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Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
«Qui la ‘ndrangheta non entra» recita retorica la targa della Commissione Regionale Antimafia. Proposta dalla minoranza nel dicembre scorso, dopo un viaggio sofferto quanto una gravidanza, finalmente è arrivata. Ora campeggia sprezzante ed orgogliosa sull’uscio del municipio. Ma i serresi, a dire il vero, non se sono ancora accorti. Forse perché nessuno li ha informati della cerimonia di affissione. O meglio, forse perché la cerimonia non c’è mai stata.
Serra non è chiaramente il primo paese a ricevere la targa, ma è l’unico in tutta la Calabria che prima l’ha richiesta e poi l’ha snobbata. Ad esempio a Villapiana, nel cosentino, venne affissa con tanto di benedizione sacerdotale in presenza delle autorità militari. Dalla Capitaneria di Porto alla Compagnia dei Carabinieri. Dal Prefetto all’Ispettore di Polizia.Insomma ormai l’insegna domina gli ingressi di centinaia di comuni calabresi. Da Reggio a Cosenza, ovunque. Ed ovunque, quando si decide di affiggerla lo si fa in maniera solenne e partecipata soprattutto dai giovani, proprio per spiegare ai cittadini del domani, che attraverso la promozione della legalità e della convivenza civile si possono compiere passi importanti per contrastare la criminalità.
A Serra si è svolto tutto in sordina. Una situazione imbarazzante. Uno scatto e via. Come turisti in ritardo che rischiano di perdere l’aereo e si fotografano in fretta, in primo piano con alle spalle il Colosseo, la torre Eiffel o la Rambla. E poi via, di corsa. Chi si è visto si è visto. Erano solo in 4, come ad un tresette a perdere. Il sindaco, un consigliere e mezza giunta. Nessun altro. Mancavano nomi illustri, mancava ad esempio il capogruppo Salerno o l’assessore spodestato Zaffino. Mancavano in molti. Primi tra tutti i cittadini. E così quella che dovrebbe essere un’importante, seppur simbolica, iniziativa che muove dalla soglia del municipio come esortazione per l’intera collettività, si consuma nel silenzio tipico dell’indifferenza imposta. Un'asserzione che dovrebbe fungere da guida e che invece nasconde un messaggio ottativo, quello del desiderio, o peggio, esortativo, il modo della preghiera. Della speranza illusa.
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