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Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
Dopo l’uscita del primo volume (Bonaventura Bova, Breve compendio della vita di San Brunone Cartusiano), è stato pubblicato in questi giorni dall’editore Analecta Cartusiana dell’Università di Salisburgo il secondo libro della serie Collectanea Cartusiae Sanctorum Stephani et Brunonis diretta da Tonino Ceravolo e curata nell’impostazione grafica da Antonio Zaffino.
Con questo secondo volume l’attenzione si sposta dal XVIII secolo, epoca di composizione del testo di Bova, al XIX, con l’edizione di due importanti cronache della Certosa di Serra nelle quali vengono raccontati, tra l’altro, due passaggi cruciali della sua storia: il periodo 1840-1844, nel quale ci fu il primo tentativo di riapertura della Certosa dopo il terremoto del 1783; il biennio 1856-1857, anni in cui, anche grazie all’indefessa opera svolta dal priore certosino Dom Vittore Nabantino, la Certosa venne “recuperata” e le reliquie di San Bruno, conservate a Serra in seguito al sisma settecentesco, fecero ritorno nel monastero con una solenne cerimonia di traslazione. A tali cronache si aggiungono, nell’appendice del volume, ulteriori documenti che consentono una “lettura” di prima mano di quanto avvenne in quel periodo: la cronotassi dei priori della Certosa dal priorato di Dom Pietro Paolo Arturi (1781-1803) al priorato di Dom Ambrogio Bulliat (1894-1903); una lettera di Dom Paul Gérard, presentata nell’originale in francese, scritta da Serra il 27 marzo del 1840 e indirizzata al Priore Generale dei certosini; due lettere di Dom Vittore Nabantino al vescovo di Pistoia Mons. Leone Niccolai e, infine, il dettagliato resoconto della trasferimento delle reliquie di San Bruno dalla chiesa Matrice di Serra alla Certosa il 30 maggio 1857.
Completa il volume un ricco repertorio iconografico che riporta mappe topografiche del territorio di Serra e del tenimentum certosino, vedute e piante della Certosa, particolari architettonici del monastero dopo il terremoto del 1783 e che costituisce un importante corredo di materiali visuali, tutti prodotti tra il Settecento e l’Ottocento, i quali contribuiscono in maniera significativa alla conoscenza della storia dell’insediamento monastico calabrese.
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