Mercoledì, 23 Maggio 2018 16:58

Imprese “svuotate” e intestate a prestanome, coinvolti anche 2 vibonesi

Scritto da Redazione
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Dall’alba di questa mattina, i carabinieri del Comando provinciale di Pistoia e del Comando provinciale della Guardia di Finanza di Pistoia hanno eseguito due ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip del Tribunale di Pistoia, Alessandro Buzzegoli, nei confronti di ventisette persone domiciliate a Pistoia, Firenze, Pescia (PT), Massa e Cozzile (PT), Montecatini Terme (PT), Massarosa (LU), Gioia Tauro (RC), Lamezia Terme (CZ), Pieve a Nievole (PT), Quarrata (PT), Scandicci (FI), Capannori (LU), Olbia (OT) e Vicopisano (PI), indagate a vario titolo dai sostituti della Procura di Pistoia, Fabio Di Vizio (ora alla Procura di Firenze) e Claudio Curreli, per associazione per delinquere finalizzata all’intestazione fittizia di beni, autoriciclaggio, bancarotta fraudolenta, usura, estorsione, assunzioni fittizie finalizzate alle truffe in danno dello Stato, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, evasione d’imposta e false fatturazioni.

Tra le persone coinvolte nell’inchiesta, anche due vibonesi: si tratta di Fabio Manolo Cosoleto, 47enne originario di Vibo ma residente a Gioia Tauro, imprenditore, pregiudicato e Franco Papuzzo, 67enne nato e residente a Vibo, ma di fatto domiciliato a Montecatini Terme, pensionato, pregiudicato.

Due dei destinatari delle misure sono stati trasferiti in carcere, venticinque agli arresti domiciliari e uno è stato sottoposto all’obbligo di dimora. Ad uno dei due destinatari, personaggio centrale in entrambe le indagini, sono state applicate entrambe le ordinanze emesse dal gip.

Ventitré misure cautelari sono state eseguite dai militari dell’Arma nell’ambito di entrambi i procedimenti e cinque dal personale della Guardia di Finanza nell’ambito dell’indagine “Amici nostri”.

Eseguite anche 41 perquisizioni locali e domiciliari, finalizzate alla ricerca di materiale informatico e cartaceo, idoneo a corroborare ulteriormente le ipotesi accusatorie.

Due indagini distinte, convenzionalmente denominate “Amici nostri” e “Pluribus” sono poi confluite in un unico procedimento penale nel cui ambito hanno svolto sinergiche investigazioni il Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando provinciale dei carabinieri e il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Pistoia, denunciando complessivamente 163 persone.

I carabinieri hanno avviato le indagini nell’aprile del 2015, concentrando la loro attenzione sull’operato di alcuni commercialisti della provincia e sugli imprenditori a loro collegati mentre le Fiamme Gialle, dal gennaio dello scorso anno, anche sulla scorta di spunti investigativi precedentemente acquisiti, hanno svolto sinergici e mirati accertamenti di polizia economico-finanziaria sul loro conto.

Nel corso dell’operazione è stato eseguito il sequestro preventivo ai fini della confisca di otto aziende, con sedi ubicate nei Comuni di Pistoia, Buggiano (PT) e Montelupo Fiorentino (FI), operanti nei settori della ristorazione, movimento terra, edilizia, vendita di tabacchi, il sequestro preventivo al fine della confisca “per equivalente” di beni immobili e mobili registrati nonché di conti correnti e depositi bancari/postali per un ammontare complessivo di circa trentasei milioni di euro.

Le investigazioni congiunte hanno consentito di individuare una struttura delinquenziale composta da imprenditori, operanti in vari settori economici, organizzata anche con l’ausilio di commercialisti. La stessa si adoperava - allo scopo di agevolare alcuni clienti imprenditori, attivi nella provincia di Pistoia - nelle commissioni di delitti di bancarotta fraudolenta, evasione fiscale ed elusione fiscale, nonché illecito impiego di capitali, trasferiti anche all’estero in ragione di circa venti milioni di euro, perpetrati per almeno dieci anni, arrecando un danno complessivo (nei confronti dei creditori terzi e dell’Erario) pari a oltre cinquanta milioni di euro.

Le imprese coinvolte sarebbero state, secondo i finanzieri, fraudolentemente “svuotate” delle proprie risorse aziendali, attraverso il depauperamento dell’attivo, determinandone l’insolvenza ed, in alcuni casi, il fallimento. Inoltre nel corso delle indagini è stato accertato che quanto fraudolentemente distratto veniva illecitamente reimpiegato/riciclato in nuove realtà imprenditoriali che, di fatto, subentravano alle imprese fallite o insolventi e ne proseguivano l’attività, anche attraverso “prestanome”.

Nel porre in essere i fatti illeciti, alcune persone responsabili avrebbero trasferito fittiziamente a “teste di legno” i beni che - di fatto - rimanevano nella loro effettiva disponibilità affinché, con la “consulenza” di professionisti contabili, si potesse trarre il maggior illecito vantaggio economico, avvalendosi anche di tecniche di riciclaggio e di auto-riciclaggio.

Gli appartenenti all’organizzazione criminale smantellata con il filone d’indagine “Pluribus” avrebbero tenuto condotte finalizzate a commettere numerose truffe, utilizzando aziende facenti capo alla consorteria e di fatto già svuotate di risorse economiche, nonché finalizzate alla fittizia assunzione di persone, con l’obiettivo di:

- favorire l’illecita permanenza nel territorio dello Stato di extracomunitari, che potevano così ottenere il permesso di soggiorno;

- fare erogare indennità di disoccupazione (NASPI) non dovute;

- consentire l’accesso al credito mediante l’esibizione di false buste paga;

- far ottenere benefici di legge, come le misure alternative alla detenzione, a individui che diversamente non avrebbero potuto ottenerli.

È stata accertata, peraltro, anche l’attività di usura, talvolta anche nei confronti degli stessi sodali, che venivano poi sottoposti ad estorsione per la restituzione delle somme prestate.

Coinvolti, oltre agli imprenditori e commercialisti, anche numerosi personaggi contigui alla criminalità organizzata di tipo mafioso.

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