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Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
Quello che fino a qualche anno addietro era il più ambito fra i call center – parrebbe per fisso orario e serietà nei pagamenti – starebbe costringendo i dipendenti a scelte poco ortodosse in ambito aziendale. Come ha fatto notare il collettivo AltraLamezia, schieratosi dalla parte dei lavoratori, l'Infocontact – con sede centrale per la Calabria a Lamezia Terme – starebbe conducendo una cattiva gestione fatta passare sotto il falso nome della crisi economica, che negli ultimi anni, molto spesso, viene adottata come giustificazione ai tagli. Migliaia i lavoratori a rischio, se si considerano oltre alle grandi sedi di Lamezia Terme e Rende quelle dislocate un po' in tutta la regione, ossia nei comuni di Marzi, Filadelfia, Maida, Marano Principato, Mileto, San Pietro a Maida, Soriano Calabro, Stefanaconi e Serra San Bruno.
«Forti di un potere conquistato con il ricatto occupazionale – si legge nella nota stampa – nascondendosi dietro una diminuzione delle commesse di cui i dirigenti e il debito da loro creato sono gli unici responsabili, hanno offerto ai lavoratori due sole alternative: l’esodo volontario con il conseguente assegno di disoccupazione o il contratto di solidarietà che prevede una diminuzione dell’orario lavorativo e la conseguente diminuzione salariale». Chi ha accettato di lasciare, stando alle improrogabili decisioni dell'azienda, non avrebbe ancora usufruito del Tfr maturato né dell'assegno di disoccupazione per la presenza di vizi inaspettati nel licenziamento. Infatti, se l'azienda avesse costretto un ignaro dipendente a licenziarsi, piuttosto che licenziarlo, lo stesso avrebbe di conseguenza perso la possibilità di usufruire dell'indennità di disoccupazione ordinaria. «Questa preoccupante situazione – fanno ancora sapere i membri del collettivo – è occasione ghiotta di sciacallaggio per politici e rappresentanti istituzionali che, per l’ennesima volta, fingono un interessamento sterile incapace di produrre, per mancanza di volontà, risultati concreti».
Il cadavere di Nicole Pupo, 29 anni, infermiera, madre di due bambini, è stato rinvenuto, alcuni giorni fa, in un bosco in Germania alla periferia di Nünschweiler, piccolo comune di poco più di 750 abitanti del landkreis della Renania-Palatinato a pochi chilometri dal confine con la Francia. Uccisa e seppellita secondo un piano diabolico su cui ora gli agenti della polizei stanno cercando di fare luce.
Il Carabinieri del Comando Politiche Agricole e Alimentari hanno scoperto una truffa ai danni dell'Unione Europea che, un imprenditore vibonese, avrebbe messo in atto su finanziamenti Psr nei settori olivicolo e seminativo concessi sulla conduzione di fondi agricoli nei comuni di Vibo Valentia, Maierato e San Gregorio d’Ippona.
La frode riguarderebbe il periodo che va dal 2005 al 2012, e avrebbe consentito all'imprenditore di percepire indebitamente oltre 400mila euro di finanziamenti dell'UE, ottenuti illecitamente con attestazioni sulla titolarità e sull'estensione dei terreni risultate falsificate nella documentazione presentata all'Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura per la Regione Calabria subentrata come "organismo pagatore".
L'imprenditore agricolo responsabile della truffa è stato, dunque, denunciato all'autorità giudiziaria ed è stato avviato il sequestro preventivo di beni disposto dalla Procura della Repubblica di Bologna su 264mila euro individuati sulla disponibilità di un conto corrente di una Banca di Bologna.
Mimmo De Paola, titolare dell’agriturismo “Fondo dei Baroni”, assieme a due dipendenti della stessa struttura, si è incatenato questa mattina all’interno del palazzo comunale di Serra San Bruno, di fronte alla sala Giunta, entrando - per protesta - in sciopero della fame. Alle loro spalle i tre hanno affisso degli eloquenti cartelli con espliciti messaggi: «Sindaco vergogna, basta parole, vogliamo i nostri soldi!».
