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Direttore responsabile: Bruno Greco
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Troppi galli nel pollaio del consiglio provinciale di Vibo Valentia, i cui componenti si sono riuniti ieri per vagliare le modifiche da apportare allo Statuto dell’ente.
A conclusione della seduta, il dibattito si è sciolto in un indecoroso tutti contro tutti, con i consiglieri impegnati ad interrompere gli interventi altrui e a parlarsi addosso l’un l’altro, in un marasma di proclami ed accuse non propriamente tipici del dibattito democratico. Oggetto della contesa, le cariche che un sempre più disorientato presidente Andrea Niglia, dovrà assegnare ai membri del consiglio eletto nell’ottobre scorso.
Il rischio, per molti, è che l’attribuzione delle deleghe possa, in un certo qual modo, garantire formalmente il ripristino di quelli che furono i vecchi assessorati. Ed, in attesa di una figura atta a moderare la discussione, il dibattito si è trasformato in trambusto proprio quando si è dovuto trattare delle discriminanti semantiche riferite alle cariche stesse. In particolare Franco Barbalace, eletto in quota Pd, si è espresso in maniera nettamente contraria rispetto all’uso della denominazione di “assessori provinciali”, per quelli che dovrebbero essere, piuttosto, semplici consiglieri delegati dal presidente ad occuparsi di specifiche materie. L’“escamotage” – sempre secondo Barbalace – permetterebbe semplicemente di riportare in vita la figura dei vecchi assessori, già soppressi dalla recente Riforma Delrio.
A controbattere a Barbalace, il forzista Nino Macrì: «Sono questioni di “lana caprina”. Chiamarli assessori o consiglieri non cambia nulla». Di «reintroduzione di fatto della giunta» ha parlato anche il consigliere Antonio Bretti, mentre Pasquale Fera, piuttosto, ha preferito evidenziare le «parole irriguardose» arrivate nei giorni scorsi per mezzo stampa dai consiglieri Barbalace e Papillo.
Proprio Vitaliano Papillo, ha posto l’accento rispetto ad alcuni emendamenti al regolamento della commissione provinciale tripartita e a quello sul comitato tecnico per la “Promozione del diritto al lavoro per i disabili”, che vede fra i componenti anche due esperti tecnici. Le modifiche prevedono che ai due professionisti, a differenza di quanto accade per i componenti politici, sia garantito un rimborso spese in merito alle somme sopportate per raggiungere la Provincia. Una scelta «grave» per Papillo, «opportuna e legittima» per Fera.
E mentre il consiglio provinciale si attarda a dibattere, dunque, di “aria fritta”, fuori si annuncia un inverno molto lungo per i 380 dipendenti circa in dotazione all’ente. Lo stato di agitazione permane infatti a tutt’oggi, ma le notizie peggiori sembrano siano destinate ad arrivare dai tavoli del Governo, dove sono stati smussati gli angoli ad un Legge di Stabilità che sembra orientata verso il sacrificio di migliaia di lavoratori in mobilità, occupati in diversi enti intermedi dell’intero territorio nazionale, il cui riordino rischia di trasformarsi in una guerra fra poveri. Si sta infatti preparando quella che gli addetti ai lavori hanno definito «la più grande operazione di mobilità nella storia della Pubblica amministrazione». In altre parole, regioni e comuni, ma anche altri enti, saranno destinati ad accogliere funzioni e personale, patrimonio e debiti delle province, compresa chiaramente quella di Vibo Valentia, stordita da un corposo dissesto finanziario.
Tanto per rendere l’idea di quale sia lo stato dell’arte, gli Osservatori regionali atti a decidere la nuova geografia delle competenze da attuare dal prossimo gennaio, in molti casi non hanno neanche avviato la propria funzione, oppure, come in Lombardia, si sta decidendo di non cambiare nulla semplicemente perché il Pirellone non ha intenzione di accollarsi costi aggiuntivi. Possiamo solo immaginare cosa potrà accadere quando i dirimpettai calabresi si ritroveranno assorti a realizzare pianificazioni atte ad accollarsi i fardelli di province quali quella di Vibo. Ma, proprio in merito al fronte dipendenti, emergono scenari ancora più inquieti: la Legge di Stabilità – sulla quale diversi tecnici di Montecitorio hanno sollevato corposi dubbi – è rimasta immutata nonostante i 130 emendamenti vagliati dalla commissione bilancio. Alla voce “Personale province” si parla di ricollocazione per due anni per i dipendenti in mobilità, da ripartire, appunto, fra regioni, comuni ed altri uffici statali; poi nei due anni successivi per molti scatterà la cassa integrazione.
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