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Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
SORIANO CALABRO - “Spero tanto che questa storia possa avere al più presto possibile un epilogo, che sia fatta piena luce sull'omicidio di mio figlio ma, soprattutto, che siano individuati i responsabili”. A dirlo ai microfoni di "A Sangue freddo" - programma condotto da Nadia Donato e Loredana Colloca sull'emittente tv LaC - è Martino Ceravolo, papà di Filippo, il giovane ucciso per errore nell'ottobre di due anni fa sulla strada che collega Pizzoni a Soriano Calabro. “Mi rivolgo ancora una volta al ministro dell'Interno, Angelino Alfano, affinchè si faccia carico di questo caso, altrimenti è chiaro che se non ci dovessero essere risposte nel più breve tempo possibile, allora farò una protesta personalmente a Roma. Non vorrei vedere – ha aggiunto Martino – altri ragazzi di 19 anni in una bara bianca così come successo a mio figlio”.
Il fatto, come si ricorderà, risale al 25 ottobre 2012. Era di giovedì. Quella sera Filippo aveva deciso di recarsi a Pizzoni per trovare la ragazza. Non ci sarebbe rimasto, poi, molto, perchè il giorno seguente il giovane di Soriano avrebbe dovuto alzarsi presto al mattino per andare al lavoro con il padre in giro per i mercati della zona. Fatta una certa ora, Filippo ha deciso di rincasare e, nel farlo, ha chiesto un passaggio a Domenico Tassone. Tanti sono state fino ad ora i giovani morti ammazzati. Filippo, però, a differenza di molti altri, era un innocente. Un ragazzo che non ha mai avuto problemi con la giustizia ma che, alla fine, ha pagato con il prezzo più caro la scelta di salire in macchina con la persona sbagliata. Obiettivo dei sicari, infatti, era proprio Tassone ma, per una pura fatalità, uno sbaglio, gli assassini hanno colpito, uccidendo Filippo, molto qualche ora dopo all'ospedale “Jazzolino” di Vibo Valentia.
A distanza di oltre due anni, dunque, la famiglia Ceravolo attende di avere giustizia. Attende di conoscere chi, quella sera, ha avuto il coraggio di sparare senza accorgersi che in quella macchina c'era anche Filippo. Pretende che sul caso sia fatta piena luce. E lo Stato ha il dovere di dare giustizia, perchè un omicidio come quello di Filippo, a distanza di due anni, non può rimanere impunito.
SORIANO CALABRO – Gli anni passano. Il tempo scorre inesorabile, ma Martino Ceravolo – papà di Filippo, il giovane ucciso per errore la sera del 25 ottobre 2012 sulla strada che collega Pizzoni a Soriano – non ha assolutamente alcuna intenzione di mollare. Vuole che la giustizia faccia il proprio corso e che, soprattutto, sia dia un nome e un cognome agli assassini di suo figlio. “Noi – ha affermato Martino – andiamo avanti lo stesso con sacrifici e nel dolore, ma senza il nostro Filippo non sarà più come prima. Assieme alle forze dell’ordine porteremo avanti la missione di trovare i responsabili dell’omicidio e sono sicuro che presto ci saranno dei risvolti. Lo abbiamo ripetuto tante volte e lo ha detto anche Papa Francesco nel corso della sua visita in Calabria: i mafiosi si devono convertire. I clan delle Serre pagheranno per l’omicidio di mio figlio. Come fanno questi signori a vivere sapendo di aver ucciso un giovane innocente? Come si sentirebbe un padre o una madre, sapendo che il proprio figlio è rimasto vittima in un agguato di mafia? Non è più possibile tollerare questa situazione”.
