non avevano diritto. I controlli che hanno portato alle denunce sono stati svolti dai carabinieri della Compagnia di Vibo Valentia ed hanno riguardato, in particolare, la zona di Maierato. Il danno provocato all’erario e’ di oltre 220 mila euro. Denunciato anche un imprenditore che sarebbe stato complice dei falsi braccianti: si tratterebbe di un ex amministratore di Maierato che faceva risultare che i falsi braccianti lavoravano in un terreno per suo conto, e in cambio avrebbe intascato parte dei contributi agricoli erogati dall'Inps.
Un attentato incendiario che ha provocato ingenti danni all'automobile di una vigilessa, S.M., di 40 anni. L'episodio e' avvenuto a Pizzo. La vettura (una Fiat Stilo), parcheggiata nei pressi dell'abitazione della vigilessa, e' stata cosparsa di liquido infiammabile e incendiata. Indagano i carabinieri, secondo i quali l'intimidazione potrebbe anche essere collegata ad una vendetta per l'attivita' lavorativa svolta da S.M..
E' l'ennesima grave intimidazione ai danni dell'imprenditore Antonio Pata, presidente della "Cooper Poro edile" di Rombiolo. Tre colpi di fucile, sparati durante la notte contro la sua abitazione, hanno trapassato gli infissi e si sono conficcati nelle scale interne. "Il racket ha alzato il tiro", ha dichiarato l'imprenditore, che da anni subisce attentati e danneggiamenti ai cantieri in cui lavora con la "Cooper Poro", società fondata più di trent'anni fa da operai e muratori di Rombiolo. Sull'episodio di stanotte indagano i carabinieri.
- C.D, 41enne di S. Costantino Calabro, e' stato arrestato dai carabinieri per avere manomesso il contatore dell'Enel della propria abitazione al fine di non pagare quanto dovuto per il consumo. Per sviare i sospetti della societa' elettrica non solo avrebbe murato il ponte elettrico che aveva realizzato, ma avrebbe anche fatto in modo che una parte della corrente elettrica dell'appartamento passasse comunque dal contatore.
- Intorno alle 20 di ieri sera una persona a volto coperto è entrata con in mano un coltello in un negozio di abbigliamento gestito da un 40enne cinese a Vibo Valentia. Il malvivente ha sottratto 200 euro che erano nascosti in un cassetto e si è dato alla fuga. Sul luogo sono quindi intervenuti i carabinieri che hanno avviato le indagini per individuare il rapinatore.
- Iei sera a Briatico una decina di colpi di arma da fuoco sono stati esplosi a Briatico contro la saracinesca di un officina di proprietà di un 50enne del luogo. I colpi, che hanno raggiunto anche un'auto che si trovava all'interno, pare provengano da una pistola di grosso calibro. Al lavoro i carabinieri della locale stazione che hanno avviato le indagini.
- Madre e figlio denunciati per impiego di minori nell'accattonaggio. I due, di nazionalità rumena, di 48 e 29 anni, residente a Lamezia Terme, sono stati sorpresi mentre raccoglievano l'elemosina a Vibo Marina utilizzando un altro figlio della donna, di appena 13 anni.
- L'Anas comunica che per la realizzazione di una rotatoria e di un sottopasso, a Vibo Valentia sarà chiusa la circolazione sulla statale 18 "Tirrenia Inferiore" nel tratto compreso tra i km 443,800 e 444,100. Il blocco del tratto in questione durerà da luned' 23 gennaio a lunedì 30 aprile e prevede la deviazione sulla sovrastante rotatoria.
Nel tardo pomeriggio di ieri è stato sorpreso mentre tentava di dare fuoco alla pineta di Nicotera Marina, ed è stato subito arrestato dai carabinieri, che lo hanno colto in flagranza, con l'accusa di reato boschivo. Luigi Serena, 64 anni, disoccupato di Rosarno con precedenti, era intento ad incendiare un'area di macchia mediterranea che si trova nella frazione marina del noto centro costiero, ma l'immediato intervento dei carabinieri ha permesso di spegnere le fiamme e salvaguardare la pineta. A Luigi Serena sono stati concessi gli arresti domiciliari.
SERRA SAN BRUNO - Un episodio certamente strano, che però potrebbe essere solo il frutto di una bravata di qualcuno che ha pensato bene di crearsi così un'alternativa (illegale) alla noia paesana. Nella tarda serata di ieri, una Fiat Panda intestata ad una donna serrese, T.G., è stata rubata nei pressi del piazzale antistante al campo di calcetto situato su via Giacomo Matteotti. I proprietari dell'auto hanno subito denunciato il furto ai carabinieri della locale Stazione, non immaginando di certo che il "caso" si sarebbe risolto nel giro di poche ore. La Fiat Panda rubata, infatti, è stata ritrovata stamattina davanti all'entrata di un casolare di campagna a Spadola, in località Pendini, di proprietà del consigliere comunale Mirko Tassone. Ad avvertire i carabinieri è stato proprio il padre di Tassone, che stamattina recatosi sul posto si è subito accorto della presenza dell'auto.
