Martedì, 31 Gennaio 2012 18:07

Serra, ecco dove dovrebbe sorgere la 'Casa del pellegrino'

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mini centro_polif._1SERRA SAN BRUNO - Con la delibera n.87 del 29 novembre scorso la giunta Rosi ha dato il via libera al progetto riguardante “Lavori di ristrutturazione, adeguamento e completamento di un complesso edilizio da destinare a Centro Accoglienza Pellegrini”, relativo al centro polifunzionale che avrebbe dovuto essere adibito a centro anziani e che non ha mai visto la luce. Il progetto del comune, per un totale complessivo di 2 milioni di euro, dovrebbe essere finanziato con i fondi PISL-POR Calabria FESR 2007/2013, qualora il comune di Serra San Bruno dovesse vincere la concorrenza. Vale la pena ricordare, attraverso il reportage che proponiamo, in che condizioni si trova il centro polifunzionale, anche per riflettere sull'inutilità dei tanti progetti portati avanti negli anni (e mai completati)

dagli amministratori locali, che hanno avuto l'unico effetto di avvelenare il territorio e deturpare il patrimonio naturalistico delle Serre. (foto Angelo Vavalà)

Il reportage. C’è una cosa che entrando qui fa sorridere. Per un attimo solo. E’ un alberello cresciuto tra le piastrelle, al terzo piano di questo mostro di cemento. Tutto il resto è un tripudio di decadenza. Un degrado che è anche morale, se si pensa allo scopo per cui questo edificio era stato costruito, immerso nella rigogliosa vegetazione delle serre vibonesi. Ufficialmente si chiamava Centro polifunzionale. In realtà era stato pensato come un ospizio, ma oltre ad accogliere gli anziani avrebbe dovuto ospitare iniziative di carattere socio-culturale, perché anche questi, tra gli altri, erano gli ambiti d’intervento della legge 64/1986, con cui è stato finanziato. Non è mai entrato in funzione, sebbene i lavori di costruzione siano iniziati nel 1991. Non è facile capire quanti soldi pubblici siano stati spesi inutilmente, ma la cifra si aggira attorno ai 750 mila euro, almeno. Il complesso, ormai completamente abbandonato, è costituito da due edifici comunicanti: tre piani e seminterrato uno, due piani l’altro. Enormi. Totalmente saccheggiati: bagni, infissi, cavi elettrici, mattonelle e chissà cos’altro sono stati portati via da tempo. All’interno ci sono circa trenta alloggi, composti ognuno da due stanze e un bagno. Ormai sono rimasti solo i muri. Poi alcuni ampi saloni, più altre quindici stanze singole. Cemento a non finire. Degrado. Escrementi di animali ovunque. E ancora: vetri rotti, intonaci cadenti, piastrelle sradicate una ad una, cavi elettrici sfilati dall’impianto, che era stato completato, come quello dell’acqua del resto. E poi infissi smontati, alcuni raccolti in un angolo, pronti ad essere “prelevati” al momento in cui ce ne fosse bisogno. 

Già negli anni ’80 c’era l’idea di realizzare questo centro per anziani. Molte famiglie, anche tra gli emigrati in Canada, si tassavano di 10mila lire al mese per contribuire all’opera. Don Gerardo Letizia, oggi parroco, era il promotore dell’iniziativa. Era uno dei proprietari di questo terreno un po’ fuori mano. Quando il Comune procedette all’esproprio per realizzare questo centro con i fondi della legge 64, ci fu un accordo informale, tacito, di cui erano a conoscenza tutti: la gestione della struttura sarebbe stata affidata ad un soggetto – una cooperativa, probabilmente – che avrebbe fatto riferimento a don Gerardo. Solo dopo ci si accorse che la gestione doveva essere affidata tramite una gara d’appalto. Ma tanto non ce ne fu bisogno. A questo punto non si arrivò mai. I soldi dell’esproprio – era in realtà un’occupazione d’urgenza – non sono mai stati pagati ai proprietari, che hanno fatto causa al Comune e solo qualche anno fa, tra una transazione e una cessione bonaria, hanno ricevuto qualche euro. Il punto cruciale, il vizio d’origine del centro polifunzionale, è sicuramente il luogo in cui è stato costruito, fattore che evidentemente non è visto come un ostacolo dall'amministrazione Rosi. Lontano dal centro storico, per arrivarci bisogna fare un paio di chilometri di salita ripida. Oggi è una zona residenziale. Nel ’91 mancava persino l’urbanizzazione primaria. Non c’erano strada, acqua, fognature. La scelta appare quindi un po’ forzata. In ogni caso gli amministratori di allora erano convinti, evidentemente, della bontà del progetto, così come quelli di oggi sono convinti della possibilità di recuperare l'edificio. I lavori però si bloccarono ben presto, il tempo passò, cambiarono le amministrazioni comunali, i rapporti politici non seguirono le stesse direzioni di prima, le cause giudiziarie fioccarono. Finanziamenti per un miliardo e mezzo di lire sono andati in fumo. Gli ultimi a parlare di un recupero della struttura erano stati, nel loro programma elettorale, gli amministratori di centrosinistra che hanno guidato il Comune dal 2002 al 2010. Oggi la giunta Rosi ci riprova, convinta che la casa del pellegrino sia fattibile (e fruibile) in un luogo simile. Intanto il centro polifunzionale è ancora lì, sempre più decadente. Al terzo piano è cresciuto un alberello, ha le radici nel pavimento. Le radici del mostro di cemento, di contro, sono ben affondate in questa terra ormai malata.    