Sono momenti di angoscia a Tropea, dove la famiglia della deputata Dalila Nesci (Movimento 5 Stelle) non ha notizie della cara congiunta, che ormai da due ore non rilascia comunicati stampa, non esprime indignazione e non richiede chiarimenti su nessun argomento. «Siamo molto preoccupati», ci racconta Santo (il nome è di fantasia), portavoce della famiglia che per ragioni di sicurezza preferisce rimanere nell'anonimato. «Dalila è stata a pranzo in famiglia tre giorni fa, e al termine del pasto ha immediatamente convocato una conferenza stampa per stigmatizzare l’eccessiva cottura degli spaghetti. Aveva anche annunciato un'interrogazione urgente al governo per fare luce sullo strapotere paramassonico delle lobbies della pasta, circostanza che aveva rassicurato tutti noi sul suo stato di salute». A Tropea, nel frattempo, le voci sulla sorte della Nesci si rincorrono senza sosta. In queste ultime ore si sta facendo sempre più strada la raccapricciante ipotesi che la deputata abbia deciso di passare nelle file del Pd, ipotesi che la madre smentisce risolutamente. «Non ci voglio credere», afferma la donna in lacrime, «mia figlia è una ragazza allegra, solare, amante della vita e della compagnia: non avrebbe avuto motivo di compiere un atto così insano e contro natura». Gli inquirenti brancolano nel buio. Sono stati fatti circolare rimborsi spese e scontrini di vari membri del Consiglio Regionale della Calabria, nella speranza di suscitare l’indignazione della Nesci, ma finora nessuna conferenza stampa è stata convocata. Il Vizzarro.it continuerà a seguire la triste vicenda e al contempo esprime la propria vicinanza alla famiglia in questo momento così difficile.
Il passo della Limina rappresenta il confine naturale tra il massiccio dell’Aspromonte e la catena delle Serre Calabre. Un lieve crinale – che raggiunge nel punto massimo di altezza poco più degli 800 metri sul livello del mare - e che funge anche da collegamento tra il versante Jonico e quello Tirrenico nella parte più meridionale della nostra regione. Il toponimo “Limina” indica quindi proprio il punto geografico in cui finisce l’Aspromonte ed iniziano le Serre.
FABRIZIA – E’ accaduto e potrebbe accadere ancora. Un anziano di 86 anni è stato derubato da una giovane donna che avrebbe approfittato della solitudine del poveretto. L'episodio è accaduto nella giornata di mercoledì ma soltanto ieri pomeriggio, la vittima del furto si è deciso a denunciare l’accaduto ai carabinieri della locale Stazione. Secondo quanto riferito ai militari dell’Arma, una donna, si sarebbe presentata presso l’abitazione dell’86enne e fingendosi interessata a fargli visita si sarebbe introdotta nella casa dell’uomo che, rimasto ingannato dalla genuinità della ragazza, l’avrebbe fatta entrare, ignaro di quello che sarebbe successo poco dopo. Di li a pochi minuti, infatti, la giovane donna, non si sa come, avrebbe approfittato della distrazione dell’ignaro signore e si sarebbe appropriata, derubandolo, di un buono fruttifero di 2 milioni delle vecchie lire, per un valore di circa 1600 euro. Insomma lingua sciolta, modi di fare convincenti, la giovane donna sarebbe riuscita così a entrare nell’abitazione dove ha iniziato a parlare e a confondere il poveretto, per poi allontanarsi, giusto il tempo di rubare quanto di valore possedesse l’86enne. Raccolto il bottino, la donna, si sarebbe quindi dileguata. La vicenda, che è stata raccontata ai carabinieri proprio dalla vittima del presunto furto, è stata denunciata ai militari della stazione di Fabrizia che hanno avviato le indagini, coordinate dal comandante della Compagnia dei carabinieri di Serra San Bruno, capitano Stefano Esposito Vangone.
(articolo pubblicato su ''Il Quotidiano della Calabria'')
Non viene rifornita la quantità di gasolio necessaria per assicurare il riscaldamento dei locali ed i docenti, gli studenti ed il personale dipendete sono costretti a lavorare in ambienti dove la temperatura oscilla tra i dieci ed i dodici gradi, compromettendo dunque la propria salute. Teatro della vicenda è il Liceo Scientifico di Soriano Calabro. In base a quanto raccontato da alcuni studenti che frequentano l'istituto, in sostanza, la Provincia non avrebbe saldato un debito di 5mila euro contratto un anno fa con una ditta che rifornisce il gasolio alla scuola e altri 9mila ad un' altra azienda. Gli studenti non ci stanno. Non hanno cioè alcuna intenzione di seguire le lezioni in luoghi dove manca addirittura il minimo necessario per il regolare svolgimento delle stesse e si sono, quindi, rivolti al preside per cercare di comprendere lo stato attuale della situazione. Il dirigente scolastico, però, avrebbe replicato dicendo che sono già state inoltrate tre richieste alla Provincia. Sono andati anche all' Ufficio scolastico provinciale il quale, in sostanza, ha confermato il fatto le che aziende si rifiutano di portare le forniture perché la Provincia deve ancora pagare quelle dell'anno scorso. «Siamo disponibili anche a pagare di tasca nostra la fornitura - spiega uno dei ragazzi - ma non pensiamo sia corretto, anche perchè i nostri genitori pagano le tasse e quindi riteniamo sia eccessivo sborsare altri soldi per garantire i riscaldamenti. Oppure, se è sufficiente ci portiamo una stufa da casa. In queste condizioni, però, non si può più andare avanti»
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