Lunedì, 14 Novembre 2016 09:34

Quando un sindaco di città incontra un parlamentare di montagna

Scritto da Salvatore Albanese
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Quando un sindaco di un Comune nella cui sede si sta tenendo un convegno per promuovere il Sì all’ormai imminente referendum costituzionale incontra un parlamentare che ha organizzato lo stesso convegno, il sindaco è un uomo che non può prendere parola all’iniziativa.

Sembra dura, ma è così. È la legge, non scritta ma nota, del più forte, laddove per forte si intende robusto, energico, vigoroso, aitante, erculeo, nerboruto, fermo, risoluto, deciso, determinato, tenace, perseverante, inflessibile, irremovibile come solo un vero deputato di montagna sa essere.

Alla fine, la notizia non è stata l’iniziativa referendaria in sé ma la dinamica di uno scontro senza vincitori e che si è consumato nel tardo pomeriggio di ieri, quando – riportano in coro i giornali della città capoluogo – nell'aula consiliare del Comune di Vibo Valentia, ad apertura di un incontro per il referendum del 4 dicembre, il primo cittadino Elio Costa avrebbe chiesto la parola ansioso di poter rendere il classico saluto istituzionale all'importante ospite e amico: il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri. Ma proprio in quel momento sarebbe arrivata la censura – scusate il gioco di parole – di Bruno Censore, l’onorevole di Serra, intento ad arrestare sul nascere le bramosie di Costa. Si trattava di un convegno di partito – avrebbe spiegato, microfono in mano, il parlamentare – e pertanto il sindaco, non tesserato Pd seppur convinto sostenitore del Sì al referendum, non avrebbe avuto alcun diritto ad intervenire o addirittura  come sostenuto dal segretario provinciale del Pd  a presiedere l'incontro.

Il “padrone di casa” Costa (come detto l’incontro si stava svolgendo nell’aula consiliare di palazzo Luigi Razza) avrebbe dunque sbattuto la porta (di “casa” sua) autodefenestrandosi e abbandonando infuriato il municipio.

Insomma, finalmente sono venuti al pettine i veri problemi di Vibo Valentia, quelli capaci di accendere il confronto politico tra livelli istituzionali diversi. Un regolamento dei conti senza precedenti rispetto all’attuazione di un adeguato vademecum della convegnistica che consegni un verdetto definitivo rispetto a chi ha o non ha il diritto di salutare in “casa propria” e di essere o non essere autorizzato ad intervenire ad un’iniziativa organizzata da qualcun altro. Ma l’aspetto saliente è che tra Costa e il sottosegretario Ferri ci sarebbe uno stretto vincolo di amicizia, stima e conoscenza, cosa che il primo cittadino non avrebbe, dunque, avuto la possibilità di esprimere pubblicamente alla platea, bruscamente redarguito dal deputato.

È per questo che Costa e Censore se le sono date di santa ragione. Per sdolcinate moine istituzionali pianificate dal primo che si scontrano con l’esigenza del secondo di non vedersi rubata la scena, di riuscire a tenere i riflettori sempre e comunque puntati su se stesso. Non perché un sindaco chiede, magari, maggiore presenza sul territorio all’esponente di una maggioranza di governo che il Vibonese lo ha relegato ancora di più alla marginalità. Non riguardo, ad esempio, all’annosa questione sanità e al nuovo grande ospedale che avrebbe già dovuto essere in cantiere proprio a Vibo. Non rispetto alla viabilità, ai reati ambientali o alla sempre più dilagante presenza della criminalità organizzata. Non rispetto al fatto che ci sono ancora studenti costretti a frequentare scuole in condizioni da terzo mondo e dove i riscaldamenti mancano un giorno sì e l’altro pure. Non sulla qualità anomala dell’acqua, quella erogata dall’Alaco, che arriva nella rete domestica delle residenze di entrambi i contendenti: a Serra per Censore, a Vibo per Costa. No. Lo scontro, violentissimo, è su ben altro: ci si “confronta” per un intervento concesso o meno ad un convegno, semplicemente perché due galli nello stesso pollaio non possono starci. E poco importa se il pollaio è così sgarrupato da non reggersi più neanche in piedi.

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