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Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
Potrebbe avere ripercussioni immediate sul futuro di diverse amministrazioni comunali del Vibonese, la sentenza emessa dalla Sezione civile della Cassazione rispetto ai casi di incandidabilità per alcuni amministratori appartenenti a consigli comunali sciolti nel recente passato per infiltrazioni mafiose e poi, a distanza di mesi, rieletti a rivestire ancora cariche amministrative.
La Suprema Corte – così come riportato questa mattina dalla Gazzetta del Sud – si è concentrata in particolare sul caso dell’amministrazione comunale di Nardodipace, sciolta per mafia nel dicembre 2011. Due anni dopo, nell’ottobre 2013, il Tribunale civile di Vibo Valentia, accogliendo una proposta del Viminale, aveva inoltre dichiarato incandidabili per un turno elettorale l’allora primo cittadino, Romano Loielo, ed il suo vice Romolo Tassone, mentre per gli altri componenti del consiglio – Pasquale La Rosa, Aurelio Tassone, Antonio Maiolo, Antonio Franzè e Alberto Franzè – la richiesta era stata respinta. Ma, come se nulla fosse, solo un mese dopo, nel novembre 2013, il sindaco Loielo era stato rieletto ad occupare la poltrona più alta del consesso cittadino.
Tutto nella norma a parere della Corte d’Appello di Catanzaro, che nel luglio successivo, ha ritenuto che per gli amministratori di Nardodipace l’incandidabilità fosse decaduta, in quanto “scontata” nel turno elettorale per il rinnovo delle assise comunali di altri paesi. Insomma, gli amministratori erano divenuti eleggibili, in quanto avevano deciso di non candidarsi alla competizione elettorale allestita in altri comuni calabresi. Una sentenza che, già nell’immediato, aveva suscitato nutrite polemiche, fino alla decisione, adesso, della Cassazione, che accogliendo un ricorso della Procura generale, ha totalmente rimescolato le carte in tavola, annullando con rinvio la decisione dei giudici di Catanzaro. Secondo quando deciso dalla Suprema Corte, dunque, la condizione di incandidabilità si estende al primo turno «di ognuna» delle tornate elettorali, indicate dalla norma: tanto per le circoscrizionali, che per le regionali, per le provinciali e per le comunali.
Il pallino ripassa, quindi, ora nuovamente alla Corte d’Appello di Catanzaro, chiamata a pronunciarsi nel merito delle contestazioni di incandidabilità avanzate dal ministero dell’Interno, che, nel caso in cui venissero questa volta accolte e confermate, provocherebbero la decadenza immediata del sindaco e degli amministratori di Nardodipace coinvolti nella vicenda. Ma il precedente potrebbe portare a ulteriori conseguenze anche in altri consigli comunali del Vibonese, tra i quali quello di Mongiana (sciolto per infiltrazioni mafiose nel luglio 2012), dove la stessa situazione riguarda l’attuale primo cittadino Bruno Iorfida; il vicesindaco Antonio Primerano ed i consiglieri Fernando Franzè; Cosimo Fazio; Domenicantonio Aloi; Francesco Angiletta; Rosamaria Rullo; Giuseppe Campese e Domenico Pisano (gli ultimi tre già dichiarati incandidabili in primo grado). Anche per il caso di Mongiana è pendente un ricorso in Cassazione rispetto alla decisione della Corte d’Appello che nel gennaio 2015 ha ritenuto che gli amministratori della città delle Ferriere abbiano, anche loro, scontato l’incandidabilità nel turno delle competizioni elettorali tenute in altri paesi.
Pertanto, i criteri stabiliti dalla Cassazione rispetto al caso di Nardodipace, dovrebbero di conseguenza estendersi anche a Mongiana. Ma al vaglio della stessa Suprema Corte ci sono anche le posizioni di ulteriori 12 amministratori del Comune di San Calogero: il sindaco rieletto nel maggio scorso, Nicola Brosio; il suo vice, Domenico Staropoli; gli ex componenti della giunta Giuseppe Grillo e Antonino Stagno, ai quali si aggiungono gli ex consiglieri Pietro Pugliese; Saverio Iannello; Giuseppe Cannatà; Giuseppe Preiti; Giuseppe Grillo; Giuseppe Cacciolo; Caterina Zinnà e Giovanni Cacciolo. Nel caso di San Calogero (sciolto nell’aprile 2013), il Tribunale vibonese ritenne che gli ex amministratori avevano scontato il turno di incandidabilità con le regionali del novembre 2014. Quasi identica la situazione di Ricadi, dove l’ex sindaco Pino Giuliano; l’ex assessore Giuseppe di Tocco e l’ex consigliere di minoranza Franco Saragò – ancora secondo il Tribunale di Vibo – avrebbero già scontato la relativa incandidabilità con le amministrative del maggio 2014.
Con la recente decisione della prima sezione civile della Cassazione, intervenuta dunque sui casi di incandidabilità di Nardodipace, lo stravolgimento degli assetti amministrativi interesserebbe anche Mongiana, San Calogero e Briatico, e in ogni caso, il rischio sempre più grosso, è che sulla tenuta dei quattro consigli comunali possa presto abbattersi la manna di nuovi ed ulteriori scioglimenti.
Discorso leggermente diverso per la Provincia di Vibo, che, di riflesso, potrebbe subire le ripercussioni del procedimento avviato anche rispetto alla situazione afferente al comune di Briatico, il cui Comune è stato sciolto per infiltrazioni mafiose nel dicembre del 2011, mentre nel febbraio del 2014 il Tribunale civile di Vibo Valentia ha dichiarato incandidabili l'allora primo cittadino, Francesco Prestia, il suo vice Massimo La Gamba, e i componenti della giunta comunale, Domenico Marzano e Gennaro Melluso. Passano esattamente quattro mesi e, nel luglio dello stesso anno, la Corte d'Appello dichiarò improcedibile il ricorso del Viminale il quale, sempre secondo quanto riportato dalla Gazzetta del Sud, oltre a chiedere conferma dell'incandidabilità per mafia disposta dal tribunale, aveva chiesto l'incandidabilità anche per l'attuale primo cittadino Andrea Niglia (all'epoca dei fatti consigliere di minoranza) e per Milena Grillo, ex consigliere comunale di maggioranza. Secondo il Viminale, infatti, Niglia e Grillo, dichiarato candidabili in primo grado, sarebbero "contigui al sodalizio mafioso egemone a Briatico". Secondo la Corte d'Appello, tutti gli amministratori hanno già scontato l'eventuale turno di incandidabilità non presentandosi alle comunali di altri centri calabresi. Ma contro tale decisione pende, però, un ricorso del Viminale in Cassazione che, adesso, dovrà ordinare un nuovo giudizio di secondo grado che esamini nel merito le contestazioni mosse agli amministratori di Briatico. Nel caso in cui Niglia - oggi presidente dell'ente intermedio di contrada bitonto, proprio in quanto eletto grazie alle elezioni di "secondo livello" del settembre del 2014 - dovesse decadere da sindaco di Briatico, decadrebbe pure da presidente della Provincia.
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