È con il cuore scuorciulìato dalla commozione che trasmettiamo, in questi tempi di sidice e pareché, la provata testimonianza chiarissima dei successi dell’onorevole compagno Brunello Censore, la cui stessa medesima esistenza fu messa in dubbio da voi scribacchini prezzolati infangatori di verità.

Se non fosse che ci sembrerebbe di dilungarci troppo, racconteremmo nel dettaglio quanti e quali pericoli il sommo Brunello affrontò per raggiungere questo successo a beneficio della comunità serrese e vibonese tutta quanta intera; racconteremmo di come, con mirabile destrezza equina, egli balzò fuori dal viscido popolino del Partito democratico, nel quale, pur con infinita letizia, sin allora grufolava, e di come affrontò le sassaiole dei grillini, che, non fosse stato per l’asinina ed ingrugnita robustezza del coccalo suo, lo avrebbero sicuramente sopraffatto con pizzini e rimborsi spese; e poi, di come il suo risaputo, infallibile fiuto, tale e quale a un cane da riporto, lo condusse fino in su alle squamose terga del Re Giorgio, attraverso schiere di renziani, civatiani, redcanziani ed alfaniani, superati con la scaltrezza del serpente e l’uremico fetore della iena; infine di come, raccolti in un solo colpo l’animo e il sempre ritenuto cerebro, sollevò il pollice e quindi, senza timore alcuno, abbracciollo come uno sfiatato giovinetto farebbe con un vecchio incontinente.

Voi, gentaglia di provincia, moltitudini fecciose, mangiapane a tradimento, guardate e godete. È per voi che lui lo fece, per tutti voi che invece di ringraziarlo continuate a reclamare amenità come pane lavoro salute tranquillità progresso, e alla quale il nostro santo Bruno redivivo concede, con somma misericordia, il suo poderoso «MOVATI, SCATTA! OK!»