Giovedì, 28 Novembre 2024 09:31

Crisi ecoclimatica e disastri annunciati: Calabria in trincea, non si può più sbagliare

Scritto da Redazione
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  • La situazione descritta nei rapporti scientifici e comunitari è talmente grave da non permettere più errori nelle strategie territoriali. Va supportata la lotta di quelle popolazioni che si battono per la salvezza del patrimonio paesaggistico e dicono basta all'ulteriore consumo di suolo e di ecosistemi importanti

Si susseguono i disastri ambientali (alluvioni e stravolgimenti di territori, siccità e incendi) dovuti alle ricadute a terra delle alterazioni e delle precipitazioni concentrate, sempre più intense e violente, della crisi eco climatica. Molti studi ed anche Rapporti dell’Unione Europea, e per essa della EEA, agenzia ambientale di servizio, pubblicano ormai mensilmente gli elenchi delle aree e delle regioni più a rischio, in cui Calabria e Sicilia, occupano ormai costantemente i primi posti tra le aree più esposte. Come peraltro evidenziato nazionalmente anche dai frequenti Rapporti ISPRA.

La politica istituzionale,  e anche i media, ignorano (spesso in senso letterale, ma anche intenzionalmente) colpevolmente tutto ciò: si preferisce parlare di megaprogetti, grandi e grossi, magari improbabili, impattanti e propagandistici,  che evocano infatti enormi flussi di denaro, quindi di grande richiamo politico mediatico.

La situazione descritta nei rapporti scientifici e comunitari, confermata sempre più spesso dalle "cronache dei disastri", è talmente grave da non permettere  più errori nelle strategie territoriali, specie dalle nostre parti. E' vero infatti che il clima sta cambiando, peggiorando assai, in tutto il Pianeta ma la Calabria, come la Sicilia, è tra le aree che si trovano sulla frontiera di tali dinamiche, in trincea nel fronteggiare la crisi e delle catastrofi ambientali.

Va allora supportata e rafforzata la lotta di quelle popolazioni e amministrazioni locali che già si battono per la salvezza del patrimonio eco paesaggistico e territoriale e stanno dicendo basta all'ulteriore consumo di suolo e di ecosistemi importanti. Esiste una larga opposizione popolare che contrasta progetti, grandi e piccoli, che porterebbero nuovi impatti e dissesti: impianti industriali ed energetici (clamorosamente beffardi in una regione che ha già migliaia di attrezzature di produzione eolica o solare costruite, ma destinate a entrare in funzione tra diversi anni, forse decenni), infrastrutture di nulla o dubbia utilità, nuova edilizia - soprattutto turistica! -, paradossale nella regione europea che possiede già il triste primato nel rapporto tra case vuote ed abitanti, con centinaia di migliaia di appartamenti e villette che ormai restano vacanti e inutilizzate anche a Ferragosto, quando la domanda turistica è massima.

Il nostro territorio è stato infatti già sconnesso, dissestato, stravolto da decenni di iper cementificazione selvaggia, con aggressioni e forti distruzioni e degradi di habitat e ambienti portanti nella sua struttura eco paesaggistica: basti ricordare il tombamento o la semplice copertura, spesso con riempimento delle fiumare, elementi strategici di relazione mare-monte, tra i massicci interni e le due coste, o l'erosione, accelerata dall'insediamento diffuso, degli stessi ambienti costieri, o l'occupazione quasi totale delle poche piane esistenti da parte di un'urbanizzazione diffusa, spesso abusiva e senza qualità, diventata da tempo un enorme costo sociale. Con pericoli che vanno, in caso di perturbazioni appena rilevanti, dall'accentuazione della franosità, all'esondazione alluvionale delle fiumare, alla perdita dell'urbanizzato di costa, al crollo di interi versanti urbanizzati  (già visti in precedenti disastri di territori meridionali), rispetto a cui lo stesso cemento armato può poco, allorché crolla suolo e sottosuolo in cui è situato.

Oggi, per sperare di poter fronteggiare la crisi ecologica già conclamata e poter prospettare ancora un futuro, non si può che muovere da un recupero ed un risanamento di territorio e paesaggio. Bisogna rigorosamente seguire le regole statutarie dettate dai valori dei luoghi, dell'ambiente e del paesaggio. Bisogna rivedere ed eventualmente bloccare quei progetti che non rispettano tali criteri, anche cancellando scelte discutibili già fatte. Bisogna senza indugio privilegiare le opere di riqualificazione e ripristino ecologico, a partire dalle operazioni di resilienza minime, come la pulitura delle fiumare e lo sgombero e la riapertura delle "vie di fuga" dell'acqua: operazione semplice, cui tutti gli enti comunali dovrebbero provvedere subito. Ne va della sopravvivenza e del futuro non solo ambientale, ma anche sociale e civile, della nostra regione.

Bisogna ricordare che la Calabria si è dotata già di uno strumento che può essere di forte orientamento di tutto ciò: il Piano Territoriale Paesaggistico che pure andrebbe aggiornato e rivisto, completando la normativa di tutela, con la salvaguardia e la valorizzazione di tutti i beni e gli ecosistemi di pregio e fragili, ripristinando tra l'altro la normativa Urbani, di cui si era dotata originariamente lo stesso strumento, e che dopo è stata molto ridotta.

Anche nelle deliberazioni dei prossimi giorni, dovute alle disposizioni del decreto "Aree Idonee per impianti energetici" emesso dal Governo, la Regione Calabria non ha alcun bisogno di individuare aree idonee e non idonee alla produzione di energia rinnovabile: è sufficiente che si attenga al QTRP così salverà capra e cavoli, ottemperando al decreto ministeriale mentre al contempo difende il suo territorio dall' assalto in corso condotto dagli operatori del settore energetico impegnati a perseguire i propri guadagni.

 

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