Il Vizzarro.it - quotidiano online
Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
Quella che vi raccontiamo è una storia di diritti violati, di dignità calpestate. È figlia del paradosso e della prepotenza consumata a danno di bambini a cui già la vita non ha riservato il meglio. Perpetrata a danno di madri, padri, intere famiglie che, quotidianamente, sono costrette a misurarsi con disagi profondi, con carenze gravi alimentate dalla presenza limitata sul territorio dei servizi sociali, con un sistema incapace di offrire assistenza e risposte adeguate. Con, insomma, barriere e difficoltà di ogni genere e tipo: burocratico, culturale, istituzionale.
È la storia di tre bambini, tutti affetti da disabilità grave, che, come ogni altro bambino della loro età, vedono nella scuola un luogo di sollievo, di crescita, di aggregazione e di opportunità. Perché proprio in tema di disabilità la scuola potrebbe (e dovrebbe) fare molto. Non solo rispetto a concetti quali quelli dell’inclusione o della formazione professionale per gli insegnanti e per gli assistenti personali, ma soprattutto rispetto alla qualità e alla continuità del sostegno, che non può che avere impatto psicologico positivo sul duro percorso terapeutico affrontato. Proprio negli ultimi anni è emersa sempre più, anche per una maggiore sensibilità verso studenti affetti da gravi patologie, l’esigenza di erogare servizi scolastici “alternativi” che permettano agli stessi di non dover portare avanti a singhiozzo il proprio corso di studi. Troppo spesso, infatti, si corre il rischio che tali interruzioni – legate magari all’insorgere di complicanze o di patologie anche stagionali – spingano verso frammentazioni eccessive o, addirittura, abbandoni definitivi del percorso didattico.
A tal proposito, la legislazione vigente ha introdotto lo strumento del servizio di “Istruzione domiciliare”, la cui attivazione presenta un iter piuttosto complesso tale da richiedere da parte di ogni scuola un’attenta pianificazione organizzativa ed amministrativa, e che può essere erogato nei confronti di alunni che, già ospedalizzati a causa di gravi patologie, siano sottoposti a terapie domiciliari che impediscano la frequenza della scuola per un periodo di tempo non inferiore ai trenta giorni, anche non continuativi. Ma a Serra San Bruno, negli anni scolastici 2012/2013 e 2013/2014, tutto questo è stato un’utopia.
I tre bambini affetti da disabilità grave sono tutti iscritti alla scuola elementare “Azaria Tedeschi”, la cui direzione, a partire dall’estate del 2012, viene affidata alla dirigente Caterina Barilaro. Per tutti i bambini viene rilasciata la relativa certificazione accertante il grave stato invalidante, l’impossibilità alla frequenza scolastica per oltre trenta giorni e la sussistenza delle condizioni per l’attivazione del servizio di Istruzione domiciliare. Un quadro completo, dunque, rispetto alla situazione dei tre piccoli studenti documentata dai rispettivi genitori – tra l’altro su esplicita richiesta della dirigente scolastica – al fine di poter beneficiare, legittimamente, di uno strumento essenziale per la formazione continuativa dei bambini. Ma, nonostante tutto, la dirigente decide che i tre bambini non hanno diritto all’Istruzione domiciliare: non presenta all’Ufficio scolastico regionale tutta la documentazione necessaria per richiedere un finanziamento per avviare il servizio, e non assegna nomine ai docenti disponibili a svolgere tali progetti. Omissioni che, in definitiva, non consentiranno ai tre bambini di poter ottenere il servizio di Istruzione domiciliare nonostante gli stessi ne avessero il pieno diritto.
Per rendersi conto della gravità del caso, basti pensare che una dei tre bambini, all’epoca dei fatti, si trovava in pieno decorso post-operatorio, monitorata 24 ore su 24 e attaccata alla pompa di alimentazione artificiale in seguito ad intervento di gastrostomia. Condizione prevista dal Vademecum per aver diritto all’Istruzione domiciliare, che «la dirigente Barilaro – si chiedono ancora oggi i genitori – forse non ha mai letto, così come per le diverse relazioni medico-ospedaliere in suo possesso».
