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Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
Di improvvide giravolte gli esponenti del Carroccio, in questi giorni duri per l’Italia tutta, ce ne hanno regalato tante: dal tagliere di salumi a favore di fotografi postato da Salvini direttamente nel cuore della sua settimana bianca in hotel superlusso con tanto di immancabile slogan «aprire tutto per ripartire», al brusco contrordine «chiudere tutto» di qualche ora dopo; dai cinesi «untori maledetti» che «mangiano topi vivi» ai cinesi supereroi che corrono in soccorso dell'Italia con tonnellate di mascherine e tamponi e interi squadroni di equipe mediche pronte ad aiutarci. Insomma, la Lega predica tutto e il contrario di tutto, perché anche in piena crisi sanitaria ed economica lo show della piazza elettorale da tenere calda non può fermarsi. Ma lo scontro, tutto interno al centrodestra, andato ieri in scena in Calabria ha battuto ogni record di “paraculaggine”. I fatti sono noti: il Governo ha varato un decreto che in sostanza definisce un nuovo vademecum per muoversi (o meglio non muoversi) nell’emergenza, con un divieto di trasferimento verso un comune diverso da quello in cui ci si trova, che vale sia per chi si sposta con mezzi di trasporto pubblico, sia per chi lo fa con l’ausilio di mezzi privati. Ci si potrà spostare dunque da un comune all’altro solo per «comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza o per motivi di salute».
Un decreto che interessa la Calabria molto da vicino visto il costante esodo di calabresi fuori sede pronti a fare rientro a casa. Una migrazione al contrario che in queste ultime settimane non si è di fatto mai spenta e che ha sollevato molte polemiche soprattutto tra i virologi concentrati sul “trasporto” del Covid 19 da un territorio più colpito ad un altro meno colpito.
Ma il provvedimento – come dicevamo – nel centrodestra calabrese ha suscitato reazione del tutto opposte. Da una parte la neo governatrice Jole Santelli che ha esultato «non si entra e non si esce dalla Calabria, sono felice che il Governo abbia compreso le nostre preoccupazioni evitando le “fughe verso Sud”». Dall’altra parte il segretario regionale, Cristian Invernizzi (a capo della Lega Calabria ma originario di Treviglio, nella bassa bergamasca), che ha tuonato: «Non siamo d’accordo con la visione di abbandonare e non supportare le migliaia di studenti e lavoratori precari o con partita Iva che, per via della situazione, farebbero fatica a sopravvivere così a lungo in regioni dove sono emigrati per esigenza o per studio e non per volontà. Non possiamo abbandonare i calabresi – continua l’esponente leghista – a loro stessi e abbiamo il dovere di fornire supporto a quelle regioni che in questo momento sono impegnate a trecentosessanta gradi nella lotta al contagio da Covid 19».
Insomma, la Lega sostiene da tempo la decisione di blindare Lombardia e Veneto, di istituire aree protette ovunque al Nord (ricordate Codogno zona rossa e tutti gli altri territori legittimamente chiusi per evitare una fuga di contagi?), di stoppare ogni partenza e arrivo perfino dagli aeroporti lombardi e veneti, ma allo stesso tempo vorrebbe ingressi liberi in Calabria, vorrebbe mantenere in vita il via vai costante verso le regioni del Sud, in primis verso la nostra. Due pesi e due misure, per un partito che dai calabresi «scansafatiche che infestano il Nord» ha appena completato dunque la metamorfosi del pensiero in quei «poveri studenti e lavoratori che non possono essere abbandonati al Settentrione». Anzi, devono subito fuggire via, verso casa, a Sud. Come se sulla loro testa oscillasse la spada di Damocle di un pericolo di vita imminente, un mitra pronto a sparare alle spalle. Come se gli universitari, visto lo stop alle lezioni negli atenei, più che restare tranquilli in sicurezza nella casa in cui si trovano ad esempio a Milano per studiare e limitarsi ad osservare meticolosamente le disposizioni per evitare di contrarre il virus, abbiano invece maggiore convenienza a lanciarsi in avventurose traversate verso Sud, a bordo magari di vagoni e autobus affollati di migliaia di altri meridionali, con il rischio di viaggiare spalla a spalla con qualche persona asintomatica. Ammassati con altre centinaia di calabresi per tornare tra le braccia di parenti e nonni anziani pronti ad accoglierli per poi casomai, il giorno successivo, trovarsi ricoverati in un reparto di terapia intensiva. E non piuttosto restare con calma dove sono, trascorrendo le giornate a giocare alla Play Station, studiare o leggere tranquillamente un libro rimanendo rigorosamente chiusi dentro casa. Come pensa Invernizzi che il virus sia stato veicolato anche in Calabria? Sa Invernizzi che la Calabria il supporto alle regioni del Nord lo sta dando già da giorni ormai visto che alcuni pazienti contagiati di Bergamo e Cremona sono stati trasferiti in cura nei maggiori ospedali Calabresi? Sa Invernizzi che il suo apporto la Calabria lo da da tempi immemori agli ospedali del Settentrione con migliaia uomini e donne, braccia e menti, medici e infermieri originari della nostra regione che anche in questi giorni difficili sono a lavoro negli ospedali del Nord Italia? Sa Invernizzi che i primi riscontri epidemiologici spiegano che molti tra i contagiati del Meridione stanno risultando essere nonni o genitori dei rientrati dal Nord? Sa Invernizzi che già prima dell’arrivo in Italia del Coronavirus la somma dei posti letto di terapia intensiva di sei regioni del Sud (Calabria, Puglia, Sicilia, Campania, Molise e Basilicata) equivaleva al numero esatto di posti letto di terapia intensiva in dotazione alla sola Lombardia, 1067? Sa che ora questo divario si è ulteriormente allargato? Se che il numero di positivi in Calabria è in crescita costante proprio a partire dai giorni dei primi esodi? Se non lo sa, fateglielo sapere.
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