Da allora, sulla vicenda è calato il silenzio. L’imprenditore, però, non chiede altro: vuole che sia fatta «piena luce», non solo a causa del «danno all’immagine che sono stato costretto a subire – spiega il 49enne, da anni trapiantato il Lombardia – ma anche per via del fallimento chiesto dalla stessa banca nei confronti della mia azienda». 

«Il fatto che un istituto di credito faccia fallire un’ impresa è un caso più unico che raro – spiega l'uomo sulle pagine della Gazzetta di Mantova – Ma è quello che mi è successo. In qualità di titolare della Ipm Costruzioni dal 2006 fino al 2011 ho aperto un rapporto con Unicredit. Il 29 aprile 2011 il Tribunale di Mantova mi ingiungeva di pagare la somma di 84.513.45. Nel febbraio 2014, ho contattato un professionista che ha controllato tutti i miei estratti conto dove è risultata l’applicazione di commissioni di massimo scoperto e interessi anatocistici non dovuti. Il bello – prosegue – è che Unicredit non ha negato quanto affermato e a sua volta ha proposto, a saldo e stralcio della posizione, il pagamento in un’unica soluzione di 45mila euro. Le contestazioni da me avanzate a febbraio 2014 si sono poi aggravate un mese dopo, quando, a seguito di un’indagine, sono state rilevate anomalie finanziarie ben più gravi. Infatti dal secondo trimestre del 2006 al secondo trimestre 2011 sono stati applicati tassi usurari, commissioni di massimo scoperto e spese non pattuite. Insomma Unicredit avrebbe dovuto stornarmi 45.511,19 euro. In più la banca non ha sottratto dal credito 8.333 euro che avevo già pagato in data 23 marzo 2013. Un gran pasticcio. Almeno che mi venga detto se ho ragione o torto, se si tratta di usura o meno. Chiedo solo che venga fatta piena luce sul mio caso».