cartellaMentre camminavo tra le ceneri del C.s.o.a. “Cartella” di Reggio, ieri, l’odore delle travi bruciate, delle cucine andate in fumo e della cenere e di tutto il resto, mi dava la nausea. Non era solo un fatto fisico, l’ho capito appena mi sono allontanato: ragionando sull’accaduto con i compagni del Brigante ho subito sentito un grande sconforto. E una nostalgia fortissima e irrazionale per Ciccio Svelo. L’assemblea pomeridiana, partecipata e incoraggiante, mi ha un po’ risollevato, ma l’amaro in bocca, andando via da quel cumulo di macerie, è rimasto eccome. Ed è tornato a diventare nausea quando ho letto i comunicati di solidarietà che inondano la rete.

Più che la retorica sulla funzione sociale (che tutti scoprono solo oggi) di uno spazio come il “Cartella”, dovrebbe interessare la matrice di quest’azione. Le svastiche disegnate con la bomboletta rossa, per esempio, sono insolite per chi vorrebbe rivendicare politicamente un atto violento di matrice anticomunista. L’incendio, questo è palese, è stato appiccato da mani “esperte”, che dovevano avere la sicurezza del controllo del territorio.

Reggio è una città difficile. Dall’inizio degli anni ’70, dalla rivolta dei “boia chi molla” di Ciccio Franco, progenitore politico di Scopelliti, nella città sono costantemente presenti apparati di potere occulti che troppo spesso hanno goduto della collaborazione – è storia – tra la borghesia ‘ndranghetista, l’eversione nera e i servizi segreti deviati. Apparati sempre presenti, redivivi. Che forse vacillano e quindi reagiscono. Qui quello che conta è il territorio. Il controllo capillare dell’economia e del consenso.

Il territorio è l’obiettivo dei ragazzi del Cartella, come di molte altre realtà sociali che in Calabria stanno per la prima volta facendo rete. Hanno occupato spazi che erano stati pagati con soldi pubblici, dei cittadini, ben presto finiti nel degrado, in mano ai caporioni delle ‘ndrine di Gallico, dei Iannò e dei Suraci e di molte altre “famiglie”. Hanno combattuto lo spaccio di eroina, che in quella piazza, prima che arrivassero loro, era prospero. Hanno fatto teatro, hanno organizzato servizi per gli immigrati, hanno creato forme di microeconomia sostenibile. Sono stati avvertiti tante volte, minacciati, che quando sarebbe stata l’ora, da lì avrebbero dovuto andarsene. L’ora a quanto pare è arrivata. Ma non se ne vanno, e provano a convincerli con le fiamme.

Quello spazio è strategico, appetibile per molti. Con i lavori del lungomare e lo svincolo A3 a pochi metri, l’area ha un potenziale commerciale su cui qualcuno vuole mettere il cappello, anzi la coppola. Poi i ragazzi parlano, scrivono, fanno un sacco di iniziative, cercano di riprendersi la periferia. Ovvio che danno fastidio. Non deve sorprendere, quindi, se in questo surrogato di democrazia che è l’Italia, la prima preoccupazione del ministro Cancellieri è il popolo No Tav - e non, ad esempio, lo strapotere della ‘ndrangheta o il voto kazako di Catanzaro - se il potenziale leader del centrotrattinosinistra dice che bisogna negare l’ambulanza a chi non paga le tasse, se nessuna istituzione (Comune, Provincia, Regione) sente il dovere di schierarsi incondizionatamente al fianco dei ragazzi del Cartella. La discussione, oggi, non è sul loro operato, né sulla loro ideologia politica. La gravità e la violenza dell’atto che hanno subìto impongono una riflessione a livello superiore. In Calabria, ma non solo, ci sono persone che impegnano il proprio tempo a lavorare per sottrarre spazi e persone al degrado, alla malavita, all’abbandono. Quello che fanno può anche non piacere, è discutibile come ogni cosa, ma di fronte ad un’aggressione del genere, non si può cedere a timidezze o a personalismi. Bisogna stare con loro e aiutarli a ricostruire, con i fatti. Perché è chiaro da che parte stanno, non c’è ambiguità. Quello che non è chiaro, purtroppo, è da che parte sta lo Stato. 

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mini fortapascNella notte tra martedì e mercoledì l’auto di Ilario Filippone è saltata in aria. L’aveva acquistata pochi mesi fa: l’hanno incendiata, dopodiché hanno sfasciato la cassetta della posta di casa sua. Filippone è un cronista di nera e di giudiziaria, scrive di ‘ndrangheta dalla Locride per Calabria Ora. Le prime a vedere la sua auto in fiamme sono state sua madre e sua sorella. Un attentato gravissimo, l’ennesimo, alla libertà di informazione in Calabria. Una frase banale, questa, ipocrita, che ogni volta che accade un fatto simile rimbalza nei comunicati sfornati in serie dagli uffici stampa di politici e sindacalisti, rappresentanti delle istituzioni e predicatori della “società civile”. Eppure fatti gravi, come quello accaduto a Filippone, a queste latitudini sono all’ordine del giorno. E sempre fiumi di solidarietà vomitevole.

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mini vvconferenza stampa1Riceviamo e pubblichiamo:

Il movimento politico “Al lavoro per il cambiamento” esprime pieno sostegno alla “XVII Giornata della Memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti della criminalità organizzata”, prevista, per il 21 marzo, a Serra San Bruno e promossa dall’associazione “Libera – Nomi e numeri contro le Mafie”. Un appuntamento importante, a favore del quale, l’intero movimento scenderà in piazza per offrire pieno sostegno alla buona battaglia per la legalità. In una terra in cui, purtroppo,. la criminalità organizzata riesce a permeare anche i settori che dovrebbero esserne immuni, sentiamo la necessità di esprimere la nostra solidarietà ai familiari di tutte le vittime delle mafie. Una solidarietà che non può essere solamente di facciata o intrisa di quella falsa retorica, tipica di quelli che Leonardo Sciascia definiva i “professionisti dell’antimafia”. Al contrario, tutte le forze sane hanno il dovere di prendere una posizione chiara, netta, contro le ingiustizie ed i soprusi che fanno della Calabria una terra di frontiera. Solamente con il contributo di quanti hanno a cuore i principi di legalità e di rispetto delle regole un popolo può crescere e sentirsi veramente libero, indipendente ed artefice del proprio destino. Contro ogni forma di prepotenza e sopruso scenderemo, quindi, in piazza a favore della libertà e della giustizia. Concetti, che in un territorio come la Calabria, con profonde disparità alimentate soprattutto dal clientelismo, dalla corruzione e da una politica, spesso, contigua, quando non addirittura collusa, vengono, ogni giorno, calpestati per fare spazio al malaffare e alla violenza. Riteniamo pertanto che, ogni forza politica, debba fare una chiara scelta di campo, poiché, come sosteneva Paolo Borsellino “politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono d'accordo”. In Calabria, invece, molte forze politiche non amando fare la guerra, preferiscono stringere accordi ed alleanze con le oscure forze del male. Sentiamo, quindi, il dovere morale e civile di esprimere la nostra vicinanza a quanti, quotidianamente, con grande coraggio, combattono, in prima linea, per riaffermare i sacrosanti principi di legalità. Solo rompendo il muro dell’indifferenza ed il velo dell’omertà che permea le coscienze di molti, potremo, un giorno, ritornare a riappropriarci della nostra terra. Per farlo, però, utilizzando le parole di Borsellino, è necessario dare vita ad “un movimento culturale e morale” capace di coinvolgere “tutti e specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità”.

Al lavoro per il Cambamento

Il coordinatore, Michele Grenci

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