Martino Ceravolo, dunque, torna a farsi sentire, dopo la protesta organizzata circa un mese fa davanti alla Prefettura di Vibo, quando il papà del diciottenne ucciso per errore si era incatenato, portando con sé anche una tanica di benzina, per protestare contro l’inerzia del giustizia. Dal capo dell’Utg, Giovanni Bruno, in quella occasione erano inoltre giunte rassicurazioni sul fatto che presto ci sarebbero state importanti novità sul caso. Ad oggi, però, Martino è ancora in attesa di conoscere e di guardare in faccia chi, quella sera, ha avuto il coraggio di uccidere Filippo, uno dei tanti figli innocenti di questa terra.
SORIANO CALABRO – Due anni di attese, di speranze, di buoni propositi. Martino Ceravolo sa cosa significa perdere un figlio. Soprattutto se chi, come Filippo, non ha mai avuto problemi con la giustizia. Mai una denuncia, mai un processo. Eppure, ci sono dei casi nei quali la vita, spesso, riserva degli incidenti di percorso. Piccoli o grandi che siano. E la perdita di un figlio, specie se innocente, non può mai passare inosservata. In silenzio, come se nulla fosse accaduto. Da circa due anni Martino Ceravolo conduce una battaglia contro la burocrazia nella giustizia italiana. Ad oggi il volto dell'assassino di Filippo Ceravolo non ha un nome. Colpa della giustizia, o meglio della malagiustizia che, nel nostro Paese, ha spesso ucciso vittime innocenti.
Intanto sono trascorsi quasi due anni dall'omicidio di Filippo, avvenuto la sera del 25 ottobre 2012, quando il giovane si trovava in auto in compagnia di Domenico Tassone, sulla strada che collega Soriano a Pizzoni. Filippo, quindi, aveva deciso di recarsi appunto a Pizzoni per trovare la ragazza ma, al ritorno, ha chiesto un passaggio alla persona sbagliata. Il vero obiettivo dell'agguato era, appunto, Tassone ma il destino ha voluto che a cadere sotto i colpi dei sicari fosse proprio Filippo Ceravolo.
Nonostante il tempo trascorso, Martino Ceravolo non ha ancora avuto giustizia e, per cercare di smuovere quantomeno le coscienze, nella mattinata odierna si è incatenato davanti alla prefettura d Vibo Valentia, portando con sé anche una tanica di benzina. Vista la situazione, il capo dell'Utg Giovanni Bruno ha deciso di ricevere Martino per capire un po' la situazione: «Il prefetto – ha detto il papà di Filippo – si è dimostrato sensibile verso l'argomento. Ha detto che farà il possibile affnché si possa arrivare presto a una solzuione e seguirà passo dopo passo l'evolversi della vicenda. Così come mi ha assicurato che farà il possibile affinché Filippo sia riconosciuto vittima di mafia e di questo lo ringrazio. Se, però – ha aggiunto Martino – non ci saranno risposte certe in tempi brevi allora sarò disposto anche a sacrificare la mia vita: mi cospargerò di benzina e mi darò fuoco».
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Storie di vite strappate. Storie, come queste, di un diciannovenne ucciso per sbaglio da mano (ancora) ignota. Si, perchè in Calabria sui muore anche così. Per errore. Storie come quelle di Filippo Ceravolo e di tante altre vittime innocenti della criminalità organizzata. Il 25 ottobre 2012, ormai, sarà ricordato a lungo dai familiari di Filippo. Da quel giorno tutto è cambiato. Nulla è come prima. In casa si avverte la mancanza di un ragazzo buono, sempre con il sorriso sulle labbra. Un dolore incommensurabile. Filippo è stato ucciso la sera di giovedì 25 ottobre 2012, nella strada che collega Soriano a Pizzoni. Probabilmente i sicari non lo volevano uccidere. L’obiettivo, infatti, non era Filippo ma chi viaggiava assieme a lui. In poche ore, il giovane sfegatato tifoso della Juve si spegne all’ospedale ‘Jazzolino’ di Vibo, dietro il dolore straziante dei familiari. Filippo era un ragazzo perbene. Nessun precedente penale alle spalle.
