Mercoledì, 08 Febbraio 2017 14:27

La “ruga” e il declino dell'idea di comunità

Scritto da Francesco Barreca
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foto di Salvatore Federico foto di Salvatore Federico

SERRA SAN BRUNO - Nel corso delle ultime feste natalizie anche io, come molti altri serresi e non, ho visitato il presepe vivente allestito dalla Pro Loco nelle viuzze del centro storico.

Mentre da San Gerolamo andavo giù fino al Monumento, passando da Piazza Monsignor Peronacci e via Sette Dolori, mi convincevo che, sì, Serra ha bisogno di iniziative del genere e insieme mi chiedevo come sarebbe stato se queste ci fossero state anche quando ero bambino e queste stradine mi erano molto più familiari (sono cresciuto in via San Lorenzo). Prima ancora che potessi darmi una risposta, però, questa domanda ne aveva già richiamata un’altra: quando ero bambino ci sarebbe davvero stato bisogno di iniziative del genere? – La risposta che mi sono dato è no.

Intendiamoci: di eventi come il presepe vivente c’è bisogno oggi, e questo perché è in atto un processo di cambiamento che sta portando alla ridefinizione della comunità civile serrese. Di questo radicale cambiamento, del resto, sono perfettamente consapevoli anche i ragazzi della ProLoco, che altrimenti non avrebbero investito energie fisiche, mentali ed economiche in maniera del tutto disinteressata per fornirvi risposte adeguate. Alla Pro Loco, dunque, va riconosciuto il merito di aver compreso che c’è qualcosa che si sta perdendo e di aver messo in atto iniziative efficaci per porvi rimedio.

Ora, per come la vedo io, il principale fattore di cambiamento è la progressiva perdita di centralità della ruga nella vita comunitaria serrese. È, questo, un processo che va avanti da almeno un trentennio ed è comune, pur nella specificità delle forme, alla maggior parte dei piccoli centri meridionali. Tradizionalmente, la ruga era per il serrese il primo nucleo comunitario, il “mattoncino” col quale la comunità – e di conseguenza l’identità – serrese era costruita. La ruga si situava in una dimensione intermedia tra quella più apertamente pubblica di vasciu e quella più intimamente privata di intra, e in quanto tale ne garantiva la continuità e la permeabilità. Nella ruga si veniva a creare una microcomunità semi-pubblica (o semi-privata); in essa i bambini facevano la prima esperienza di comunità, ad essa ci si rivolgeva nei momenti del bisogno, grazie ad essa si stringevano legami quasi-familiari che, una volta trasportati nella dimensione pubblica, davano sostanza all’idea di un’ “identità serrese” omogenea.

Il venir meno della centralità della ruga ha importanti conseguenze e, se non affrontato in maniera adeguata, minaccia di disgregare il tessuto comunitario del paese. La netta separazione tra la dimensione privata e quella pubblica, in un paese piccolo come Serra, rischia infatti di erodere il sentimento di identità collettiva in favore di un individualismo senza legami. Il pericolo, in altre parole, è che la comunità serrese si trasformi in un “insieme di persone che vivono a Serra”.

Il cambiamento, dicevo, è già in atto e a questo punto – temo – anche irreversibile: lasciarsi andare alla nostalgia lamentando “i bei tempi andati” (che poi, magari, tanto belli non erano) sarebbe inutile, se non controproducente. I cambiamenti non necessariamente sono negativi, semplicemente avvengono: è responsabilità di tutti noi riconoscerli e cercare di rispondervi adeguatamente. Questo è quello che la Pro Loco sta facendo. Questo è quello che la politica dovrà fare.

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