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È morto carbonizzato in un incendio che ha coinvolto la sua autovettura, avvolta dalle fiamme a Sant'Antonino di Susa, piccolo comune in provincia di Torino.
La vittima si chiamava Mauro Coletto, 51enne, che viveva a Moncalieri, sempre nel Torinese, con le due figlie e la moglie. Un gesto estremo, forse il suicidio di una persona che stava attraversando qualche difficoltà in famiglia e sul lavoro. «Era depresso», è stato il commento lapidario della moglie agli uomini dell'Arma. I due, secondo quanto riportato dall'Ansa, si stavano separando e, stando sempre al racconto della donna, Coletto - che vendeva filtri per auto - stava anche attraversando un momento difficile sul lavoro. Il ritrovamento del corpo carbonizzato del 51enne è stato la notte tra sabato e domenica, sul retro del cimitero del paesino della bassa Valle di Susa di cui la famiglia Coletto era originaria. Secondo i Vigili del fuoco, l'innesco dell'incendio è partito dall'interno dell'auto, un'Audi A3, che è stata cosparsa di benzina probabilmente in un distributore della zona. Difficile che qualcuno possa averlo appiccato per poi fuggire, tanto più che non sono trovate taniche e l'auto era chiusa. Altro particolare che fa pensare al suicidio è il fatto che i resti, secondo un primo esame sommario, non presentino segni di violenza. La procura di Torino, però, vuole vederci chiaro: il pm Antonio Rinaudo, titolare dell'inchiesta, ha aperto un fascicolo per omicidio e nelle prossime ore il medico legale, Roberto Testi, eseguirà l'autopsia sul corpo dell'uomo. Sul suo profilo Facebook, Coletto appare sorridente nelle foto postate tra una barzelletta e un video spiritoso, particolari che non sembrano andare d'accordo con il profilo dell'uomo depresso tratteggiato in queste ore dai conoscenti. La zona del ritrovamento del cadavere, inoltre, non sarebbe nuova a delitti del genere, riconducibili alla criminalità organizzata e, in particolare, alla 'ndrangheta. Coletto, in passato, aveva gestito un agriturismo a Capo Vaticano e, nel giugno dello scorso anno, era stato anche ascoltato, in qualità di teste, nel processo "Black Money", contro il clan Mancuso di Limbadi. C'è, inoltre, la testimonianza di due ragazze, che all'ora in cui è scattato l'allarme sostengono di avere visto delle ombre vicino all'auto in fiamme.
Forse soltanto autosuggestione, secondo gli inquirenti, ma è abbastanza per proseguire gli accertamenti.
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