SERRA SAN BRUNO - Un’occasione mancata. L’ennesima per i serresi che, ancora una volta, hanno preferito voltarsi dall’altra parte, preferendo l’apatia e la rassegnazione al riscatto. Quello di una comunità che ha perso il proprio figlio. Pasquale Andreacchi, dunque, è morto un'altra volta a causa dell’indifferenza di coloro i quali, al contrario, si sarebbero dovuti ribellare, esternando tutta la propria condanna, per l’atroce uccisione di un ragazzo nel pieno della maturità. Pasquale, però, non è l’unico ad essere stato dimenticato dai serresi. Perchè ieri, nel corso della prima delle due giornate in memoria delle vittime di mafia, sono state ricordate anche le figure di Gianluca Congiusta, Massimiliano Carbone e Giuseppe Russo. Vittime innocenti. Vittime sì della protervia della criminalità organizzata. Ma, soprattutto, vittime di quella politica che in questi anni ha fatto poco per cercare di arginare questo fenomeno.
L’iniziativa, organizzata dall’ associazione Incastri presieduta da Donatella Cristiano, con la collaborazione di Libera, si è aperta con una messa presso la chiesa dell’ Assunta di Spinetto celebrata dal parroco, don Ferdinando Fodaro che, nel corso della sua omelia, ha evidenziato come «per costruire un mondo miglior è necessario il contributo di tutti, a partire dai cittadini per poi arrivare alla classe politica». Al termine delle celebrazione, la giornata è proseguita con un dibattito tenutosi nei locali di palazzo Chimirri, al quale hanno preso parte, oltre a Donatella Cristiano, anche l’onorevole Bruno Censore, il giudice Romano De Grazia, il papà di Pasquale, Salvatore Andreacchi, il giornalista Angelo De Luca, l’ex sindaco Raffaele Lo Iacono, Mario Congiusta, papà della giovane vittima Gianluca ed il testimone di giustizia Rocco Mangiardi. Ad aprire l’incontro, è stato il neo parlamentare Bruno Censore: «Se si lavora e si crede veramente in ciò che si fa - ha affermato il vicepresidente della commissione regionale Antimafia - saremo sempre di più a combattere contro questo male. Famiglie come quella di Pasquale non devono essere lasciate sole dalle istituzioni. Al contrario, bisogna coinvolgere un numero sempre maggiore di cittadini affinché questi episodi diminuiscano e che si ponga dunque un freno a questa situazione». Angelo De Luca, invece, ha incentrato il suo breve intervento sul caso dell’ Alaco e sui problemi relativi alla presunta non potabilità dell’acqua, elogiando il lavoro svolto in questi mesi dall’associazione culturale ‘Il Brigante’ e dal Comitato civico Pro - Serre, oltre a rimarcare l’impegno dello stesso Censore, che si è reso promotore di una interpellanza parlamentare. Salvatore Andreacchi, dal canto suo, ha ripercorso la vicenda di Pasquale, dal giorno della scomparsa, fino al ritrovamento dei resti. Per l’ ex sindaco Lo Iacono «è necessario stare vicino a queste persone che, giorno dopo giorno, vivono tragedie del genere». Presente al dibattito anche l’avvocato Giovanna Fronte, legale della famiglia Andreacchi: «Quando si parla di Pasquale - ha evidenziato - è come se si parlasse di tutti noi, perchè purtroppo, quello che è successo nel 2009 potrebbe accadere a chiunque». Secondo Rocco Magiardi «la legalità non bisogna insegnarla, come qualcuno fa pensando di sconfiggere la ‘ndrangheta. Al contrario, bisogna praticarla con i fatti, anche con piccoli gesti». Critiche alla classe politica sono giunte dal papà di Gianluca Congiusta, Mario, mentre il giudice Romano De Grazia ha posto l’accento sulla Legge Lazzati, approvata di recente e che lo ha visto come uno dei principali promotori.
(articolo pubblicato su Il Quotidiano della Calabria)
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