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Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
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LA STORIA
Era il 1966 quando l'allora Comitato regionale per la programmazione economica licenziava un piano di interventi pubblici sulle infrastrutture del Mezzogiorno e suggeriva di progettare e realizzare una strada a scorrimento veloce in grado di collegare lo Jonio e il Tirreno, passando per le montagne delle Serre vibonesi e catanzaresi che così, finalmente, sarebbero state strappate a un isolamento che, nella pomposità della comunicazione politica, è sempre stato «atavico». L'anno successivo Cesare Mulè, allora assessore alla Programmazione economica della Provincia di Catanzaro, ideò e fece finanziare dalla Casmez la “Trasversale Tirreno-Serre-Jonio”. Ci vollero altri vent'anni, però, perché si arrivasse alla realizzazione del primo tratto, lungo 3 chilometri, tra Vazzano e Vallelonga. Ancora oggi questo tratto, che ovviamente è stato riammodernato, è completamente staccato dal tracciato principale, che rimane solo disegnato su carta. Proprio così: in quasi cinquant'anni, su una strada che, una volta terminata, dovrebbe misurare 56 chilometri, ne sono stati realizzati non più di una quindicina, e si sta lavorando – eufemismo – su altri dieci circa.
L'OPERA
I cantieri della Trasversale ricadono interamente nei territori delle province di Vibo Valentia e Catanzaro e sono stati suddivisi in cinque tronchi principali. L'idea è tanto semplice quanto, evidentemente, irrealizzabile: unire la costa tirrenica alla costa jonica, com'è stato fatto tra Lamezia Terme e Catanzaro e tra Rosarno e Gioiosa Jonica.
Il tracciato è suddiviso in cinque tronchi principali, ciascuno dei quali a sua volta suddiviso in lotti. Si va – si andrebbe – dallo svincolo Serre dell'A3 a Vazzano, da qui a Vallelonga e poi al bivio di Montecucco, collegato a Serra da una parte e a Chiaravalle e Soverato dall'altra. In questo percorso è prevista la realizzazione di tre gallerie naturali, della lunghezza complessiva di 1.242 metri, 7 gallerie artificiali, della lunghezza complessiva di 1.270 metri, e 20 viadotti, della lunghezza complessiva di 3.145 metri. «La realizzazione dell'opera – si legge sul sito stradeanas.it – garantirà un migliore collegamento con i territori interni, montani e pedemontani della Calabria agevolando la viabilità, sia in termini di funzionalità che di sicurezza, in una regione interessata da ingenti volumi di traffico». Belle parole, peccato che da nessuna parte venga indicata una data certa – che non sia già passata – per il completamento dell'opera, né tantomeno si possa desumere con chiarezza quanti cantieri finora siano stati progettati, finanziati o appaltati.
LUPI E AGNELLI
Il 22 luglio scorso il governo delle larghe intese ha inviato il titolare del dicastero alle Infrastrutture, Maurizio Lupi, in visita ufficiale in Calabria. Un'occasione buona per fare il punto sulle grandi incompiute della regione, dall'A3 alla Trasversale. In merito a quest'ultima, si è appreso che l'apertura al transito di quella decina di chilometri su cui si sta lavorando è prevista per fine anno. A onor del vero si era già parlato dell'estate in corso come termine ultimo, ma ormai a questa perpetua dilatazione temporale la popolazione delle Serre ci ha fatto il callo.
Gli annunci, le promesse, i tagli di nastro, non si contano più. I serresi – come agnelli sacrificali creduloni – per anni ci hanno sperato davvero, hanno pensato che sì, forse, a ogni inaugurazione, poteva essere la volta buona. Ma anche la speranza ha una scadenza, e adesso ad ogni taglio di nastro – l'ultimo lo ha battezzato l'allora ministro Altero Matteoli, venuto, in elicottero, a inaugurare 7 chilometri di bretella – la folla è costituita solo da politici che sgomitano per intestarsi almeno un metro di Trasversale, a favore di flash e a futura memoria. Luoghi come Serra San Bruno, Chiaravalle, Torre di Ruggiero, continuano a sguazzare nell'isolamento che ormai non è più solo un fattore meramente geografico, ma è diventato una condizione sociale immutabile. Eppure da queste parti la gente vota, elegge da sempre personaggi che puntualmente arrivano nelle stanze dei bottoni – regionali e nazionali – partecipano a ogni cerimonia di inaugurazione fosse anche di un guard-rail, e poi rivendicano, promettono, garantiscono, rassicurano, tuonano. Ma la Trasversale rimane sempre lì: a fronte degli oltre 150 milioni di euro già spesi, per completare l'opera ne occorrono altri 360, dei quali 220 dovrebbero arrivare dal Piano nazionale per il Sud.
