Domenica, 19 Settembre 2021 07:57

Il restauro del busto di San Bruno, un cantiere aperto e un'occasione storica - FOTO

Scritto da Sergio Pelaia
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Foto di Bruno Tripodi Foto di Bruno Tripodi

«È il restauro più dolce della mia vita». Antonio Adduci, giovane e competente restauratore di beni culturali, sorride mentre illustra con dovizia di particolari a due funzionarie della Soprintendenza i prodotti che ha dovuto usare per togliere, senza danneggiarle, tutto lo zucchero che si è sedimentato sulle lamine della “varia” di San Bruno, la base che sorregge il busto argenteo contenente le reliquie del fondatore dei certosini. Per chissà quanti anni i serresi l’hanno bersagliato con gioiosi lanci di confetti per dimostrare la loro devozione, ma il prossimo 6 ottobre sarà il secondo in cui non si terrà la tradizionale processione che attraversa tutto il paese.

Quello negativo legato alla pandemia non è però l’unico dato storico, ce n’è anche uno positivo: per la prima volta la “varia” e il busto di San Bruno sono oggetto di un intervento di restauro che sta destando curiosità tra i serresi, quasi morbosamente legati al simbolo per eccellenza del loro legame con la spiritualità certosina. L’intervento di Adduci, con la supervisione di Maria Cristina Schiavone e Daniela Vinci (Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Reggio Calabria e la provincia di Vibo Valentia), è partito il 13 settembre e andrà avanti, sulla “varia”, fino ai primi di ottobre. Da metà ottobre e per il mese successivo il restauro riguarderà anche il busto, che sarà poi coperto da una nuova protezione trasparente in policarbonato che sostituirà quella in plexiglass ormai malridotta.

  Tutto ciò è stato possibile grazie a “Restituzioni”, un programma biennale di restauri di opere d’arte appartenenti al patrimonio del Paese promosso e finanziato da Intesa Sanpaolo. Si tratta di un’occasione unica per i serresi – ma anche per tutti i fedeli e per gli amanti dell’arte – perché mai prima d’ora questa opera era stata restaurata e perché ora che lo sarà si è pensato di mettere in piedi un “cantiere aperto” nei locali del Museo della Certosa. Chi vuole può andare a osservare i lavori ogni giorno della settimana (esclusi sabato e domenica) tra le 10 e le 13 e tra le 15 e le 18. 

La varia processionale è stata realizzata nel 1797 dall'artista napoletano Luca Baccaro. I quattro lati sono rivestiti di lamine d'argento lavorate a sbalzo con motivi fitomorfi e al centro di ogni lato c’è un medaglione d'argento incorniciato con rami di palma di bronzo: uno raffigura una scena con i monaci certosini risparmiati dal terremoto del 1783, in un altro si vedono i monaci che ringraziano Dio per lo scampato pericolo, in un altro ancora è riprodotto lo stemma della famiglia Taccone di Sitizano, donatrice della varia, infine c’è lo stemma della Certosa. Il busto reliquiario, solitamente custodito nella chiesa conventuale della Certosa, risale invece al 1516, ma non è chiaro chi lo abbia realizzato: l’intervento di restauro servirà dunque anche a indagare questo aspetto. Ma servirà anche a far capire a chi ne sia interessato quale grande valore artistico, spirituale e umano si celi negli interstizi di quest’opera, che si sono rivelati pieni, oltre che di confetti imputriditi, di bigliettini con richieste di “grazia” e formule ex voto.

Dopo il terremoto del 1783 e un fallito tentativo di ripristino della Certosa nel periodo 1840-1844, i certosini ripresero possesso del monastero di Serra il 4 ottobre del 1856. Il successivo 30 maggio del 1857 le reliquie di San Bruno, conservate dopo il sisma nella Chiesa Matrice, rientrarono solennemente nella Certosa. Un documento coevo – pubblicato in appendice al secondo volume della serie Collectanea Cartusiae Sanctorum Stephani et Brunonis diretta da Tonino Ceravolo (Analecta Cartusiana 330:2, Istituto di Anglistica e Americanistica dell’Università di Salisburgo) che il Vizzarro ha pubblicato ad aprile del 2018 (leggi qui) racconta, con ricchezza di particolari, quanto avvenne in quella giornata.

Nei giorni scorsi abbiamo realizzato un’intervista esclusiva al Priore dom Ignazio Iannizzotto in cui racconta, tra le altre cose, di un verbale risalente a quei giorni secondo cui la “varia” appartiene al monastero ma il busto è invece di proprietà della cittadinanza, che lo aveva custodito e protetto per quasi un secolo. La pubblicheremo prossimamente assieme alle interviste al restauratore, al sindaco Alfredo Barillari e alle funzionarie della Soprintendenza che raccontano la genesi dell’intervento e le sue potenziali evoluzioni. Sarà tutto contenuto in un lavoro più ampio che diffonderemo, come sempre gratuitamente, ai lettori e che documenterà, al pari delle preziose foto di Bruno Tripodi che in parte sono a corredo di questo articolo, tutte le fasi di questo storico restauro.

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