SERRA SAN BRUNO - Ma l'Alaco è ancora lì? Esiste ancora quel serbatoio di veleni e di affari torbidi e maleodoranti, proprio come l’acqua che arriva ai serresi e ai vibonesi? Ad assistere ai dibattiti del Pd serrese, penseresti che l’Alaco non esiste, o che forse non è un problema che ci tocca piu' di tanto. Poi ti viene da chiederti chi mai può aver fatto assumere quei tecnici che cercavano di seminare i Nas per andare a nascondere la famigerata schiuma marrone dai sedimentatori, e allora capisci che, per chi sosteneva la giunta Loiero, oggi è meglio parlare dei massimi sistemi, o inseguire alleanze con chi sostiene il “modello peggio”, oppure dissertare su quello che ha scritto l’Economist. Gli stessi dubbi ti assalgono osservando l’operato del Mpa: silenzio totale.
Qualcuno potrebbe ricordarsi che Serra si è allacciata all’Alaco nel 2006, quando era sindaco Lo Iacono (centrosinistra), oggi leader serrese del movimento di Loiero e di “Arraffaele” Lombardo, fresco alleato del Pdl e de La Destra in Sicilia. Niente. Nessuna presa posizione, com’è ovvio, neanche dall’Udc di Pino Raffele, amico e collega di Giulio Ricciuto – indagato per avvelenamento colposo di acque – e da sempre sostenitore della necessità che Serra rimanga legata all’Alaco. “E’ impossibile rendersi autonomi – ha sempre sostenuto Raffele – costerebbe troppi soldi”, e intanto il comune ha sborsato per anni, e lo fa tuttora, circa 300mila euro all’anno per acqua avvelenata pagata con tariffe illegittime. A questo punto, cosa ti aspetteresti dal Pdl dell’attuale sindaco Bruno Rosi, per il quale, ancora oggi, l’acqua dell’Alaco è potabile? Vabbè, si scherzava in campagna elettorale, e anche dopo, quando si affermava dai palchi e sui giornali che si stavano studiando soluzioni per il problema acqua. Ma perché poi, se l’acqua è buona, tanto che c’è pure chi, avendo responsabilità istituzionali, invita a berla dal rubinetto? L’importante è non spaventare i turisti; se poi viene fuori che il comune dichiarava potabile acqua che non lo era, e che sarà mai? Se poi le analisi previste dal D.lgs. 31/2001 per le acque dell’Alaco, non le ha mai fatte nessuna amministrazione, che volete che sia? Dunque a chi dovrebbe importare se il Tar del Lazio sentenzia che l’acqua fornita ai cittadini deve essere salubre e la tariffa deve essere connessa proprio alla qualità del prodotto? Gli utenti dell’acqua di varie regioni (Lazio, Toscana, Trentino Alto Adige, Lombardia, Umbria) saranno risarciti con almeno 100 euro a cittadino, perché l’acqua che hanno pagato per buona era contaminata da arsenico. La sentenza è storica, ma a noi, in questo angolo di paradiso abitato da diavoli, che cosa importa? Tanto l’Alaco non esiste.