SVILUPPO AL CONTRARIO
I soldi ci sono, la volontà politica anche. Almeno nelle parole, da Loiero a Scopelliti, sono tutti sulla stessa linea, tutti convinti che il «volàno per lo sviluppo» sarà avviato a breve. Peccato che finora, di questo sviluppo, si siano viste solo le conseguenze negative. Insomma, a fronte dei 15 chilometri oggi percorribili, la presenza dei cantieri sul territorio ha generato non pochi problemi.
La 'ndrangheta, innanzitutto. La storia della Trasversale è scandita da diverse intimidazioni subite dalle aziende appaltatrici. Nel settembre 2008 per esempio, a Simbario, fu dato alle fiamme un furgone che era parcheggiato poco distante da alcune bombole di ossiacetilene che, se fossero esplose, avrebbero provocato danni inimmaginabili, anche perché nel cantiere all'epoca lavoravano più di cento persone. Il 26 marzo dello stesso anno era stato ucciso Antonio Longo: era il titolare della Tecnovese, una delle aziende che all'epoca lavorava alla Trasversale, e che aveva appalti anche da Sorical. Quello di Longo è un omicidio tuttora avvolto dal mistero: un agguato spregiudicato, messo in atto probabilmente da sicari che viaggiavano su un furgone e che avrebbero affiancato l'auto dell'imprenditore mentre viaggiava sulla Lamezia-Catanzaro, freddandolo in corsa, in pieno giorno, senza che nessuno riuscisse a vedere niente.
C'è anche un vasto campionario di ostacoli incontrati nella realizzazione dell'opera: dalle vene d'acqua, intercettate nella costruzione di alcune gallerie, che non si riuscivano a deviare, fino ai vincoli di tipo archelogico. Bazzecole comunque, specie di fronte alle difficoltà che hanno dovuto affrontare molte delle aziende locali che hanno fornito beni e servizi prima alla “Torno Contracting Spa”, poi all'“Impresa Spa”. Le due aziende appaltatrici hanno seminato ingenti debiti nei confronti dei fornitori che, pur essendo arrivati ai decreti ingiuntivi e ai pignoramenti, ora vengono inchiodati – nel caso di “Impresa Spa” – dal concordato preventivo. Più complessa – e paradossale – la situazione della “Torno”. Si tratta di una delle più grosse società italiane di edilizia civile, che in alcuni casi “gira” i creditori delle Serre ad altre società verso cui a sua volta vanta crediti. Ma la vera anomalia è un'altra: mentre seminava debiti al Sud, la “Torno” era impegnata a Milano nella costruzione della linea 5 della metropolitana. Se si visita tuttora il sito dedicato all'opera dal Comune guidato da Giuliano Pisapia, è facile visionare la composizione societaria della “Metro 5 Spa” di cui, oltre alla “Torno” («solo per la tratta Bignami-Garibaldi»), fa parte anche l'azienda dei trasporti milanesi (Atm), la “Astaldi”, la “Alstom” e la “Ansaldo”. Il gruppo “Torno”, però, è stato dichiarato fallito nel novembre 2010, schiacciato da debiti per 140 milioni di euro, e ad aprile di quest'anno la guardia di finanza di Milano ha notificato 21 avvisi di conclusione indagini ai vertici dell'azienda – tra cui l'ex presidente, Giancarlo Elia Valori – a suggello di un'inchiesta per bancarotta fraudolenta condotta dalla Procura di Milano. Lo sviluppo, dunque, doveva arrivare grazie alla grande imprenditoria del Nord, ma probabilmente avrà sbagliato strada.
(pubblicato sul numero 111 del Corriere della Calabria)
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