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Voleva a tutti i costi evadere dal carcere e, nel portare a termine il piano, le strade che avrebbe voluto intraprendere erano due: o con un assalto armato ad un furgone blindato che lo trasportava al Tribunale di Vibo, oppure durante gli spostamenti da un istituto di pena ad un altro.
Protagonista del piano di evasione - saltato dopo l'arresto di alcuni componenti del clan dei Piscopisani - secondo quanto riferito dall'Agi, è il boss delle Preserre vibonesi, Bruno Emanuele, esponente di spicco dell'omonimo clan, al centro di una faida con la cosca rivale dei Loielo che, negli ultimi anni, ha interessato il territorio a cavallo tra i comuni di Soriano, Sorianello e Gerocarne.
A svelare i dettagi della fuga pianificata da Emanuele - condannato all'ergastolo per due omicidi consumati nel Cosentino su mandato del clan Forastefano di Cassano e a 22 anni per associazione mafiosa dal Tribunale di Vibo nel processo nato dall'operazione "Luce nei boschi" - è stato il pentito Raffaele Moscato che, dal marzo scorso, ormai, ha iniziato a collaborare con i giudici della Dda di Catanzaro.
In base a quanto riferito dal pentito, a progettare l'evasione di Bruno Emanuele, oltre ai clan delle Preserre vibonesi, ci sarebbero stati i Piscopisani, alleati in un unico cartello criminale con i Bonavota di Sant'Onofrio, i Tripodi di Porto Salvo ed i Razionale di San Gregorio. Clan che, in base a quanto è emerso, si sarebbero alleati tutti contro il boss di Nicotera, Pantaleone Mancuso, alias "Scarpuni", che lo stesso Emanuele avrebbe dovuto uccidere una volta evaso dal carcere.
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