Il Vizzarro.it - quotidiano online
Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
Ci sono grosse rughe scavate sul volto della Calabria. Attorno a quegli occhi sempre più pigri e dolenti di una regione in raccolta, che muore, lentamente si spegne.
Lo capisci quando l’ennesimo tuo amico, parente o vicino di casa, va via dal suo paese. Dal tuo paese. Così qualcun altro, così troppi ormai. È arrivato l’autunno della crisi. Un cambio di stagione incastonato in un tempo gramo. Propedeutico all’inverno. Un grigiore che pesa di più sulle spalle della generazione senza lavoro, i giovani, ma che non risparmia neanche i più adulti.
Andare o restare? Un interrogativo che assilla in maniera sempre più pressante. Un dilemma che angoscia tutti indipendentemente dalla classe sociale, dal titolo di studio, dalla professione. In soli dodici mesi oltre 56mila persone hanno abbandonato le regioni del Meridione d’Italia in cerca di fortuna al Nord. Questo il dato inerente alla emigrazione interna ufficiale, ossia al numero dei cittadini che hanno effettivamente cambiato la propria residenza trasferendosi da un Comune del Sud verso altri posti d’Italia. Cifra preoccupante alla quale si aggiunge quella – molto più complicata da quantificare e allo stesso tempo molto più corposa – degli emigrati che hanno mantenuto la residenza nel proprio paese di origine, ma che, di fatto, si sono ormai stabilizzati in altre città d'Italia, ben distanti dal nostro Mezzogiorno. Tra questi lavoratori, studenti, intere famiglie. Il dato offre il senso dell'ecatombe quando poi si vanno a contare i tanti nuovi emigranti che decidono di trasferirsi addirittura al di fuori dei confini nazionali: in Svizzera, in Germania, in altri paesi del mondo.
Una rotta che si rinnova, dunque, per gli emigranti del Sud, per dei flussi che ritornano a farsi consistenti così come avveniva a metà del secolo scorso, anche se rispetto alle emigrazioni nazionali storiche le calamite non sono più rappresentate da regioni quali la Lombardia ed il Piemonte, ma, piuttosto, dall’Emilia Romagna e dal Trentino Aldo Adige. Infatti, secondo il Rapporto sulle migrazioni interne realizzato di recente dall’Istituto di studi sulle società del Mediterraneo del Cnr e curato da Michele Colucci e Stefano Gallo, proprio queste due regioni hanno raccolto gli esodi maggiori, arrivati in particolare dalla Campania e dalla Calabria, ma anche dalle due isole Sicilia e Sardegna.
Il saldo emigratorio della nostra regione, frutto della differenza annua tra iscrizioni e cancellazioni negli elenchi dei residenti, racconta di una migrazione passiva di circa 12mila persone (solo la Campania è stata capace di fare peggio con 20mila cittadini trasferitisi in altre regioni). In termini assoluti, invece, la regione con il maggior incremento demografico dovuto alla migrazione nazionale interna ufficiale, è stata l’Emilia Romagna capace di guadagnare 10.273 presenze. In proporzione al numero di residenti, il saldo negativo più elevato di tutti i territori provinciali spetta a Napoli, seguito però a ruota da Vibo Valentia, Reggio Calabria, Caltanisetta, Foggia e Crotone. Uno dei comparti occupazionali maggiormente interessato dai flussi migratori è risultato essere quello dell’agricoltura, dove ancora le regioni coinvolte sono la Campania, la Calabria, la Sicilia e la Puglia.
Sembra inequivocabile allora che l’inversione di tendenza, la tanto agognata crescita del Meridione, debba diventare un impegno collettivo che possa trovare corpo però nell’obiettivo di far perdere qualcosa a qualcuno per dare di più a tutti. È un percorso impervio e lungo, forse utopistico, di certo non immediato perché allo stesso tempo sentiamo che avremmo bisogno subito di una casa, di un lavoro vero, di un futuro. Le statistiche ci ricordano che ci vorrebbero 400 anni per recuperare lo svantaggio che separa il Sud dal Nord. Da dove iniziamo?
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