Gli appalti. Tutto è cominciato con la delibera di consiglio comunale del 30 aprile 1990 con cui viene decisa la costruzione del centro polifunzionale. Si inizia a lavorare, nella località periferica chiamata “Siggetta”, a Serra San Bruno, il 13 dicembre dell’anno successivo. L’opera doveva essere consegnata 32 mesi dopo. A distanza di vent'anni è ancora incompiuta. Nel complesso i lavori di costruzione sono stati appaltati tre volte. La prima, nel ’91, alla “Masciari costruzioni”, di quel Pino Masciari che poi sarebbe diventato un noto testimone di giustizia. Già tre anni dopo, nel ’94, la ditta sospende le attività “per motivi personali”. Dopo numerosi solleciti caduti nel vuoto, il contratto con la “Masciari costruzioni” viene rescisso con una delibera di giunta comunale del ’96. L’anno dopo, una commissione collaudatrice riscontra lo stato di abbandono del cantiere. Viene rilevato che mancano una notevole quantità di opere già contabilizzate, e tante altre sono state danneggiate. Il Comune cita in giudizio l’azienda. La cattedrale nel deserto è già lì, documentata, dieci anni fa. Altre due aziende hanno proseguito i lavori. La prima, la “Accardo”, dura un paio d’anni – dal ‘97 al ’99 – poi il titolare ha gravi problemi di salute e il contratto viene rescisso. La seconda, la “Torchia”, consegna i lavori che gli sono stati affidati nel 2000. C’è poi un ultimo appalto “accessorio”, sempre nel 2000 (l’anno del Giubileo), con cui si affida all’impresa “Tecnosystem” la fornitura degli arredi. Che vengono depositati nel seminterrato di quello che oggi è Palazzo Chimirri. La ripida salita che porta al centro polifunzionale non l’hanno mai percorsa.

I finanziamenti. L’epopea di sprechi relativi al centro polifunzionale di Serra San Bruno ha origine dunque dai finanziamenti provenienti dalla legge 64 del 1986, e si conclude invece con la 270/1997, una delle tante norme legate ai “preparativi” per il Giubileo del 2000. La prima si colloca nell’ambito di un programma di misure straordinarie per lo sviluppo del mezzogiorno. La seconda invece consiste in un piano di interventi di interesse nazionale relativi a pellegrinaggi verso mete storiche e religiose “inerenti la celebrazione del Grande Giubileo del 2000 in località al di fuori del Lazio”. Essendo Serra, che ospita la Certosa bruniana da centinaia di anni, una di queste, si pensa bene di intercettare i fondi della legge 270 per allestire l’accoglienza dei pellegrini impegnati nei percorsi giubilari. Quindi, mentre le attività delle prime due aziende che hanno lavorato al centro polifunzionale – la Masciari e la Accardo – vengono finanziate con la legge 64, quelli delle ultime due sono riconducibili ai fondi del Giubileo. Nello specifico la Torchia inizia i suoi lavori nel maggio del 1999, e li consegna, ultimati, nel settembre del 2000. La Tecnosystem invece si occupa della fornitura degli arredi interni, che il Comune dovrebbe utilizzare per rendere vivibile il centro polifunzionale in modo che possa accogliere al meglio i pellegrini che arriveranno con il Giubileo. Invece questi arredi, che l’azienda fornisce puntualmente, finiscono come detto nel seminterrato di Palazzo Chimirri e poi nel mercato coperto. Erano costati 138 milioni di lire. In totale comunque, tra la 64 – in gran parte – e la legge del Giubileo, sono stati letteralmente buttati circa un miliardo e mezzo di lire.

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