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Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
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Che fine ha fatto il museo etnografico delle culture e del territorio di Simbario? L’antico palazzo ottocentesco che ospitava un pezzo di memoria delle Serre calabre non apre le porte al pubblico dei visitatori ormai da diverso tempo.
Di uno dei punti programmatici della vecchia amministrazione, allora guidata dall’ex sindaco Francesco Andreacchi, è rimasto una scarna dicitura sul portale del Comune, che ha come unica utilità quella di disinformare il turista.
Che l’hinterland abbia già di suo difficoltà per attrarre i turisti è un dato di fatto. Ma ciò non giustifica la rottamazione dell’esistente. L’idea di preservare un pezzo di memoria della tradizione serrese era stata partorita dall’ex vicesindaco, Caterina Bertucci, che, nella realizzazione del museo, aveva trovato la collaborazione di tutti i cittadini di Simbario (e non solo), disponibili a fare delle donazioni per la nascita del centro culturale. «Sono stati scovati nelle cantine e nelle soffitte gli attrezzi della quotidianità diventati oramai reperti storici, a testimonianza del passato del nostro paese». Questo ad oggi è quanto rimane della struttura presentata alla stampa in pompa magna 3 anni fa, con apertura inaugurale alla presenza dell’allora assessore provinciale alla cultura Pasquale Fera. Il Comune di Simbario aveva da poco ottenuto l’iscrizione al registro regionale delle “Città d’Arte”. Quale occasione migliore per presentare la nascita di un Museo. L’iscrizione al registro regionale include di per sé l’inserimento del comune in un itinerario turistico provinciale. Di fatto, il potenziale turista, tra le mete culturali, potrebbe ad oggi scegliere una struttura che ha le porte sbarrate, che forse non esiste più.
Resta da chiarire anche che fine abbiano fatto gli oggetti donati al museo. Infatti, oltre a unità di misura e strumenti di lavoro utilizzati in passato, all’interno del Museo etnografico delle culture e del territorio di Simbario era possibile trovare anche antichi pezzi di valore, quali monete risalenti al periodo borbonico, vestimenti sacri e pezzi di antiquariato del periodo preunitario. Il tabù, messo in piedi da diversi anni ormai, è se gli oggetti donati al museo per una funzione sociale, siano ancora all’interno del palazzo e potenzialmente fruibili dal pubblico turistico in futuro o se il destino della struttura sia una poco esauriente didascalia da custodire sul portale del Comune.
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