E’ successo a Dasà, in località Bracciara, dove i militari del Comando Compagnia Carabinieri di Serra San Bruno (VV), nel corso di un servizio perlustrativo, hanno «rinvenuto resti di ossa umane, frammenti di materiale ligneo e materiale marmoreo riportante iscrizioni parziali di nomi e cognomi di persone defunte» appartenenti ai coniugi Caprino Antonio nato a Dasa’ il 17.03.1899 e Misiti Maria Bambina nata a Dasa’ il 04.09.1902, ivi deceduti rispettivamente in data 31.12.1974 e 09.11.1988.
I Carabinieri del Comando Provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria stanno eseguendo un’ordinanza di Custodia Cautelare, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 21 indagati, appartenenti o contigui alla ‘ndrangheta nelle sue articolazioni territoriali denominate cosche: “MORABITO - BRUZZANTI - PALAMARA”, “MAISANO”, “RODÀ”, “VADALÀ” e “TALIA”, operanti nel “mandamento jonico” ed in particolare nei comuni di Bova Marina, Palizzi, Bruzzano Zeffirio ed Africo, responsabili a vario titolo dei reati di associazione di tipo mafioso, concorso in associazione di tipo mafioso, intestazione fittizia di beni, truffa aggravata, danneggiamento aggravato, procurata inosservanza di pena, frode in pubbliche forniture, furto aggravato di matreiali inerti, crollo di costruzioni o altri disastri dolosi, violazione delle prescrizioni alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, tutti aggravati dall’aver favorito un sodalizio mafioso. Già nel giugno del 2008 i carabinieri in provincia di Reggio Calabria ed in RHO (MI), avevano esegiuto di provvedimenti di fermo a carico di 33 soggetti, nonché notifica d’informazione di garanzia nei confronti di altre 9 persone, a vario titolo gravemente indiziati del delitto di associazione di tipo mafioso ed armata finalizzata all’acquisizione della gestione e/o controllo di attività economiche, concessioni, autorizzazioni, appalti e servizi pubblici, all’infiltrazione in pubbliche amministrazioni, al procacciamento di voti ed altro (cosche “MORABITO – BRUZZANITI - PALAMARA”, “MAISANO”, “VADALÀ”, “TALIA”) nell’ operazione “BELLU LAVURU”.
“È proprio un bellu lavuru”, con queste parole i parenti di Giuseppe MORABITO (foto), meglio conosciuto come “il Tiradritto”, annunciavano all’anziano capomafia, recluso nel carcere di Parma in regime di 41 bis, l’appalto per i lavori di ammodernamento della Strada Statale 106 jonica ed in particolare la costruzione della variante al centro abitato del comune di Palizzi. Da quel momento i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria sono riusciti a monitorare l’intervento parassitario della ‘ndrangheta in ogni segmento dell’appalto. In particolare, le cosche che operano in quella parte del territorio del mandamento jonico, confermando l’unitarietà della ‘ndrangheta, hanno superato tutte le rivalità che in quell’area in passato avevano dato luogo anche a sanguinose faide e si sono suddivise gli ambiti di intervento (arrivando addirittura a federarsi tra loro mediante apposito organismo direttivo denominato “base”), presentandosi ai responsabili della società appaltatrice come un unico interlocutore e coinvolgendoli nella gestione illecita dell’appalto. Ne è scaturito un quadro investigativo che ha documentato come le cosche si sono infiltrate in ogni settore produttivo, hanno imposto: le assunzioni, le forniture di ogni tipo di materiale - finanche la cancelleria per ufficio - i contratti di subappalto e nolo.
Le indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, infatti, hanno accertato che il campo d’azione della ‘ndrangheta era rappresentato: per un verso, dall’infiltrazione diretta, mediante l’impresa di famiglia I.M.C. di STILO Costantino & C. S.n.c., ed indiretta, tramite la D’AGUÌ BETON S.r.l., nella fornitura del calcestruzzo dell’appalto pubblico per l’ammodernamento della S.S. 106; per altro verso, dalla gestione di fatto dei lavori di movimento terra, appannaggio della A.T.I. capeggiata dalla ditta CLARÀ e sotto un ultimo profilo, dalla sostanziale gestione di gran parte delle maestranze impiegate nei cantieri della grande opera. Per quanto riguarda il calcestruzzo, è emerso che la ‘ndrangheta, attraverso dei prestanome vicini per vincoli di parentela alle cosche, ha monopolizzato l’intero ciclo, organizzando delle squadre per rubare gli inerti dalla fiumara Amendolea, produrre del calcestruzzo di bassissima qualità, imporne l’uso anche se non rispondente al vincolo progettuale, fatturarne falsi quantitativi e falsificarne, attraverso dei propri contigui, i risultati dei controlli.
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