Giovedì, 28 Dicembre 2017 11:50

Ombre sulla nomina di Damiani a direttore del Distretto sanitario unico di Vibo

Scritto da Salvatore Albanese
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È ormai passato oltre un mese dallo scorso 23 novembre, giorno in cui Vincenzo Damiani, medico 56enne di Serra San Bruno, è stato nominato direttore del Distretto sanitario unico di Vibo Valentia, ma al momento non sarebbe ancora arrivata la sottoscrizione del contratto per l’avvio dell’esercizio della carica.

Le titubanze potrebbero essere sorte a seguito di alcune diffide a procedere presentate da diversi aspiranti al ruolo, e indirizzate all’attenzione dei vertici dell’azienda sanitaria provinciale e, contestualmente, alla Procura della Repubblica, alla sezione regionale della Corte dei Conti, all’Autorità nazionale anticorruzione e al ministero della Giustizia. L’avviso in questione era destinato a dirigenti medici con specifica esperienza nei servizi territoriali dell’Asp di Vibo o ai medici convenzionati da almeno dieci anni e sarebbero almeno 5 i candidati che hanno preso parte alla selezione che avrebbero già protocollato altrettante diffide a procedere o che sarebbero in procinto di farlo. La procedura per l’affidamento dell’incarico di direttore del Distretto sanitario unico provinciale (che ha sostituito e inglobato i tre preesistenti: quelli di Serra, Tropea e Vibo) era stata indetta oltre un anno fa, il 23 settembre 2016, con una rettifica parziale della sezione riguardante i requisiti specifici di ammissione effettuata nel febbraio 2017 sulla base di una nota della Regione Calabria. Da qui il dilatarsi dei tempi per il conferimento dell’incarico, deciso dunque a fine novembre scorso a favore di Damiani.

La Commissione esaminatrice aveva in definitiva vagliato la posizione di 13 candidati risultati idonei a rivestire il ruolo (che oltre a Damiani erano i medici o dirigenti medici dell’Asp di Vibo: Maria Abronzino, Raffaello Barillari, Raffaele Bava, Giuseppe Euticchio, Michele Giamba, Francesco Iaconis, Antonio Francesco Giuseppe Maglia, Rocco Mazzù, Maria Dolores Passante, Francesco Prenestì, Anna Maria Pasqualina Renda e Carlo Truscello), selezionati con una procedura comunque non a carattere concorsuale e articolata secondo uno schema che non prevedeva lo svolgimento di prove selettive, ma che avrebbe dovuto condurre a una scelta di carattere essenzialmente fiduciario anche se sulla base di specifici requisiti di professionalità e capacità manageriali in possesso dei vari candidati. Secondo i firmatari delle diverse diffide a procedere, non sarebbe però stata rispettata la procedura prevista dallo stesso avviso pubblico per l’affidamento dell’incarico, in quanto sull’elenco dei 13 partecipanti risultati idonei non si sarebbe arrivati ad una successiva fase intermedia esplicitamente indicata dalla procedura di selezione, secondo la quale si sarebbe dovuta effettuare un’ulteriore scrematura con una terna di candidati da presentare poi al direttore generale dell’Asp Angela Caligiuri. Un vulnus che, tra l’altro, non sarebbe stato neanche trattato dai diversi verbali di riunione stilati dalla commissione esaminatrice, organismo che anzi avrebbe effettuato una valutazione secondo la quale candidati con curricula e anzianità di servizio differenti tra di loro – in particolare rispetto alle attività di formazione, studio, ricerca e pubblicazioni – sarebbero da considerare tutti su un identico livello e quindi potenzialmente idonei a ricoprire il ruolo.

Ma il vero nodo della vicenda starebbe nel fatto che l’affidamento dell’incarico sarebbe andato proprio a Vincenzo Damiani, unico tra i partecipanti ammesso con riserva nella lista dei 13 candidati idonei e risultato poi vincitore senza che la stessa riserva fosse mai stata sciolta, anzi addirittura senza che fosse mai divenuta oggetto di analisi nella corrispondenza intercorsa tra il presidente della commissione esaminatrice e la dg Caligiuri. I candidati che hanno presentato le rispettive diffide hanno infatti evidenziato come Damiani, che esercita nel Cosentino, avrebbe indicato tra i requisiti posseduti anche periodi di incarico di continuità assistenziale, in qualche caso solo in sostituzione o in regime occasionale.

Ciò, a parere degli altri aspiranti che contestano la nomina, avrebbe dovuto portare la commissione ad escludere il candidato Damiani in sede di controllo dei requisiti, piuttosto che limitarsi ad accoglierlo con riserva, che, tra l’altro, come detto sostengono non sia stata mai sciolta. Una designazione, quella di Damiani, che tra l’altro si dimostrerebbe contraria ai principi di buon andamento ed economicità, in particolare rispetto al contenimento della spesa, visto che non essendo un dipendente né pubblico né tantomeno dell’Asp vibonese, la nomina comporterebbe un aggravio sulla spesa pubblica che consisterebbe nell’intera retribuzione prevista per la durata dell’incarico, ossia poco meno di 584mila euro per un periodo complessivo di 5 anni. Questo a fronte di un aggravio molto più ridotto per le casse dell’ente che sarebbe scaturito nel caso in cui la scelta fosse ricaduta su uno qualsiasi degli altri 12 aspiranti, tutti dipendenti dell’Asp di Vibo Valentia.

L’Azienda sanitaria è stata dunque diffidata a revocare l’affidamento dell’incarico e a non procedere alla sottoscrizione del relativo contratto. In caso contrario alcuni degli altri candidati potrebbero ritenere opportuno procedere per vie legali per contestare la legittimità della nomina. Proprio la relazione di convenzione tra l’Asp di Vibo e Damiani era stata, pochi giorni prima della nomina, oggetto di alcune richieste di parere tecnico con le quali la commissione esaminatrice aveva interrogato l’ufficio legale della stessa Asp. In tal caso, la risposta dell’ufficio legale aveva indicato come rispetto alla vicenda vi fossero in realtà due diversi orientamenti interpretativi: uno che prenderebbe in riferimento la limitazione territoriale in convenzione esclusiva dunque con la stessa azienda sanitaria che avvia la selezione, l’altro che invece non indicherebbe alcuna restrizione in merito. In assenza di una esplicita previsione di esclusione, secondo il parere dell’ufficio legale dell’ente, anche i medici convenzionati con altre aziende sanitarie avrebbero potuto partecipare alla procedura selettiva.

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