A dicembre 2013, grazie alla legittima insistenza dei genitori di un altro alunno, a seguito della presentazione di un’ennesima certificazione rilasciata dal Policlinico Gemelli di Roma, verrà avviato il servizio di Istruzione domiciliare. Provvedimento, però, che durerà solo due giorni, perché quando la docente di sostegno andrà in congedo maternità non verrà nominata una supplente in sua sostituzione.
Ma oltre al danno, per le tre famiglie relegate ormai in un nucleo di perfetta “invisibilità”, ecco arrivare anche la beffa. Il 25 gennaio 2014 la dirigente – ancora senza alcuna considerazione dello stato clinico dei bambini – verificata la prolungata assenza dalle lezioni dei tre piccoli scolari, inoltra una lettera ai relativi domicili con la quale convoca d’urgenza i genitori per discutere della reiterata ed “ingiustificata” assenza degli alunni. Il tutto nonostante dello stato di salute dei tre bambini si fosse largamente discusso nel corso delle riunioni tenute a scuola dal gruppo interno operativo.
Poche settimane dopo, i genitori, ormai stanchi di scontrarsi ripetutamente contro l’assurdo muro di indifferenza alzato a danno dei propri figli, decidono di recarsi presso la locale Stazione dei Carabinieri e presentare delle querele. Vengono denunciate le omissioni inerenti ai mancati ordini di servizio per l’Insegnamento domiciliare, la mancata attivazione del relativo progetto e della nomina del supplente dell’insegnante di sostegno “con rapporto uno a uno”. Solo in seguito alla presentazione delle denunce, la dirigente inoltrerà al Comune di Serra San Bruno e alla Provincia di Vibo Valentia richiesta di un «contributo necessario per n. 3 docenti di sostegno al fine di garantire agli alunni diversamente abili un supporto domiciliare», anche se, in realtà, i fondi ad hoc avrebbero dovuti essere già preliminarmente annoverati nel bilancio scolastico.
Emerge, dunque, in maniera evidente come la dirigente scolastica, nonostante gli appelli reiterati dei genitori, non abbia presentato un progetto di Istruzione domiciliare per ogni bambino conforme alla Legge, al Vademecum e, in particolare, alle Linee Guida dell’Usr Calabria, ma si sia limitata piuttosto esclusivamente a mettersi in contatto telefonico con le istituzioni competenti, non presentando però alcuna richiesta formale per l’avvio e il finanziamento dell’Istruzione domiciliare, così come raccontato proprio dalla dirigente nella sua stessa memoria difensiva.
Da questi fatti è scaturita una vicenda giudiziaria tuttora aperta: dopo la denuncia, letta la memoria difensiva presentata dalla dirigente, il pm ha avanzato una prima richiesta di archiviazione, a cui i familiari dei bambini si sono opposti presentando la loro memoria e rivendicando ancora una volta il diritto allo studio dei propri figli. Ora la decisione spetta al gip di Vibo, che ha fissato la data dell'udienza in Camera di Consiglio per la metà del giugno prossimo.
«La dirigente – scrivono i genitori nella memoria presentata contro l’archiviazione –, rispetto ai fatti, si è sempre posta in maniera superficiale, quasi come se la richiesta dell’Istruzione domiciliare fosse un vezzo o una comodità inutile e non quello che effettivamente rappresenta: un diritto costituzionalmente garantito allo studio e alla frequenza scolastica , peraltro obbligatoria». La stessa Barilaro, invece, apre la propria memoria difensiva affermando che «nei genitori di taluni alunni è presente l’idea che possono avere l’insegnante curriculare di sostegno presso la propria abitazione a causa della gravità della patologia dei propri figli, come più volte scritto nei certificati emessi dalle strutture ospedaliere presso cui sono in cura».
Una condotta a dir poco ambigua visto che il servizio di Istruzione domiciliare – eccetto che per la parentesi temporale condotta dalla Barillaro – negli anni scolastici precedenti così come nell’attualità, era e continua ad essere erogato regolarmente a beneficio degli studenti disabili dell’istituto "Azaria Tedeschi". Bambini affetti, come detto, da disabilità gravi. Tanto gravi al punto che qualcuno di loro, adesso che si scrive per raccontare i fatti, purtroppo, non c’è più.
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