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Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
Si saranno dimenticati di provare – campioni ed annessi riscontri analitici alla mano – che i parametri qualitativi dell’acqua erogata da alcuni dei pozzi comunali sono tornati nella norma, o forse le «ulteriori analisi» non sono mai state effettuate. E così anche una delle più drammatiche delle emergenze vissute in paese, per mera incuria e negligenza, si è fatta nel tempo sempre più confusionaria.
A Serra San Bruno vige da oltre sei mesi un’ordinanza di non potabilità che riguarda alcuni dei serbatoi comunali annessi alla rete idrica. L’amministrazione ne aveva dato avviso il 5 dicembre 2014 e poi non se ne è saputo più nulla: nessuna contro analisi, nessun ulteriore provvedimento, o meglio nessuna comunicazione utile a confermare o revocare l’ordinanza tra l’altro ancora consultabile, in bella vista, nella homepage del sito ufficiale dell’ente.
Tutto aveva inizio il 2 dicembre del 2014, quando alla luce dei risultati sanciti dalle analisi di autocontrollo, eseguite dalla ditta Esi Lab Srl per conto dell’ente comunale, il sindaco di Serra San Bruno, Bruno Rosi, aveva inizialmente disposto la non potabilità – con un’apposita ordinanza (la numero 26/14) – dell’acqua erogata dalla quasi totalità dei serbatoi annessi alla rete idrica cittadina. Le difformità ai parametri indicati dal D. Lgs. 31/2001, riscontrate nei campioni prelevati il 20 novembre, avevano messo infatti in luce criticità riguardanti l’acqua in uscita dai serbatoi comunali di località “Ninfo” e “Guido", ma, soprattutto, anche di quella erogata dalle fontane pubbliche ubicate in località “Scorciatina”, in piazza San Giovanni, in piazza Mons. Barillari ed in Corso Umberto I, la stessa che finisce nella maggior parte delle abitazioni serresi, direttamente dal famigerato Alaco.
In seguito, però, proprio il 5 dicembre successivo, dopo quindi solo tre giorni, l’ordinanza numero 26 era stata parzialmente revocata con un atto successivo, e la non potabilità era rimasta in vigore esclusivamente per i serbatoi di “Ninfo” e “Guido”, in cui sarebbero state riscontrate criticità inerenti in particolare ai parametri microbiologici, ed appartenenti alla rete in cui viene potabilizzata ed erogata acqua delle sorgenti comunali. Quindi, ricapitolando, in seguito alla consultazione del responsabile del Settore manutentivo, vista l’urgente e non procrastinabile necessità di intervenire a tutela della salute pubblica fino a quando non sarebbe accertata la conformità dell’acqua erogata dai serbatoi e dalle fontane pubbliche in questione, il primo cittadino Rosi aveva ordinato «con decorrenza immediata, e fino a nuova disposizione», il divieto all’uso dell’acqua ai fini del consumo umano «esclusivamente per quella proveniente dal serbatoio di acqua denominato “Ninfo” (che serve solo la frazione avente la medesima denominazione), dal serbatoio di acqua denominato “Guido” (che serve solo la località avente la medesima denominazione) e quella erogata dalla fontana pubblica Scorciatina», così come si leggeva testualmente nel provvedimento.
Ma, a distanza di sei mesi, l’atto è ancora in vigore. Non è noto però se almeno rispetto al pagamento del tributo afferente al servizio si sia calcolata uno sgravio proporzionato all’entità del disagio per i cittadini che abitano nelle zone interessate, né soprattutto se questi stiano nel tempo mettendo a repentaglio la proprio salute usufruendo, da oltre mezzo anno, di acqua che ancora, almeno sulla carta, risulta essere non potabile.
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