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Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
Il primo conflitto mondiale, la Grande guerra, di cui ricorrono i cento anni, occupa tuttora uno spazio molto importante nella nostra memoria collettiva.
Fu forse il più tragico tra i conflitti tra popoli di cui ancora oggi è vivo il ricordo. Nel 1915 l’Italia entrò in scena su un triste palcoscenico in cui distruzione e morte avrebbero regnato sovrane per diversi anni. La Calabria si distinse tra le regioni italiane con il maggior numero di soldati morti: contribuì con cinque Brigate e 20mila vite umane sacrificate per l’unità del Paese.
Anche Serra San Bruno diede il suo tributo di sangue, e molti furono i caduti. In gran parte soldati semplici, ma anche tanti ufficiali che si distinsero in battaglia, le cui storie nella maggior parte dei casi sono dimenticate, e resistono forse solo nella memoria dei familiari. Quelle più significative sono affidate alla memoria popolare, ma si tratta pur sempre di racconti orali, vicende mai entrate nell’alveo della storiografia ufficiale.
Discorso a parte merita invece il maggiore Azaria Tedeschi, medaglia d’oro al valore militare, «ufficiale di carriera in forza al 79° fanteria,comanda prima la 7^ compagnia. Poi, ancora con i gradi di capitano, il IV battaglione. Il 30 agosto 1917 viene ferito sulla Bainsizza e decorato di medaglia d’argento al valor militare. Ancora non completamente ristabilito torna al comando del suo battaglione e resta ucciso il giorno dopo lo sfondamento di Caporetto, il 25 ottobre. Viene decorato di medaglia d’oro al valor militare». Sul sito web della Presidenza della Repubblica si possono leggere le motivazioni per il conseguimento della medaglia: «Premuto sempre più dall’impeto di un avversario tre volte soverchiante per numero e per mezzi ed imbaldanzito ormai dal suo successo, con eroica decisione ed incitando col mirabile esempio del proprio ardimento i dipendenti, per primo si slanciò a capo fitto contro la ferrea cerchia degli assalitori».
A cento anni dallo scoppio della Grande guerra, è stata pubblicata la corrispondenza di Azaria Tedeschi con la cugina “Pippinuzza”. Le sue lettere sono state ritrovate dopo più di 80 anni e consegnate, nel 2003, all’Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano, in provincia di Arezzo.
Si tratta di lettere dal fronte piene di dettagli. Tedeschi racconta i combattimenti, la vita in trincea, i bombardamenti. Parla dei suoi soldati, scrive di quando restano feriti o uccisi.
In questa corrispondenza denota un carattere deciso e determinato, ma anche ricco di umanità: «Gli austriaci non immaginavano certo che noi fossimo così vicini; avrei potuto ucciderli, ma non feci far fuoco e militarmente ho fatto male: in guerra non bisogna avere pietà».
In altre lettere descrive i luoghi e si dimostra ammaliato dalla bellezza dei paesaggi, e da buon serrese non rinuncia all’ironia, anche se ben consapevole della tragicità del momento: «Noi abbiamo anche i nostri spettacoli, specialmente pirotecnici. I nostri forti e le batterie lanciano continuamente i loro proiettili che tagliano l'aria con un frullio lamentevole, passano alti e vanno a scolpire e a scoppiare sui forti austriaci […] Quando noi altri sentiamo che un colpo è partito da un forte nemico ci addossiamo alla roccia e alle trincee […] Se lo shrapnel o la granata non hanno prodotto alcun danno, qualche soldato si sente autorizzato a gridare all'indirizzo del puntatore. “Va alla scuola schiappino”. In questo consiste il nostro divertimento».
Poi continua col descrivere la crudeltà della guerra, e in un foglio sequestrato a un’ufficiale austriaco riporta gli avvertimenti dati dal proprio colonnello in comando: «“Quando correte all'attacco alla baionetta gridate forte l'antico grido di guerra magiaro: viva l'Ungheria, picchia forte, picchia alla testa, picchia al cuore. Ammazza, squarta, scanna”. È un ritorno alla barbarie primitiva».
Questi straordinari documenti sono stati raccolti dal comune di Pieve Santo Stefano, che nel 1984 ha sancito la nascita dell’Archivio diaristico nazionale, un’istituzione che raccoglie memorie e diari di “gente comune”. Ideatore del progetto è lo scrittore e giornalista Saverio Tutino.
A 100 anni dallo scoppio della prima guerra mondiale, un progetto in collaborazione tra l'Archivio diaristico nazionale e il gruppo L'Espresso rende accessibili oltre 1000 testimonianze di soldati e civili che hanno vissuto e combattuto tra il 1914 e il 1918. Tra questi troviamo le lettere del fronte di Azaria Tedeschi (qui il link).
(foto nel testo: Decorazione, Fondo Arturo Busto)
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