L'ultima volta che ha esposto i suoi ritratti, gli organizzatori della mostra non hanno pensato a specificare nei manifesti che non si trattava di una personale di fotografia, e così poi si sono dovuti armare di pazienza e spiegare a ogni singolo avventore che le opere esposte non erano il frutto di obiettivi tecnologicamente avanzati nè di software di grafica all'avanguardia, ma di una semplice matita. L'incredulità, d'altronde, è la sensazione più comune al primo impatto con le opere di Vitantonio Tassone, artista serrese 43enne autodidatta che, in 20 anni di studio, ha affinato una tecnica che oggi gli permette di realizzare disegni – matita su cartoncino ruvido – e quadri – acrilico o olio su tela – che sfiorano la perfezione, fin nei dettagli più impercettibili.
Il genere in cui si è specializzato – nato negli Usa negli anni 70 e recentemente divenuto un fenomeno planetario – è conosciuto come iperrealismo, l'arte della riproduzione di un soggetto fotografico mirata a rappresentare la realtà cercando, se possibile, di essere più fedeli della normale percezione; un obiettivo che Tassone, chiuso nel suo piccolo laboratorio nascosto in mezzo al groviglio di viuzze in granito del centro storico di Serra San Bruno, è sicuramente riuscito a raggiungere. Già da piccolissimo passava il tempo a disegnare sui muri di casa i personaggi dei cartoni animati che vedeva in tv. Poi a 5 anni ha visto per la prima volta un ritrattista all'opera, e ha capito che quella sarebbe stata la sua strada: tornato a casa, ha subito preso fogli e matita e ha cominciato con i primi tentativi di ritratti, e da allora non si è più fermato. Pare che sia stato un professore delle scuole medie ad accorgersi non solo del suo talento, ma anche del fatto che disegnare per lui fosse naturale come respirare. Infatti, quando si iscrisse all'università di Messina, passando dalle facoltà di Biologia prima e di Giurisprudenza poi, capì ben presto che non era fatto per seguire simili percorsi accademici. È proprio in quel periodo che avvenne la sua definitiva svolta artistica. L'incontro con Mimmo Lo Iacono, artista serrese di grande talento ed esperienza, formatosi in accademia a Trento, segna uno spartiacque nella sua vita: i due cominciano a parlare di forme, di proporzioni di colore, di stile, e così il giovane ritrattista rimane talmente affascinato da non volersi più occupare d'altro che non sia arte. Frequentando il laboratorio di Lo Iacono, Tassone impara le prime tecniche della pittura e colma alcune lacune nel disegno. Da qui alla realizzazione dei primi lavori il passo è breve, così com'è immediata l'immersione nello studio quasi maniacale delle tecniche più disparate. Passano così più di 20 anni, e Tassone, nonostante il carattere schivo e introverso, diventa un artista conosciuto un po' ovunque per il livello che è riuscito a raggiungere, soprattutto nel genere iperrealista. Oggi continua a lavorare nel suo paese e, sebbene riscuota un notevole successo, visitare il suo studio – invaso da quadri ma anche da bellissime sculture lignee realizzate dal padre Bruno – rimane un privilegio di pochi. Per realizzare un disegno, Tassone, dopo aver fatto una bozza su un foglio con una matita dura, comincia a dare più corpo alle forme con delle matite più morbide. Comincia dagli occhi, che poi sfuma tutto intorno con un pennello in modo da evitare tratti non omogenei. Partendo dalle zone più in ombra dell'immagine, va quindi verso le parti in luce. Poi gli occhi, il naso, la bocca. Man mano che il disegno prende corpo l'artista usa matite più grasse per le ombre. Una volta finito il viso delinea la forma dei capelli, riservando molta attenzione agli eventuali riflessi di luce. La matita usata per fare la chioma – spiega lui stesso – di solito è una 2b0, data la particolarità di riuscire ad ottenere una punta dello spessore di un ago. Finiti i capelli, quindi, si delinea il resto corpo, e infine si eliminano eventuali macchie e si passa un prodotto fissativo sul ritratto. Diverso è il discorso della pittura. In questo caso l'iperrealismo di Tassone si mescola con la tecnica “caravaggesca” per alcuni soggetti con lo sfondo nero, e con quella “canalettiana” per i paesaggi e le vedute in genere. Quasi sempre l'artista serrese si avvale di fotografie che scatta lui stesso stesso, e per i ritratti in genere usa colori acrilicici o a olio e tele di lino o cotone. Comincia con delle leggere velature di colore, in questa fase molto diluito – «quasi acqua sporca» – per delimitare lo spazio che la figura occuperà sulla tela. Man mano che va avanti però il colore diventa un po' più corposo e le pennellate più decise, finche non arriva al risultato voluto. E in non più di 5-6 giorni Tassone riesce a realizzare qualunque tipo dipinto. Alla domanda sul grado e sulle differenze di difficoltà realizzativa, tra pittura e disegno, Tassone non sa rispondere in maniera neta. «Nel disegno si è più avvantaggiati – spiega – dato che la matita ha una punta rigida e il foglio sta su una base solida, quindi è più comodo lavorare e come tecnica è più veloce, ma ha il limite di essere vincolata a un solo colore. La difficoltà sta nel realizzare le parti in mezzo, tra quelle in piena luce e quelle in ombra. La pittura invece – aggiunge – non ha i limiti cromatici della matita, ma la difficoltà principale sta nel fatto che, essendo flessibili sia la tela che la punta del pennello, le pennellate devono sfiorare la tela, proprio come una carezza».
(articolo pubblicato sul numero 119 del Corriere della Calabria)